Il maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo era stato trovato morto, con colpi di pistola, alle 22.30 del 4 marzo 1995 all’interno di una Fiat Tipo di servizio parcheggiata nell’atrio della caserma Bonsignore. Considerato per anni come un "suicidio in caserma", la morte del maresciallo che ha contribuito all’arresto del superboss Totò Riina ha sempre scaturito diversi dubbi.
Il 15 settembre del 2021 i figli del sottufficiale del Ros, Fabio, Rossella e Giuseppe Lombardo, accompagnati dal loro legale, Alessandra Maria Delrio, e dai periti, avevano presentato un esposto "per omicidio" alla Procura di Palermo e alla caserma dei Carabinieri di Terrasini (Palermo), la stessa in cui lavorava il maresciallo.
In base a quanto riportato dal Corriere della Sera, la procura ha deciso di riaprire le indagini.
Ma chi era il maresciallo Lombardo?
A raccontare la storia del carabiniere durante la puntata di 'Abbattiamoli' era stato il figlio, Fabio Lombardo, il quale aveva descritto il padre come un uomo competente e dotato di grande carisma tanto che era tenuto in grande considerazione anche dal giudice Paolo Borsellino il quale "veniva sempre da mio padre per qualsiasi notizia di cui aveva bisogno". Infatti il carabiniere aveva diversi confidenti di ogni grado all’interno di Cosa Nostra e probabilmente fu proprio grazie ad uno di questi che il 29 luglio del 1992 su una nota descrisse in modo certosino la strada corretta per arrivare alla cattura di Riina: “Fonte confidenziale di comprovata attendibilità - si legge in una nota - ha riferito che in atto la latitanza del noto mafioso Riina Salvatore viene favorita dalle famiglie mafiose della noce Ganci-Spina e dai fratelli Sansone dell'Uditore. La stessa fonte ha riferito che uno dei figli di Raffaele Ganci svolge le mansioni di autista-guardaspalle del capo mafia".
Perché le informazioni del maresciallo non vennero prese in considerazione tempestivamente?
E perché dopo l’arresto di Riina Lombardo venne “trattato peggio di un cane randagio” per riprendere le parole del figlio?
Di certo c’è che l’Arma dei carabinieri non prese in grande considerazione il lavoro svolto da Lombardo, infatti gli assegnarono solo un encomio semplice “che mio padre non volle mai far vedere” aveva detto Fabio.
Lombardo potava far testimoniare Gaetano Badalamenti
Inoltre il maresciallo nel 1994 passò ai ROS della Sezione Anticrimine di Palermo e divenne un personaggio chiave nel fenomeno del pentitismo, ed in particolare nelle relazioni con il boss Gaetano Badalamenti. Il 14 novembre di quell'anno, nel carcere di Memphis (nello Stato Americano del Tennessee) il maresciallo incontrò Badalamenti per cercare di ottenere la sua collaborazione quindi di riportarlo in Italia per testimoniare al processo per il delitto Pecorelli. Badalamenti gli raccontò che l'avvento dei corleonesi di Riina al potere sarebbe stato pilotato dalla CIA e che il boss sarebbe stato un involontario burattino nelle mani dei servizi segreti americani.
Informazioni scottanti che se comprovate in sentenza avrebbero certamente contribuito a far luce sulla mattanza della seconda guerra di mafia in cui la fazione Corleonese guidata da Riina riportò pochissime perdite e al contempo schiaccianti vittorie.
Data la delicatezza delle informazioni Badalementi stabilì, come condizione al suo rientro in Italia per testimoniare, che venisse a "prenderlo" proprio il maresciallo, “io torno in Italia solo se mi viene a prendere il maresciallo Lombardo" aveva detto Fabio ricordando le parole del boss, aggiungendo che “è stato questo il vero motivo della sua morte".
Infatti la morte del carabiniere ha molti punti oscuri come ha ricordato il figlio, ad esempio la posizione stessa del corpo definita da Fabio come “una scena hollywoodiana” per via della sua ‘posa’ innaturale, “è impossibile che dopo che ti suicidi sparandoti alla tempia vai a finire in questa posizione”, aveva detto il figlio. Altra anomalia presente sta nel fatto che nessuno dei militari presenti sul luogo della morte del maresciallo (avvenuta in una macchina parcheggiata all'interno della Caserma Bonsignore di Palermo del comando regionale dei Carabinieri) abbia sentito lo sparo, anzi “nessuno tranne il capitano De Caprio, detto Ultimo”.
Un dato tanto significativo quanto inquietante fu che i magistrati non eseguirono l’autopsia sul corpo per un non ben compreso 'gesto di umanità'. Secondo il figlio tale operazione non venne fatta con il preciso scopo di far rimanere ignote l’ora e le cause della morte del carabiniere.
"Il maresciallo Lombardo venne usato e gettato via - aveva sottolineato Antonio Ingroia durante la trasmissione - aveva portato all'arresto di Riina è lui che portò qui il Ros venne disconosciuto il suo ruolo".
La famiglia non ha mai creduto alla versione del suicido. Per questo hanno chiesto la riesumazione del cadavere e un controllo accurato sulla traiettoria del proiettile.
Fabio Lombardo, che ha continuato negli anni a consultare diversi avvocati, si è rivolto nell’ultimo periodo al penalista Salvatore Trina, che ha affidato la lettera-testamento e le carte relative alla pistola di Lombardo a due periti di parte: la grafologa Valentina Pierro e il professore esperto di armi e balistica Gianfranco Guccia. Gli esperti mirano a dimostrare che le parole scoraggianti riportate nella lettera non siano opera di Lombardo ma di qualcun altro, e che il proiettile che ha colpito il maresciallo alla tempia non sia partito dall’arma in dotazione dell’uomo, ma da un’altra dello stesso calibro.
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