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Il Comitato di Presidenza del Csm - composto dal Vice Presidente Fabio Pinelli, dal Primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio e dal Procuratore generale presso la Corte stessa Luigi Salvato - ha proposto di ritirare la costituzione in giudizio, come parte civile, del Consiglio Superiore della Magistratura nel procedimento penale nei confronti dell'ex magistrato Luca Palamara, imputato (per la seconda volta) di corruzione a Perugia per fatti commessi negli anni in cui era membro del Consiglio.

Secondo la delibera, che verrà discussa nel prossimo plenum di mercoledì 22, si legge che Palamara non avrebbe usato illecitamente "specifici poteri e funzioni consiliari" per interferire "sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura sviandone l'esercizio dei poteri ed orientandone gli atti al perseguimento di fini illeciti".

In sintesi, secondo il comitato di presidenza, il Csm non ha subito alcun danno, nemmeno d’immagine.

Andrea Mirenda, unico togato eletto da indipendente, si legge sul 'Fatto Quotidiano' ha dichiarato che “è molto difficile non immaginare un danno da gravissima lesione d’immagine”.

Inoltre era stato lo stesso pubblico ministero di Perugia, nella richiesta di rinvio a giudizio, a indicare il Csm come parte offesa dei reati contestati a Palamara. E per questo, lo scorso 10 gennaio, l’Avvocatura dello Stato ha trasmesso a Roma l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare (in programma il 7 marzo), chiedendo lumi sull’intenzione di costituirsi in giudizio.

Oltre a ciò, due domande rimangono: la vicenda Palamara è stata in grado di turbare lo svolgimento dell’attività all’interno del Consiglio? Ha prodotto un turbamento all’attività consigliare?

Senza voler rispondere con l'ovvio ricordiamo che per mesi il Csm ha dovuto procedere a ranghi ridotti - sei consiglieri avevano lasciato il loro incarico - per non parlare del danno all'immagine. Basti ricordare che alcuni leader di partito e alcune testate giornalistiche lo hanno definito ‘il peggior Csm di sempre’, proprio per le vicende legate allo scandalo dell'Hotel Champagne.

A questo punto non possono che tornare alla mente le parole dell'allora consigliere togato Nino Di Matteo, intervenuto durante la seduta plenaria del 13 ottobre 2021: “E’ inutile che diciamo che il cambiamento” arriva con “il lavoro quotidiano. Abbiamo una occasione per affermare che il consiglio superiore della magistratura è un organo istituzionale che deve funzionare secondo le regole fissate dalla Costituzione e dalle leggi e non risentire di influenze o tentativi di influenze o di lobbisti o personaggi vari”, aveva concluso Di Matteo.

Rispetto ad una vicenda del genere non si tratta di inseguire dei criteri di opportunità - aveva continuato il magistrato - io i criteri di opportunità che ho sentito invocare da chi è contrario alla costituzione (di parte civile n.d.r) li ho compresi ma assolutamente non condivisi. Noi non rappresentiamo i magistrati italiani. Siamo il consiglio superiore della magistratura” il quale se non si “costituisse essendo stato indicato espressamente in sede penale come l’organo il cui funzionamento è stato, e ripeto è turbato ancora oggi da quelle vicende, abdicheremo secondo me alla speranza di cambiamento”.

Non tutti i consiglieri di allora erano stati d'accordo, anzi, la delibera era passata con lo scarto di un voto: 9 voti a favore, 8 contrari e 8 astenuti.

Ma la presa di responsabilità da parte di alcuni componenti del Csm - Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita in testa e di altri come loro - è stata indice di un rinnovamento della magistratura che, a differenza della politica, è l’unica che è riuscita ancora a trovare la forza di processare sé stessa.

Mercoledì si avrà modo di vedere se quello spirito è ancora presente o se è già stato completamente dimenticato.

Foto © Imagoeconomica

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