Una delle cose buone (non moltissime) che erano state prodotte dai recenti governi che vedevano la forte matrice dei Cinque Stelle era la nota legge Spazzacorrotti che estese ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.
Nel febbraio 2020 la Corte costituzionale intervenne sulla retroattività, dicendo che la stessa era illegittima. Adesso, in sede di Parlamento vorrebbe totalmente cancellarla, utilizzando il pretesto dell'ergastolo ostativo e la volontà di evitare la scarcerazione dei boss mafiosi.
L’occasione per il centrodestra sta nella conversione in legge del primo decreto del governo Meloni, anche noto come “anti-rave” per la discutibile norma contro i raduni illegali che pone notevoli problemi interpretativi.
Al suo interno, oltre a nuove misure in tema di Covid, vi è soprattutto quella riforma dell’ergastolo ostativo, approvata all'ultimo momento prima che la Corte costituzionale potesse dichiarare incostituzionale la norma esistente.
Tra gli emendamenti presentati in Senato, incardinato in Commissione Giustizia per la conversione in legge, ben 14 arrivano dal capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin.
Quest'ultimo vorrebbe rendere più “soft” il nuovo articolo 434-bis del codice penale che prevede pene al carcere dai tre ai sei anni e che è ritenuta dagli addetti ai lavori come troppo generica, e quindi suscettibile di essere applicata ben oltre i rave, andando a colpire per esempio le occupazioni studentesche o sindacali.
Per questo si propone di specificare meglio la norma aggiungendo riferimenti ai “raduni musicali” e allo “spaccio di stupefacenti". Ma anche di sostituire la definizione di pericolo “per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” con la più stringente “per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica".
E poi di abbassare le pene carcerarie previste (da tre a sei anni si arriverebbe ad uno-tre anni, o due quattro anni, in modo da scendere sotto il limite dei cinque anni che rende possibile il ricorso alle intercettazioni).
Un altro emendamento alza a cento la soglia numerica dei partecipanti oltre la quale si configura il reato, mentre un ultimo chiede di eliminare il riferimento alla nuova fattispecie tra quelle citate nel codice antimafia, che consentono l’applicazione delle misure di sorveglianza speciale ai semplici indiziati.
La Premier Giorgia Meloni
Certo è che inserire materie diverse sotto lo stesso "ombrello", però, rischia di distrarre l'opinione pubblica nascondendo il vero obiettivo che è quello di favorire l'universo dei "colletti bianchi".
Perché il capogruppo di Forza Italia ha anche proposto alcune modifiche di dettaglio alla riforma dell’ergastolo ostativo (ad esempio di far decidere sulla concessione dei benefici a un solo giudice, anziché tre).
Tra le proposte, però, vi è anche l'abolizione del regime ostativo per i reati contro la pubblica amministrazione eliminando dalla norma il riferimento agli articoli del codice penale che vi erano stati aggiunti nel 2019: 314 (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l’esercizio della funzione), 319 e 319-bis (corruzione e corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 (corruzione di incaricato di pubblico servizio), 322 (istigazione alla corruzione).
C'è poi quella proposta di impedire ai pm di appellare le sentenze di assoluzione.
Quest'ultima, va ricordato, è un vecchio pallino dell'ex Premier Silvio Berlusconi e la Consulta l'ha già dichiarata incostituzionale. “Da Forza Italia arriva puntuale il solito attacco alla legislazione anticorruzione. L’obiettivo di Fi dopo trent’anni è ancora sempre lo stesso: ammiccare in tutti i modi a corrotti e corruttori", attaccano Valentina D’Orso e Ada Lopreiato, capigruppo del M5s nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, annunciando un’opposizione “la più dura possibile”. La proposta di Zanettin, dicono, è “un colpo al cuore della legge Spazzacorrotti del Movimento 5 Stelle, soprattutto un duro attacco alla battaglia dello Stato contro i reati dei colletti bianchi”. La legge anticorruzione, ricordano, “è stata approvata per rispondere ad un preciso fenomeno: oggi vi è una mafia affarista che non utilizza più esclusivamente il metodo intimidatorio ma si avvale di metodi corruttivi per infiltrarsi nella Pa e nell’economia legale, allo scopo di perseguire i propri sporchi interessi, riciclare denaro e controllare porzioni di territorio. Per questo è giusto e doveroso prevedere il massimo rigore verso coloro che sono condannati definitivamente per reati gravissimi contro la pubblica amministrazione”.
Sull'ergastolo la proposta dei Cinque Stelle
Sull'ergastolo ostativo anche il Movimento Cinque Stelle ha avanzato le proprie proposte in una nota di Roberto Scarpinato, Ada Lopreiato e Anna Bilotti, componenti del Movimento 5 stelle nella commissione Giustizia del Senato: "La revisione dell'ergastolo ostativo è un intervento di particolare delicatezza, da questo lavoro deriverà molta dell'efficacia che potrà avere la battaglia dello Stato contro le mafie che distruggono la legalità, l'economia, le libertà e la convivenza civile nel nostro Paese. Condividiamo l'urgenza di intervenire, alla luce dell'ordinanza della Corte Costituzionale che sollecita il legislatore a legiferare. Ma serve uno sforzo straordinario per varare la migliore legge possibile. Il fatto che la mancata collaborazione del condannato non possa più essere condizione ostativa assoluta fa correre il rischio di vedere uscire dal carcere boss di primo piano e di indebolire l'arma di pressione grazie alla quale lo Stato negli ultimi 30 anni ha convinto molti mafiosi a collaborare". "Per questo - aggiungono - il Movimento 5 stelle ha presentato alcuni emendamenti puntuali per alzare al massimo il livello di guardia. Non dovranno uscire dal carcere mafiosi che non abbiano maturato un pieno ravvedimento. È la stessa Corte a dirlo nella sua ordinanza. Per accertare il ravvedimento, è essenziale che i mafiosi che non intendano collaborare ma vogliano accedere ai benefici penitenziari, siano obbligati a spiegare le motivazioni. Questo è un elemento determinante per la delicatissima valutazione che spetta al giudice di Sorveglianza. Naturalmente non potranno essere accettabili motivazioni come la volontà di non comportarsi da 'infami' o la paura delle ritorsioni, perché in questi casi è evidente il mancato ravvedimento. Inoltre queste persone dovranno comunicare tutti i beni posseduti o controllati. Questo obbligo oggi c'è per i collaboratori ma non per gli altri, in questo modo si finisce per incentivare la non collaborazione, noi invece dobbiamo fare l'esatto contrario. Ci auguriamo - è la conclusione della delegazione M5s in commissione Giustizia - che tutti abbiano contezza della delicatezza del nostro lavoro in Parlamento: bisogna fare tutto il possibile affinché lo Stato possa continuare a combattere le mafie con armi adeguate".
Foto © Imagoeconomica
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