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Giuseppe Antoci: "Si chiude un cerchio e si scrive una pagina di storia"

"È un momento importante perché questo Paese ha bisogno di risposte. Da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il proprio dovere, abbiamo fatto semplicemente quello che andava fatto e che da tanti anni non veniva fatto. Abbiamo superato il silenzio e tentato di far capire che i fondi europei per l'agricoltura dovevamo andare alle persone per bene e non ai mafiosi, ai delinquenti, ai capimafia". Cosi Giuseppe Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi, attuale presidente onorario della Fondazione Caponnetto, ha detto dopo la sentenza del processo Nebrodi che ha disposto condanne per oltre 600 anni di carcere, dopo una lunghissima camera di consiglio iniziata lunedì 24 ottobre.
Circa un'ora per elencare le 91 condanne e le 10 assoluzioni.
Al termine dell'udienza preliminare, nel dicembre 2020, in 101 furono rinviati a giudizio mentre altri avevano definito la loro posizione con il rito abbreviato, altri ancora avevano patteggiato la pena.
"Si chiude un cerchio e si scrive una pagina di storia, si libera un territorio. Da quel 2013 non avrei mai immaginato di attraversare una strada così tortuosa, non avrei mai pensato di dover rischiare la mia vita e perdere la mia libertà, così come non avrei certamente mai pensato di contribuire a creare una norma dimostratasi devastante per le organizzazioni mafiose". Il ‘Protocollo Antoci’, oggi poi recepito nei tre cardini del nuovo codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015.
Ricordiamo che il processo davanti al Tribunale di Patti, presieduto da Ugo Scavuzzo e composto dai giudici Andrea La Spada e Eleonora Vona, si è aperto il 2 marzo 2021 nell'aula bunker del carcere di Gazzi a Messina. A luglio 2022 i pubblici ministeri Vito Di Giorgio, Antonio Carchietti, Fabrizio Monaco e Alessandro Lo Gerfo, al termine della requisitoria, avevano chiesto condanne per un totale di oltre mille anni di carcere.
I reati contestati sono stati, a vario titolo, associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e truffa aggravata.
Il 'maxiprocesso Nebrodi' è il risultato della imponente operazione condotta contro il clan dei pascoli dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, scattata il 15 gennaio 2020 con 94 arresti (48 in carcere e 46 ai domiciliari) e il sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari.
È stata una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più poderosa sul versante dei fondi europei dell'agricoltura in mano alle mafie mai eseguita in Italia e all'estero. Al centro delle indagini gli assetti dei clan tortoriciani, ma anche il business dei contributi comunitari in agricoltura concessi dall'Agea, l'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura.
In particolare, gli investigatori hanno accertato, che, a partire dal 2013, sarebbero stati percepiti irregolarmente erogazioni pubbliche per oltre 10 milioni di euro.
Nell'aprile del 2021 sono state messe sei condanne e due soluzioni, le prime del maxi processo contro la mafia nei Nebrodi. Ventiquattro anni di carcere, la pena più severa, aveva deciso il gup Simona Finocchiaro nei confronti del boss Sebastiano Bontempo, 52 anni, una condanna ancor più pesante rispetto a quella formulata dall'accusa.
La Corte ha anche deciso per tutti i condannati per i reati mafiosi l'interdizione perpetua, l'interdizione per 5 anni per quelli condannati per associazione ma senza le aggravanti mafiose, la confisca di 17 ditte individuali e società agricole, la confisca di buona parte dei milioni di euro sequestrati nel 2020. Dovranno poi essere risarciti gli imprenditori agricoli che hanno denunciato l'appropriazione dei terreni da parte dei mafiosi, e le associazioni antiracket Addiopizzo e tutte le altre parti civili costituite. Ieri sono state riconosciute solo due provvisionali per complessivi otto mila euro alle associazioni costituite, per il resto si deciderà in sede civile. Le motivazioni saranno note tra 90 giorni.


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Giuseppe Antoci


La Mafia dei Nebrodi subisce un duro colpo
"La mafia dei Nebrodi subisce una prima sentenza. A Patti, in provincia di Messina, si è concluso il Processo di primo grado. Oltre 600 anni di pene erogate per 91 condanne. Un maxiprocesso molto difficile e comunque giunto in tempi veloci a questa conclusione.  Pensieri su pensieri affollano la mia mente: quanti sacrifici, quanti rischi, quanti conflitti, quanti mascariamenti".
"Penso alle giornate intere impegnate a promuovere l’idea-progetto di legalità costituzionale e sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente per liberare i Nebrodi dal gioco mafioso.
Penso a Peppe Antoci, alla sua famiglia, ai ragazzi della sua scorta, agli investigatori che hanno dato l’anima e messo in gioco tutto per denunciare la mafia e accompagnare gli amministratori e gli operatori economici nel cammino di riscatto e di emancipazione".
Così ha commentato sulla sua pagina Facebook l'ex senatore del Pd Giuseppe Lumia. "Penso al terribile attentato ad Antoci e alla scorta. Penso ai vigliacchi mascariamenti di ogni tipo messi in atto.  Ma penso anche al successo del 'Protocollo Antoci'. Penso alle norme scritte di mio pugno che in Parlamento sono state ufficialmente inserite nel Codice Antimafia.  Penso a questo processo, alla bravura delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, dell’Avvocatura.
Sia chiaro, i Nebrodi sono un territorio straordinario: bello all’inverosimile, con una biodiversità unica al mondo. Dalle sue cime si può scorgere maestoso l’Etna e il mare con le isole eoliane che sembra poterle sfiorare con la mano, mentre sopra volteggiano aquile e aironi. Insomma, un contesto baciato dalle migliori qualità del creato. Anche i suoi paesini sono da visitare. Sono borghi bellissimi e accoglienti. E la gente è stupenda: onesti e laboriosi lavoratori e operatori agricoli, artigianali, turistici.
Eppure la mafia c’è. Guai a negare o a minimizzare la sua devastante presenza. Va pertanto conosciuta e combattuta da tutti, ognuno con il suo ruolo, e soprattutto da uno Stato pronto e non colluso.
Che mafia è? Ricca e potente. Altro che arretrata ‘mafia dei pascoli’. Come agiva? Con i mezzi più sofisticati per accaparrarsi le risorse europee destinate ai veri agricoltori e allevatori. Colletti bianchi posti al loro servizio. Killer spietati pronti ad agire. Affari lucrosi, più lucrosi spesso della stessa 'cocaina connection'.  Ho presentato in Parlamento ben sette interrogazioni dove si spiegano bene, con tanto di nomi e cognomi dei boss, le attività e le collusioni dei clan mafiosi che agiscono in questo territorio.
Un meccanismo mafioso diffuso ovviamente molto oltre i Nebrodi. È presente in tutto il Paese e in tutta Europa. Sì, purtroppo le mafie da tempo si sono radicate e operano su larga scala.
Combatterle è possibile. Attenzione, bisogna comunque non abbassare la guardia ed essere ben consapevoli che contro questo tipo di mafia si è solo all’inizio. Sarebbe necessaria più che mai un’azione sistemica e continua. Solo qualche esempio:

- È alla portata dello Stato impegnare un gruppo di magistrati della Procura Nazionale Antimafia in questa azione di contrasto su tutto il territorio nazionale ed europeo, attivando la stessa Procura europea e le squadre investigative comuni.

- Non è difficile utilizzare i reparti speciali delle nostre Forze di Polizia sul piano repressivo, nei territori interni e impervi, e sul piano finanziario, per colpire i complessi e opachi meccanismi burocratici e finanziari.

- È possibile prevenire il fenomeno, con l’applicazione di quanto previsto nel Codice Antimafia, attraverso le interdittive e le misure patrimoniali di sequestro, confisca e riutilizzo sociale e produttivo verso gli operatori onesti.

- È maturo il tempo per promuovere concretamente, sull’esempio dell’efficace lavoro svolto da Antoci quando era Presidente del Parco dei Nebrodi, lo sviluppo sostenibile locale, con risorse adeguate, tecnici qualificati e misure sburocratizzate e di facile e immediata applicazione, come il credito d’imposta e l’uso corretto e trasparente dei bandi europei.

Per adesso un primo segnale è arrivato. L’impegno continua!"

Foto © Imagoeconomica

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