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La Corte si riserva di decidere

Verrà deciso dopo Natale se l'ex funzionario del Sisde, Bruno Contrada avrà diritto a un risarcimento per l'arresto subito e la condanna avuta nel 2007 per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte d'appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras, giudici a latere Mario Conte e Luisa Anna Cattina, si è riservata sulla decisione. La sentenza venne condannata dalla Corte europea per i diritti dell'uomo perché il reato, secondo i giudici europei, era - nel momento in cui Contrada commise i fatti alla base del suo processo - indeterminato e indefinito, cosa avvenuta solo nel 1994 con la sentenza Demitry.
Successivamente, nel 2017, la Cassazione dichiarò “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”.
Sempre la Suprema corte, lo scorso 25 giugno, accogliendo il ricorso dell'avvocato Stefano Giordano, aveva annullato con rinvio l'ordinanza con la quale la Corte d'Appello di Palermo aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata nell'interesse di Bruno Contrada.
Nel gennaio 2021 la Cassazione aveva annullato con rinvio l'ordinanza di risarcimento della Corte d'Appello di Palermo che aveva riconosciuto all'ex 007 la riparazione per ingiusta detenzione, quantificandola in 667.000 euro.
Dopo il no dei giudici di Appello, dunque, oggi la questione è stata affrontata nuovamente dai giudici d'Appello, che adesso, entro un mese circa, dovranno rivalutare il ricorso presentato dall'avvocato Giordano. Dopo la prima bocciatura, il legale aveva contestato la violazione per ben due volte del "giudicato della Corte Europea, su cui il giudice interno non ha alcun margine di discrezione".
Va ricordato che i giudici romani avevano però fissato un principio di diritto sostenendo i punti su cui dovrà intervenire il giudice del nuovo rinvio, cioè "sulla scorta degli accertamenti in punto di fatto indicati nell’ordinanza impugnata, determinare la ricorrenza del dolo o colpa grave, causa ostativa alla riparazione, in relazione non già alla fattispecie di reato di partecipazione all’associazione mafiosa, mai contestata e rispetto la quale il ricorrente non si è mai difeso nel processo, bensì rispetto a condotte sinergiche al favoreggiamento sia delle singole vicende accertate, sia dell’associazione mafiosa. Al giudice del rinvio - spiegano i supremi giudici - è richiesto di valutare, sulla scorta delle individuate condotte ritenute rilevanti, già evidenziate nell’ordinanza impugnata, con autonomo giudizio, se le stesse con giudizio ex ante rendevano prevedibile l’intervento dello Stato in relazione alla diversa fattispecie di reato di favoreggiamento".
Ed episodi di "disponibilità piena", di contributo in favore dell'associazione mafiosa, secondo i giudici di merito che lo condannarono, ne erano emersi parecchi.
"A mero titolo esemplificativo", aveva scritto ancora la terza sezione della Cassazione, nella decisione del luglio scorso, che Contrada sarebbe stato responsabile della "omessa indicazione in un incontro tra il vicequestore Boris Giuliano e l'avvocato Ambrosoli, dell'allontanamento dall'Italia di John Gambino, esponente di famiglie mafiose, coinvolto nel finto sequestro di Michele Sindona e il tentativo di condizionare l'operato del commissario Renato Gentile, oltre altri episodi accertati dai quali" la Corte d'appello aveva "tratto il convincimento della volontaria e consapevole messa a disposizione del ricorrente a favorire, proteggere e rafforzare l'attività del sodalizio criminoso mafioso".
L'accusa è rappresentata dai sostituti procuratori generali Carlo Marzella e Umberto De Giglio. A prendere per primo la parola è il pg Carlo Marzella, che avrebbe voluto depositare una memoria, ma la difesa si è opposta perché i termini per presentarla sono scaduti. A quel punto il magistrato ha iniziato a ripercorrere i momenti salienti della sua vicenda giudiziaria leggendo stralci della sentenza. E ricordando anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno accusato Bruno Contrada.

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