Aperta oggi l'udienza preliminare davanti al giudice Francesca Grassani
Quarantanove anni dopo si torna in aula per cercare nuovi pezzi di verità sull'esplosione di una bomba nascosta in un cestino di rifiuti in piazza della Loggia, a Brescia, che il 28 maggio 1974 provocò 8 morti e 102 feriti.
Davanti alla giudice Francesca Grassani si è aperta oggi l'udienza preliminare: accusati di essere tra gli esecutori materiali dell’attentato sono i neofascisti veronesi Roberto Zorzi e Marco Toffaloni.
Quest’ultimo, che nel 1974 aveva 17 anni, sarà giudicato separatamente dal Tribunale dei minori.
La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Zorzi, che, come era ampiamente previsto, non è presente in aula. Nato a Merano, ma cresciuto nel Veronese, oggi vive negli Stati Uniti con passaporto americano e gestisce un allevamento di dobermann che ha chiamato 'Il Littorio'. È ritenuto dagli inquirenti l'esecutore materiale ed è accusato di concorso in strage con altri tra cui Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, per "aver partecipato alle riunioni in cui l'attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all'esecuzione dell'attentato e comunque - recita il capo di imputazione - rafforzando il proposito dei correi".
Dopo l'analisi di eventuali eccezioni delle difese, i pm potrebbero già discutere del rinvio a giudizio solo di Zorzi mentre nei prossimi giorni toccherà a Toffaloni, che attualmente sta in Svizzera.
Nell'udienza preliminare si sono costituiti parte civile il Comune di Brescia, i sindacati Cgil, Cisl e Uil e un lungo elenco di familiari delle vittime.
Il grande assente in tutto questo è la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha scelto di non costituirsi parte civile. É "un'assenza significativa" ha detto all'Agi l'avvocato Federico Sinicato, legale dei familiari delle vittime. "È la prima volta che accade" aggiunge.
"Può essere un'assenza dovuta alla carenza di informazioni da parte dell'Avvocatura dello Stato o alla carenza di mandato, nel senso che la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di non costituirsi parte civile", prosegue Sinicato.
"Non so se la presidenza del Consiglio sia stata avvertita in merito a questa udienza o se sia stata una scelta di non costituirsi parte civile. Mi auguro che nel giro di pochi giorni venga chiarita questa situazione" ha detto invece Manlio Milani, presidente dell'Associazione familiari vittime della strage di piazza della Loggia a Brescia.
Come riportato dal collega Gianni Barbacetto su 'Il Fatto Quotidiano' l’associazione familiari delle vittime della strage di Brescia "ha intanto mandato due lettere (firmate anche dalle associazioni delle vittime delle stragi di piazza Fontana, di Bologna e di Ustica) che esprimono forte preoccupazione per i rapporti delle associazioni con il nuovo governo".
La prima è stata mandata al presidente del consiglio Giorgia Meloni e riguarda la commissione per la desecretazione dei documenti sulle stragi italiane.
Tale commissione ha già conseguito dei risultati tra cui "la scomparsa di un intero archivio, quello del ministero dei Trasporti tra il 1968 e il 1980" e "i documenti segreti che avrebbero dovuto provare la 'pista internazionale' per la strage di Bologna invece la escludono".
Tuttavia il lavoro della commissione si è interrotto con la fine del governo Draghi.
"I familiari delle vittime chiedono a Meloni di farne riprendere l’attività".
La seconda lettera invece è stata inviata "al ministero dell’Istruzione, che aveva con le associazioni sulle stragi una convenzione per svolgere nelle scuole attività sulla memoria. Anche queste attività sono state interrotte dall’insediamento del governo Meloni".
Oltre a questo i famigliari delle vittime sono preoccupati per le iniziative che tradizionalmente si svolgono il 9 maggio, “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi neofasciste. Infatti l'incontro istituzionale non è stato ancora programmato.
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