Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

"Le norme sui collaboratori di giustizia e il 41 bis erano parte di una azione che lo stesso Giovanni Falcone aveva definito 'delicatissima' perché richiedeva magistrati sempre più di altissimo livello, rigore e non aveva serenità nel giudicare, per non rischiare che fosse il collaboratore a influenzare il magistrato. In questa fase di transizione è necessario ricordare gli enormi risultati ottenuti nella lotta alla Mafia proprio con quella legislazione antimafia e quegli strumenti che rischiano di essere messi in discussione. Lo Stato, responsabile della sicurezza del Paese, non può avere esitazioni nel trasmettere ai mafiosi e ai colletti bianchi messaggi non contradditori e incerti sulla linea da perseguire". Così interviene Vincenzo Scotti, già ministro dell'Interno, su Formiche.net riguardo il dibattito sul 41 bis. Secondo il titolare del Viminale tra il 1990 e il 1992, "vi sono chiare esperienze in questi trenta anni che la cosa più importante per i boss mafiosi è poter dire ai propri 'picciotti' che hanno costretto lo Stato a cedere a qualche loro 'rivendicazione'. Nel 1991 dopo la conclusione del maxi processo con le condanne a tanti ergastoli, una sentenza della Corte di Cassazione, con una revisione del calcolo della durata del carcere preventivo, rimise in libertà i condannati a quegli ergastoli. Questo consentì ai mafiosi di poter dire che essi erano più forti dello Stato. La decisione dell'intervento di urgenza del governo per riportarli in carcere fu una delle ragioni scatenanti delle stragi del 1992". "Oggi si è constatato che, pur di fronte ad una 'mutazione di pelle' persistono ancora vecchie modalità dei boss di controllare il territorio, di contare sulla disponibilità di una connivenza di antichi mafiosi e di una vecchia società mafiosa. Oggi la nuova Mafia opera attraverso una condotta silente e mercatista, che si fa forte del potere economico corruttivo stabilmente infiltrato senza violenza fisica la violenza dei flussi finanziari. La nuova, come stiamo constatando giorno dopo giorno, avanza e si accompagna a quella antica. Questo mix di antico e nuovo non è meno pericoloso, meno violento e meno pronto a tornare addirittura alle stragi", evidenzia ancora Scotti. 

Foto © Imagoeconomica

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos