Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

La 'Ndrangheta ha operato per un decennio nella provincia di Reggio Emilia, infiltrandosi con "penetrazione criminale" nel tessuto economico e sociale, anche nelle province limitrofe fino alla bassa Lombardia, compiendo anche estorsioni e attività di riciclaggio. Ad operare, nello specifico, è stata una componente criminale, sempre di 'Ndrangheta, che non era una filiazione della corrispondete cosca calabrese, ma era diventata una articolazione dotata di autonomia operativa. Non una semplice “succursale”, dunque, ma una organizzazione caratterizzata da "un articolato e differenziato programma associativo" e dotata di suoi uomini e mezzi. Lo sottolinea la Cassazione nella sentenza 39774 depositata ieri dalla Seconda sezione penale e relativa all'udienza che lo scorso sette maggio ha messo la parola fine al processo denominato “Aemilia” (Aiello + 87 altri imputati). In particolare - come riporta il comunicato pubblicato sul sito della Suprema Corte, gli “ermellini” hanno "riconosciuto la complessiva correttezza dell'operato dei giudici di primo e secondo grado con le sentenze del Tribunale di Reggio Emilia del 31 ottobre 2018 e della Corte di appello di Bologna del 17 dicembre 2020". Così, "sono state respinti i motivi di ricorso sulla stessa esistenza del delitto di direzione e partecipazione ad una associazione mafiosa di stampo 'ndranghetista, operante nei territori di Reggio Emilia e nelle province limitrofe fino alla bassa Lombardia". "Coerentemente, sono stati respinti quelli relativi al collegamento fra l'associazione e una serie di reati funzionali alla vita dell'associazione stessa, in particolare - spiega il comunicato - il reimpiego di denaro di provenienza illecita nelle attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti, con il coinvolgimento significativo di realtà imprenditoriali, accompagnate da estorsioni, episodi di usura, danneggiamenti seguiti da incendi, intestazioni fittizie di beni e società, e altri delitti". Il verdetto, inoltre, "ha confermato le decisioni di merito anche nella parte in cui avevano ritenuto che il gruppo criminale emiliano abbia natura autonoma e non sia una mera articolazione territoriale, per quanto strutturata e complessa, dipendente dalla cosca di riferimento calabrese, proprio perché quel gruppo è caratterizzato da un articolato e differenziato programma associativo di carattere criminoso, supportato da un'ampia dotazione di uomini e mezzi, finalizzato ad accrescere il controllo sul territorio in settori nevralgici del tessuto imprenditoriale emiliano, quali gli autotrasporti e l'edilizia, anche attraverso il riciclaggio di capitali illeciti". "Il complesso iter processuale - conclude la nota della Cassazione - ha accertato come, nell'arco decennale di attività, l'associazione mafiosa abbia compiuto una progressiva evoluzione strutturale, passando dagli schemi tradizionali della ‘Ndrangheta verso un più sofisticato metodo di penetrazione criminale nel tessuto sociale, contraddistinto anche dalla prospettiva di realizzare progetti dominanti in svariati settori imprenditoriali e della società civile".

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Cassazione conferma oltre 70 condanne nel maxi processo 'Aemilia' contro la 'Ndrangheta

Motivazioni sentenza d'Appello processo Aemilia. Più di 700 anni di reclusione

Processo Aemilia, in appello confermate le accuse

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos