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A dover decidere di concedere o meno i benefici penitenziari ai boss mafiosi avrebbe dovuto essere un tribunale collegiale ma l'ex pm della laguna, e ora ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha scritto direttamente un emendamento, approvato martedì scorso dalla maggioranza di centrodestra sul decreto dell'ergastolo ostativo, che scarica tutta la responsabilità su un unico giudice monocratico.

Le conseguenze di tale decisione sono facili da prevedere: il giudice rischia di diventare oggetto di minacce e intimidazioni o condizionamenti da parte della mafia per quanto riguarda le sue decisioni.

Durante la scorsa legislatura in commissione giustizia erano state svolte delle audizioni di diversi magistrati in merito al decreto sull'ergastolo ostativo. Tra loro l'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato; i consiglieri togati al Csm Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo; Alfonso Sabella, giudice presso il Tribunale di Napoli e Antonino Balsamo presidente del Tribunale di Palermo.

Tutti avevano argomentato che il legislatore avrebbe dovuto fornire dei paletti anche per non lasciare da soli i magistrati di sorveglianza dato il rischio di una loro gravissima esposizione. Non solo. Oltre a questo era stato auspicata la creazione di un unico tribunale di sorveglianza "individuabile in quello di Roma che già avviene per i ricorsi e i reclami in tema di 41bis a cui demandare le decisioni su queste istanze”, aveva spiegato Di Matteo. "Pensate al rischio che un giudice di sorveglianza che debba decidere sulla concessione della liberazione condizionale ad uno stragista, decida in maniera difforme (magari negando l’accoglimento di quella richiesta) rispetto ad un altro giudice di sorveglianza di un'altra sede che in un caso analogo abbia ritenuto invece di concedere la liberazione condizionale - ha detto - Più si frammenta più aumenta il rischio di condizionamenti impropri e poi di ritorsioni o vendetta nei confronti dei giudici di sorveglianza che decidono con competenza frammentata nel territorio. Inoltre, l’altro rischio che vedo particolarmente concreto è quello della formazione di una giurisprudenza oscillante che nel tempo finirebbe con il consolidarsi, con l’adeguarsi alle pronunce più favorevoli ai condannati che hanno presentato un’istanza. In presenza di più pronunce, di più orientamenti giurisprudenziali, fatalmente nel tempo la tendenza sarà quella di adeguarsi alla giurisprudenza meno rigorosa".

Anche Alfonso Sabella si era detto favorevole a centralizzare la competenza “dei soggetti al 4 bis ad un unico tribunale di sorveglianza” al fine di “evitare disparità di trattamento e soprattutto per evitare una sovraesposizione da parte dei magistrati”.

Un consiglio, quello esposto dai magistrati, che non è stato recepito dalla scorsa legislatura.

Infatti nel disegno di legge sull'ergastolo ostativo, approvato in prima lettura alla Camera nel marzo 2022 e poi ripreso dal governo Meloni con decreto legge, era stato previsto che dal 31 ottobre i giudici avrebbero preso le decisioni collegialmente ma non in un unico tribunale.

Sempre durante le audizioni in commissione Giustizia al Senato alcuni esperti avevano posto il tema dell’ingolfamento dei tribunali di sorveglianza in tutta Italia. Alla fine era stato trovato un compromesso: la prima decisione sulla concessione dei benefici sarebbe spettata al Tribunale di sorveglianza e poi i successivi rinnovi ai singoli giudici ma solo dopo aver sentito il parere del pm che ha condannato il mafioso e del procuratore nazionale antimafia.

Questo prevedeva un emendamento firmato dall’ex ministra leghista Erika Stefani.

Questo fino alla riformulazione del ministero della Giustizia.

In questi giorni di sproloqui il ministro della giustizia ne aveva lanciati a volontà, soprattutto contro i strumenti di lavoro dei pm, che poi erano i suoi. L'ultimo è stato quello sulle intercettazioni da lui definite come “strumenti micidiali di delegittimazione personale e spesso politica” e “violazioni blasfeme dell’articolo 15 della Costituzione”.

Ora, l'ennesimo colpo di spugna. Ma stavolta a pagare saranno i giudici della sorveglianza.

Foto © Imagoeconomica

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