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Riconosciuti anche risarcimenti ai tre operai cinesi ridotti in schiavitù

Ieri il Tribunale di Trento ha inflitto dieci anni di condanna a Domenico Morello perché ritenuto anello di riferimento della 'Ndrangheta in Trentino, ma non promotore delle attività mafiose come aveva prospettato la procura. Nella delibera del Csm, con cui era stato deciso il trasferimento del presidente del Tribunale di Trento Guglielmo Avolio, veniva riportata l'ordinanza con cui era stata disposta a Morello la misura cautelare della custodia in carcere. Nello specifico, secondo l'accusa, Morello era "promotore e organizzatore" e faceva "parte dell’associazione criminale facente capo a Macheda Innocenzio con cui si rapporta direttamente e ne rispetta la gerarchia, mantenendo i contatti con gli altri sodali e direttamente con le cosche Paviglianiti e Iamonte in Calabria".
Otto anni invece a Pietro Denise. Secondo sempre l'accusa iniziale, sarebbe stato colui al quale toccava il ruolo di custodire le armi di cui si sarebbe servita l'organizzazione per intimidire maestranze e non solo.  Per entrambi, i giudici di Trento hanno riconosciuto l'appartenenza a un'associazione a delinquere di stampo mafioso.
La sentenza, con con rito abbreviato, è stata letta ieri dal giudice Stefan Tappeiner, nell'ambito di uno dei filoni del processo scaturito dall'inchiesta 'Perfido' che ha scoperto l'infiltrazione delle cosche della 'Ndrangheta nel tessuto economico del porfido.
A Morello e Denise, che avevano chiesto il rito abbreviato condizionato, senza dibattimento ma con l'audizione dei testimoni, è stata comminata anche la pena di interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'obbligo di risarcimento in solido del danno subito dai tre operai di origine cinesi, secondo l'accusa ridotti in schiavitù, e del danno d'immagine subito dalla Provincia autonoma di Trento (fissato in 300.000 euro), dal Comune di Lona Lases (150.000 euro), dall'associazione Libera (50.000 euro), dalla Fillea Cgil (50.000 euro) e dalla Filca Cisl (50.000 euro). Non è stata invece accolta la domanda di risarcimento della cooperativa Altrotrentino, editrice di Qt.
"Il verdetto odierno del tribunale di Trento nell'ambito del processo 'Perfido' conferma una volta di più l'inquietante diffusione delle pratiche criminali di stampo mafioso in Trentino. Se la verità è uscita il merito va in primis al Coordinamento lavoratori porfido, che da sempre denuncia e lotta contro lo sviluppo delle attività 'ndranghetiste nel settore del porfido trentino" ha detto Alex Marini, consigliere del Movimento 5 Stelle in Provincia di Trento. "Si tratta di una battaglia che queste persone libere e oneste hanno condotto spesso da sole, circondate dall'ostilità e dal fastidio di molti, inclusi alcuni di coloro che oggi si mettono in prima fila e si battono il petto di fronte a una realtà che non si può più nascondere - ha aggiunto Marini -. Sappiamo dalle intercettazioni che i membri del Coordinamento lavoratori porfido, facendo il loro dovere, erano finiti nel mirino della criminalità e che nonostante questo non si sono mai lasciati intimidire. Noi abbiamo solo raccolto le loro richieste d'aiuto e ha fatto in modo che trovassero ascolto presso le Istituzioni nazionali, ma senza il coraggio e l'abnegazione dei membri del Coordinamento, niente sarebbe venuto alla luce e la criminalità avrebbe continuato a fare i propri sporchi affari, mentre importanti politici trentini avrebbero continuato a raccontare che 'da noi la mafia non c'è'. Anche per questo crediamo che tutti debbano ringraziare il Coordinamento per l'azione coraggiosa e spesso ingrata che hanno saputo coraggiosamente mettere in atto in tutti questi anni a fronte di tante cattiverie e tanto isolamento".
"Oggi come un anno fa confermiamo l'opportunità di esserci costituiti parte civile. Una scelta che dimostra la nostra netta presa di posizione contro i fenomeni criminali e l'impegno, anche sui luoghi di lavoro, a mantenere alta l'attenzione contro il rischio, più che concreto, che interessi mafiosi si approprino di spazi della nostra economia e comunità", hanno comunicato in una nota Cgil e Cisl del Trentino.


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L'ex presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra © Imagoeconomica


Nicola Morra: "Verità scoperta grazie anche a Coordinamento Lavoratori Porfido"
"Il verdetto emesso ieri dal Tribunale di Trento nell’ambito del “Processo Perfido”, il primo processo istruito con l'ipotesi di 416 bis in Trentino, ha confermato una volta di più l’inquietante diffusione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso in Trentino.
Ciò che preme rimarcare è che se la verità è uscita fuori, con grande difficoltà bisogna aggiungere, il merito deve essere riconosciuto in primis al Coordinamento Lavoratori Porfido, che da sempre ha denunciato lo sviluppo delle attività 'ndranghetiste nel settore dell'estrazione del porfido trentino". Così l'ex presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra sulla sua pagina Facebook (https://www.facebook.com/nicola.morra.63).
"Si tratta di una battaglia che queste persone libere e oneste hanno condotto spesso da sole, circondate dall'omertà di tanti e dall’ostilità e dal fastidio di molti, inclusi alcuni di coloro che oggi si mettono in prima fila e si battono il petto di fronte a una realtà che non si può più nascondere, come dimostra la storia della costituzione di parte civile di diversi dei soggetti che oggi beneficiano anche, paradossalmente, di risarcimento danni.
Sappiamo dalle intercettazioni acquisite agli atti che i membri del Coordinamento Lavoratori Porfido, facendo il loro dovere, erano finiti nel mirino della criminalità calabrese e che,  nonostante ciò, non si sono mai, ripeto mai, lasciati intimidire.
Il M5S locale ha avuto il merito di  raccogliere le loro richieste d’aiuto e ha fatto in modo che trovassero ascolto presso le Istituzioni nazionali, ma senza il coraggio e l’abnegazione dei membri del Coordinamento niente sarebbe venuto alla luce e la criminalità avrebbe continuato a fare i propri sporchi affari a danno delle comunità locali e dell'ambiente, mentre importanti politici trentini avrebbero continuato a raccontare che “da noi la mafia non c’è” sol perché non la volevano vedere.
Anche per questo crediamo che tutti debbano ringraziare il Coordinamento Lavoratori Porfido, ed in particolare Walter Ferrari, per l’azione coraggiosa e spesso ingrata che ha saputo coraggiosamente condurre in tutti questi anni a fronte di tante difficoltà, resistenze ed isolamento.
Ed un grande grazie va al consigliere provinciale del M5S di Trento Alex Marini che non si è sottratto al suo dovere istituzionale e civile, oltre che umano.
Uomini veri ce ne sono pochi. E vanno ringraziati".

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