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Sono tre i pubblici ministeri che hanno lasciato la procura ordinaria per passare alla direzione distrettuale antimafia. Come riportato da Repubblica, in un articolo firmato dal collega Salvo Palazzolo, si tratta di Giacomo Brandini, Federica La Chioma e Giorgia Righi, magistrati scelti dal procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia.

I pm erano stati già impegnati su vari fronti d'indagine come quelle per reati contro la pubblica amministrazione, la violenza contro le donne e di mafia nell'ambito del pool guidato dal procuratore aggiunto Paolo Guido, il magistrato che l'ex procuratore Francesco Lo Voi ha voluto a coordinare tutti e tre gli ambiti della Dda, Palermo, Agrigento e Trapani.

L'allarme per la mancanza di organico era stato lanciato dal procuratore a gennaio scorso: La Procura di Palermo soffre di "una grave carenza complessiva dell’organico dell’ufficio", che pesa sia sulla cosiddetta procura ordinaria che sulla direzione distrettuale antimafia. Nello specifico "l’organico della Direzione distrettuale antimafia di Palermo è di 25 sostituti procuratori, a fronte di una pianta organica che prevede un numero complessivo di 61 unità".

"È del tutto evidente la situazione di criticità in cui l’ufficio complessivamente versa - aveva scritto il procuratore della Repubblica - In particolare, l’attuale dimensione della Dda è palesemente insufficiente, non solo rispetto all’organico previsto, quanto e soprattutto in relazione alla reale quantità di lavoro che la direzione distrettuale antimafia di Palermo deve svolgere".

Il magistrato aveva sottolineato il fatto che il numero di magistrati impegnati alla Dda non è sufficiente a contrastare i reati delle cosche: "È perfino superfluo rammentare quale sia e quanto sia radicata la presenza delle organizzazioni mafiose (in particolare Cosa nostra, ma non solo) nei territori di competenza", cioè le province di Palermo, Trapani, Agrigento. E ancora: "L’attuale numero dei magistrati componenti della Dda di fatto non consente di assumere iniziative strategiche nella gestione dei delitti commessi dalle organizzazioni mafiose, rischiando concretamente di ridimensionare il ruolo della Dda a semplice recettore di iniziative operate in via primaria dalla polizia giudiziaria, ciò in contrasto con lo spirito e la lettera della legge istitutiva delle Dda e della Dna".

Fonte: palermo.repubblica.it

Foto © Imagoeconomica

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