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Dal 30 dicembre 2022, in base alla riforma della giustizia di Marta Cartabia, chi è stato assolto in un qualsiasi processo potrà chiedere che il suo nome venga cancellato dai motori di ricerca.
La storia dell'inchiesta resterà in rete ma il soggetto assolto non potrà più essere trovato dai siti che lo hanno citato nel tempo.
Nello specifico si parla dell'articolo 64-ter della legge Cartabia: "Diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini": "L'imputato destinatario di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e la persona sottoposta alle indagini destinataria di un provvedimento di archiviazione possono richiedere che sia preclusa l'indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete Internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell'articolo 17 del regolamento del Parlamento europeo del 27 aprile 2016".
La 'novità' è figlia di un emendamento presentato dal parlamentare di Azione Enrico Costa. Nelle ultime ore del 2022 il M5S i deputati Iaria, D'Orso, Ascari, Cafiero de Raho, Giuliano hanno cercato di far passare un ordine del giorno che impegnasse il governo per far sì che "le norme non si applichino quando il soggetto o i comportamenti posti in essere dallo stesso abbiano rilevanza pubblica".
Ma quell'odg è stato respinto, segno che il silenzio piace all'esecutivo di destra marchiato Meloni e ai suoi inediti alleati del Terzo Polo, Italia Viva e Azione.
Enrico Costa ovviamente, ha difeso la sua proposta: "Innanzitutto la notizia dell'indagine e del  processo resta in rete e non viene affatto cancellata. Il fatto nuovo è la dissociazione della notizia dal nome dell'imputato assolto. Se io vado a cercare nel web un tal Mario Rossi, e lui è stato assolto dopo essere stato indagato, non compare più la notizia della sua indagine". La sua risposta è pronta anche se gli si chiede, dopo l'ordine del M5S, del "favore" ai potentati politici e non solo, tipo Silvio Berlusconi. "Ma in questa norma non interessa i processi di persone estremamente in vista e popolari, ma soprattutto le persone semplici che vanno a cercare un lavoro e potrebbero non ottenerlo perché da una ricerca in rete di chi gli fa l'indagine compare subito la notizia della sua indagine benché sia stato assolto". Una "difesa a 360 gradi: "Lo spirito del mio emendamento è molto lineare: lo Stato deve essere messo in condizione di indagare e chiamare a rispondere le persone, ma deve anche garantire, se le persone risultano innocenti e sono state assolte, che possano tornare nella società con la stessa immagine e la stessa reputazione, senza che rimanga una cicatrice indelebile".
A rischio di “oblio” possono esserci storie come quella del generale Mario Mori, recentemente assolto nel processo d'appello sulla trattativa Stato-mafia, così come in altre sentenze, perché “il fatto non costituisce reato”, ma che proprio certe sentenze mostrano come il “modus operandi” sia stato tutt'altro che eroico.
Secondo la legge Cartabia Mario Mori ora potrebbe far sparire dal web la sua presenza processuale e impedire ai lettori, ai cittadini e agli storici di ricostruire il suo ruolo nella trattativa, ovvero l'interlocuzione avuta con l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino.
E magari avrebbe potuto fare lo stesso il sette volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, se fosse stato in vita, dal momento in cui fu salvato dalla prescrizione nonostante la sentenza d'appello, confermata in Cassazione, abbia stabilito che il reato fu “commesso fino alla primavera del 1980”.
Quella stessa prescrizione che in qualche maniera ha salvato tanti politici e potenti di turno che hanno compiuto reati di corruzione e affini.
Con il diritto all'oblio chi potrebbe mai sapere questi delicati passaggi, fondamentali nel momento in cui potrebbe anche esserci la possibilità, per taluni soggetti, di diventare amministratori comunali, provinciali, regionali o parlamentari.
Delle difficoltà ci sarebbero anche per raccontare le vicende processuali di Berlusconi, un imprenditore che pagava la mafia (così come è scritto nella sentenza definitiva di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa a danno del suo braccio destro, Marcello Dell'Utri), e che nonostante sia finito indagato ed imputato in svariati procedimenti ha subito una sola condanna definitiva per frode fiscale.
Inoltre c'è un dato che non si può ignorare: in questi giorni i pm di tutt’Italia stanno vagliando migliaia di casi (furti, molestie, truffe non aggravate). Motivo? O convincono le vittime a querelare, o devono scarcerare e lasciare impuniti sequestratori, picchiatori, ladri, truffatori e molestatori.
Com’è avvenuto il 31 dicembre per tre spacciatori albanesi che nel 2017, a Loano (Savona), picchiarono e rapirono un giovane connazionale loro cliente: per “costringerlo a corrispondere continue somme di denaro – ha scritto il pm – lo colpivano con schiaffi e pugni, lo caricavano su un’Audi scura, lo legavano e trasportavano a casa” di un complice a Genova, dove lo “picchiavano nuovamente, tenendolo chiuso in casa per alcune ore” e “lo liberavano dopo avergli fatto promettere il pagamento di migliaia di euro” e averlo ridotto in “stato di soggiogazione”. Perciò la Procura aveva ottenuto dal gip l’arresto di due indagati per “il concreto e attuale pericolo che commettano delitti della stessa specie” e la “totale indifferenza per le norme della civile convivenza” e il giudizio immediato perché la prova era “evidente”. Ma ora la vittima ha ritirato la querela e il pm dovrà chiedere la scarcerazione e il proscioglimento degli indagati.
Anche in questo caso si potrà chiedere la deindicizzazione. Ma la "cicatrice indelebile" evocata da Costa ce l'avranno per sempre le vittime e non gli indagati.

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