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La Procura di Milano sarebbe pronta a chiudere nuovamente le indagini sulla vicenda del cosiddetto 'falso complotto Eni', dopo che il fascicolo, già chiuso una prima volta nel dicembre 2021, era passato per competenza a Brescia e poi nelle scorse settimane è tornato ancora nel capoluogo lombardo. Lo riferiscono alcune agenzie stampa. Il primo avviso di chiusura dell'inchiesta, iniziata nel 2017, era stato firmato dall'aggiunto Laura Pedio e dai pm Stefano Civardi e Monia Di Marco ed era stato notificato a 12 persone fisiche e 5 società in un'indagine che ipotizza, tra gli altri, i reati di associazione per delinquere, induzione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, truffa e calunnia. Tra gli indagati l'avvocato Piero Amara e l'ex manager, licenziato da Eni, Vincenzo Armanna. Era stata anche già predisposta la richiesta di archiviazione per Claudio Descalzi e Claudio Granata, rispettivamente ad e capo del personale di Eni. Entrambi, anzi, "persone offese" in un'imputazione di calunnia contestata ad Amara e Armanna, quest'ultimo grande accusatore dei vertici del 'Cane a sei zampe' nel processo sul caso nigeriano, finito con 15 assoluzioni definitive. In un altro filone nelle scorse settimane il gip di Brescia ha archiviato il "reato di diffamazione (così riqualificato)" ai danni dell'aggiunto milanese Fabio De Pasquale, in assenza di querela. Per questo tutto è tornato a Milano. Era stata, infatti, quella presunta calunnia al magistrato a portare l'inchiesta milanese a Brescia. Indagine finita al centro pure di un noto scontro tra le toghe milanesi e nella quale Amara rese i famosi verbali sulla 'loggia Ungheria'. A breve, quindi, la Procura notificherà ancora una volta gli avvisi di conclusione indagini, in vista della richiesta di processo, e inoltrerà al gip la richiesta di archiviazione per i vertici Eni.

Foto © Imagoeconomica

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