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Il nuovo procuratore capo di Palermo risponde a Visconti sulle pagine del Giornale di Sicilia

L’ergastolo ostativo? “È una questione molto complessa”. La riforma Carabia? “Un atto dovuto”. E la lotta alla mafia, invece? “Resta una priorità. Bisogna però intendersi su cosa questo comporti”. A parlare è Maurizio De Lucia che, dialogando con Costantino Visconi (editorialista del Giornale di Sicilia), commenta alcuni dei temi caldi del sistema Giustizia. Per il nuovo capo della Procura di Palermo (insediatosi lo scorso 15 ottobre) la disciplina espressa nell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario con cui si vieta di liberare i boss mafiosi (alcuni anche stragisti) e terroristi condannati all'ergastolo, se non collaborano con la giustizia, è una materia complessa. “Il governo - riprendendo un disegno di legge approvato da un ramo del Parlamento nella scorsa legislatura - ha scelto la linea rigorista. Giustamente la Consulta ha deciso adesso di rimettere gli atti alla Cassazione. Vedremo adesso se la nuova norma resisterà al collaudo applicativo o se sarà necessario ricorrere nuovamente alla Corte”, ha detto. Sulla futura decisione della Consulta preferisce non commentare, ma “si è espressa la Corte costituzionale che - piaccia o no - è intervenuta fornendo indicazioni precise che devono essere rispettate. Se guardo alla mia esperienza dico che dalle organizzazioni mafiose si esce solo con la morte o con il pentimento. E purtroppo abbiamo costanti e attualissimi riscontri di questa massima d'esperienza. Non dico, però, che si debba rinunciare a valutare se anche in assenza di collaborazione il condannato abbia affrontato un suo personale percorso rieducativo e valorizzarlo in termini di benefici penitenziari. Se posso esprimere una mia preoccupazione, temo che i giudici di sorveglianza - a cui spetta tale valutazione risultino in questo modo sovraccaricati e sovraesposti”. Sempre in tema di riforme, Visconti ha poi chiesto un’opinione sulla riforma Cartabia. “Era inevitabile, un atto dovuto direi - ha risposto De Lucia condividendone i contenuti -. Però aveva due limiti che hanno reso la scelta del rinvio pressoché obbligata”. In primo luogo, “non ha previsto nessuna disciplina transitoria per consentire alla riforma di entrare a regime gradualmente”. L’altro limite, invece, “sta nell'art. 99 del decreto che prevede che la riforma debba trovare attuazione ‘con le risorse umane, strumentali finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri carico della finanza pubblica’. Non si tiene conto che per mettere in pratica una riforma così ambiziosa serve lo stanziamento di risorse adeguate a riorganizzare gli uffici già insofferenza. Non è affatto semplice”. La riforma della giustizia “rischia di tradire i suoi due principali obiettivi, di accelerare i tempi della giustizia e di aumentare le garanzie”. Detto ciò, De Lucia trova grande interesse nei contenuti della Riforma. In particolare, sui percorsi della giustizia ripartiva “che puntano a sanare i conflitti prima ancora che a punire gli autori dei reati. Credo però che sia un’idea che deve ancora essere interiorizzata dal mondo degli operatori del diritto”. Inoltre, ha aggiunto, “credo che la riforma contenga indicazioni molto portanti con riferimento al modo in cui deve essere esercitata l'azione penale prescrivendo il rinvio a giudizio solo quando si hanno ragionevoli probabilità di giungere ad un giudizio di condanna. Io per parte mia ho dato queste stesse indicazioni ai miei sostituti indagare a tutto campo, ma puntare poi solo su casi che possono fare ottenere dei risultati concreti”.

Necessario aggiornare il contrasto alla mafia
Altro grande tema trattato nell’intervista è la presenza e il potere della criminalità organizzata oggi. Come prima cosa De Lucia ribadisce la priorità della lotta alla mafia ma con uno sguardo rivolto al futuro. “Cosa nostra non è più quella delle stragi e noi dobbiamo essere attrezzati a leggere i cambiamenti in corso”. “La mafia è ancora presente e continua a condizionare l'economia e le dinamiche sociali di questa città - dice -. Certo, Cosa nostra è certamente molto impoverita. Questo è un grande merito della magistratura e delle forze di polizia specialmente sul fronte del contrasto all'accumulo della ricchezza illecita. Al netto delle note disavventure che hanno riguardato i nostri uffici giudiziari bisogna dire che gli strumenti di prevenzione patrimoniale hanno funzionato e restano insostituibili, come peraltro testimoniato da recentissime iniziative del nostro ufficio che puntano non sol alla confisca dei patrimoni, ma anche alla bonifica delle aziende contaminate da interessi mafiosi, in un'ottica di supporto al sistema delle imprese”. La cosa più importante, per De Lucia, è impedire che “la mafia torni ad arricchirsi”. Per questo è fondamentale “essere prontissimi nella repressione del traffico di stupefacenti che - oltre a costituite un problema di ordine pubblico - continua a rappresentare uno dei cespiti di arricchimento più rilevanti delle organizzazioni criminali. Non esiste al mondo merce a maggior valore aggiunto della cocaina. L'accumulo di ricchezza parte da lì e noi dobbiamo impedirlo”. Infine, per la storia della lotta alla mafia l’intitolazione dell’Aula Bunker di Palermo ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per il procuratore - che sarà presente accanto al Capo dello Stato oggi pomeriggio alla cerimonia - è un grande segnale. “È un importante omaggio a due grandissimi magistrati, a due palermitani, che con il loro lavoro e con il loro martirio hanno cambiato per sempre la storia del contrasto a Cosa nostra”.

Foto © Deb Photo

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