"L'ottimo lavoro svolto dal II Comitato della Commissione parlamentare antimafia, ha comportato la rivisitazione di un vastissimo materiale documentale, non solo processuale riguardante quanto accaduto nella cosiddetta strage in via dei Georgofili". Lo afferma il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra annunciando la pubblicazione di una parte della relazione che interessa questi fatti e sottolineando che sono "emerse novità". "L'attenzione - spiega Morra - è stata focalizzata sugli accadimenti dei giorni 26 e 27 maggio 1993, e ha portato a riconoscere che sia possibile una ricostruzione alternativa rispetto alla cosiddetta 'verità processuale' sulla dinamica della strage, da ritenersi un accadimento criminale 'ibrido', con ruoli attivi e significativi anche di soggetti non appartenenti a cosa nostra. Allo stato degli atti - prosegue il presidente - pur essendo necessario l'approfondimento ulteriore di vari suoi aspetti, la vicenda pare presentare i tratti tipici di un'operazione criminale di 'falsa bandiera'. In essa filiere criminali riconducibili al noto latitante Matteo Messina Denaro e ai germani Graviano, esponenti egemoni del mandamento palermitano di Brancaccio, hanno curato la logistica e il trasporto di una parte dell'esplosivo deflagrato nel capoluogo toscano, così 'firmando' l'evento". "Tuttavia - prosegue Morra - plurimi elementi consentono di ritenere assolutamente apprezzabile l'ipotesi che l'autobomba, il Fiorino bianco allestita con l'esplosivo dai siciliani, passò di mano poco prima del suo collocamento nel cuore di Firenze e che al rilevante quantitativo di tritolo caricato nel garage (circa centoventi/centotrenta chilogrammi) venne aggiunta una ingente carica di esplosivo di natura militare, sicché la deflagrazione di siffatta micidiale miscela ebbe effetti ancor più devastanti".
"In primo luogo è stata ricostruita la testimonianza resa a pochi giorni dal fatto da un testimone che, la sera dell'esplosione, intorno alla mezzanotte, dunque poco prima che questa svegliasse l'intera città, aveva notato, a poche centinaia di metri a piedi (due km di tragitto stradale) da via dei Georgofili l'incontro tra alcune persone italiane (non toscane) e una donna con i capelli a caschetto neri, giunta a bordo di una berlina - continua il presidente della Commissione Antimafia della scorsa legislatura - la donna era seguita da un Fiorino bianco e, in sua presenza, i due uomini - riconosciuti dal portiere come somiglianti agli identikit degli autori della strage diffusi in quei giorni dalla stampa - avevano caricato (secondo la testimonianza acquisita dalla Commissione) un pesante borsone nel Fiorino bianco". "Altro elemento di particolare rilevanza è rappresentato dalle dichiarazioni rese dell'unico testimone oculare che vide l'autista del Fiorino bianco, parcheggiare l'autobomba in via dei Georgofili. Sebbene in ambito giudiziario sia stata accertata giudizialmente la responsabilità di Cosimo Lo Nigro quale conducente del veicolo fino a via dei Georgofili, la sua altezza non corrisponde affatto a quella indicata dal testimone: quest'ultimo vide scendere dal lato guida del Fiorino, un uomo alto, poco più basso di lui - prosegue Morra - Lo Nigro è alto meno di 1,70, mentre il testimone è più alto di 1,87. Appare dunque più che plausibile - puntualizza Morra - l'ipotesi che, contrariamente a quanto statuito nella sentenza del primo processo per la strage, alla guida del Fiorino, all'atto del suo collocamento in via dei Georgofili, vi fosse persona diversa dall'imputato, Cosimo Lo Nigro. Potrebbe trattarsi della persona che aveva preso in carico il Fiorino per integrare la carica esplosiva con quella - nell'ipotesi formulata dalla Commissione - contenuta nel borsone consegnato alla presenza della donna".
Foto © Imagoeconomica
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