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È ricominciato ieri lunedì 24 ottobre a Caltanissetta il maxi processo sul cosiddetto ‘sistema’ messo in piedi dall’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Calogero Montante. Fra gli imputati 'eccellenti' c'è anche l'ex Presidente del Senato e, ad oggi, neo governatore Renato Schifani e l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta. Schifani è accusato di concorso esterno in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate, mentre Crocetta, come riportato dal 'Fatto Quotidiano', “di associazione per delinquere e di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio”.
Tuttavia potrebbe cadere la scure della prescrizione per l'accusa di rivelazione di segreto per Schifani, che risale al 2015, e quella di corruzione per Crocetta, iniziata nel 2013. Infatti il reato si prescriverebbe entro 10 anni ma considerato l’atto interruttivo si potrebbe estendere fino a 15 anni.
Ricordiamo che nelle prime settimane di settembre, nonostante il parere contrario di accusa e difesa, il Presidente Francesco D'Arrigo aveva deciso che il processo Montante 'bis' e il processo ordinario dello stesso filone di inchiesta dovevano essere riuniti in un unico 'maxi - processo'.
Nell'udienza del 26 settembre, il pm Maurizio Bonaccorso, accogliendo le sollecitazioni del presidente, aveva lanciato un allarme ben preciso: "C'è un concreto rischio prescrizione sulla maggior parte dei reati". Ecco perché la Procura aveva chiesto "di sfoltire la lista dei testi" e di "programmare i testi per evitare che possano essere presentate giustificazioni per le udienze successive". "Dobbiamo sapere quali sono le dichiarazioni dibattimentali che possono essere utilizzate”, aveva spiegato il magistrato.

La fuga di notizie
Il 'Fatto' ha anche riportato alcuni contenuti degli atti: “Arturo Esposito, Direttore dell’AISI rivelava a Montante, tramite D’Agata, la notizia, veicolata da Andrea Grassi, che fosse stata disposta attività d’intercettazione nell’ambito del procedimento instaurato nei suoi confronti, nonché a Valerio Blengini, affinché si recasse da Bruno Megale, Questore di Caltanissetta, al fine di attingere ulteriori informazioni, ed a Schifani la notizia, sempre veicolata dal Grassi, che D’Agata fosse indagato nell’ambito del medesimo procedimento”. A questo punto, Renato Schifani avrebbe trasmesso le informazioni ad Angelo Cuva, “avvocato, specialista in materia tributaria, e professore presso l’Università degli Studi di Palermo”, già “consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri” e “dello stesso presidente del Senato”, carica rivestita all’epoca da Schifani.
Occorre ricordare che l’ex questore Grassi è stato assolto in Appello. Il dirigente della prima divisione dello Sco era accusato di aver riferito a Montante notizie riservate (in primo grado era stato condanno a un anno e quattro mesi).
Mentre Montante è stato condannato a otto anni in abbreviato. È stato il lavoro della squadra mobile di Caltanissetta che ha permesso di risalire ai vari contatti tra gli indagati per capire le modalità della fuga di notizie.
Dai tabulati telefonici, si legge sempre sul 'Fatto', risulta che il 23 gennaio 2016, “Cuva si fosse sentito con Schifani” nel primo pomeriggio, ore 14.29, e dopo “l’utenza di Cuva non censiva più alcuna cella perché aveva spento il telefono”. Ma gli inquirenti avevano notato che “il telefono riappariva solo alle 16:59” e che “la cella agganciata dalla sua utenza era a 65 mt di distanza dall’abitazione palermitana di Schifani”. Per questi motivi gli investigatori hanno ritenuto che “è Schifani il soggetto che Cuva aveva incontrato quel pomeriggio ed è Schifani che doveva fornirgli le notizie, che a sua volta Cuva avrebbe dovuto girare al D’Agata”. A quel punto il professor Cuva avrebbe chiamato (17:09) D’Agata per poi incontrarlo di persona pochi minuti dopo (17:19).

Reato estinto
Ricordiamo inoltre che per il vice direttore dell'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), Valerio Blengini, nominato sotto il governo Matteo Renzi e in pensione dal dicembre 2020, sono cadute tutte le accuse. Lo scorso 24 settembre, il giudice del tribunale di Caltanissetta aveva certificato l’estinzione del reato. Blengini era imputato per false dichiarazioni ai magistrati, perché secondo l’accusa avrebbe mentito in fase d’indagine sulla fuga di notizie coperte da segreto.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

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