Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L’ex pm della laguna: "Le intercettazioni costano 200 milioni di euro". Ma la corruzione 237 miliardi

Carlo Nordio, esponente di Fratelli D'Italia e 'segnato' come possibile Guardasigilli, in questi giorni ha rispolverato la cara vecchia "argenteria" della destra.

Secondo lui i politici dovrebbero essere immuni dalle inchieste, le intercettazioni ambientali accantonate e i magistrati dovrebbero perseguire solo alcuni reati, indicati dalla maggioranza di turno al Parlamento.

La logica è semplice: nessuna indagine, nessun reato, nessun danno per l'immagine. Fine.

Dietro la proposta dell’ex magistrato si cela un presunto 'scudo' nei confronti della magistratura: “I Padri costituenti" hanno voluto l'immunità parlamentare "proprio come garanzia dalle interferenze improprie della magistratura – ha detto al Quotidiano Nazionale –. Sapevano benissimo che qualcuno se ne sarebbe servito a suo vantaggio, ma hanno accettato il rischio, perché quello della sovrapposizione di poteri era enormemente maggiore, come poi si è dimostrato”. Allo stesso tempo, però, l’ex pm ha spiegato che una modifica di questa portata andrebbe “spiegata bene ai cittadini affinché non sembri un privilegio di casta”.

In attesa delle spiegazioni ricordiamo che le 'riforme di Palazzo' di quest'ultimo periodo sono state condizionate dall'esigenze di abbattere il rischio penale per le classi dirigenti: vedi riforma Cartabia, con cui si è dato alla politica il potere di decidere quali reati perseguire e quali no, il criterio della improcedibilità e la separazione (de facto) delle carriere tra pm e giudice, una svolta che porterà poco a poco il pubblico ministero ad essere soggetto al potere politico.

Non è che le classi dirigenti di altri Paesi siano tutte fiori di giglio, anzi. In Messico, per esempio, c'è una classe dirigente profondamente collusa con il narcotraffico e in Francia e in Spagna c'è la corruzione.

In Italia, tuttavia, con grande disappunto di una certa casta, abbiamo una Costituzione che garantisce indipendenza e autonomia alla magistratura.

Per togliere di mezzo questa 'anomalia', le classi dirigenti hanno depenalizzato selettivamente determinati reati tipici dei 'colletti bianchi': dall'abuso d'ufficio fino al traffico di influenze.

In passato Nordio stesso aveva strizzato l'occhiolino e certi provvedimenti: nel suo libro “Giustizia ultimo atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura” aveva elogiato il decreto legge Biondi (il salva - ladro e salva - mafiosi) emanato il 13 luglio 1994 durante il governo Berlusconi: “Era una sacrosanta affermazione del principio di presunzione di innocenza consacrato dalla Costituzione”. Nel suo libro il magistrato ha omesso, volontariamente o meno, che quel decreto stava per far uscire dal carcere anche numerosi capimafia oltre che a tagliare le gambe ai pm che indagavano sulla criminalità organizzata e quindi anche sui possibili collegamenti con la classe dirigente.

Non c'è da stupirsi quindi che tutta la cavalleria garantista e nostalgica della Prima Repubblica sia d'accordo con l'aspirante Guardasigilli: a dire “” è stato l'avvocato Pierantonio Zanettin, capogruppo azzurro in commissione Giustizia della Camera e capolista in Veneto: “Siamo assolutamente d’accordo con Nordio – ha detto –. Io sono un uomo della Prima Repubblica ed è necessario tornare all’immunità prevista dai Costituenti che avevano scritto questo principio proprio per limitare le ingerenze dei pm”.

In democrazia, naturalmente, si può discutere di tutto. Ma a questo punto sarebbe necessario anche riflettere sulla presenza di 132 avvocati in Parlamento.

La coesistenza di tali ruoli da parte di un avvocato può favorire, inoltre, l’esercizio del potere legislativo per finalità privatistiche: da un lato, quelle del professionista che potrà pretendere un onorario ben più lauto; dall’altro, quelle dell’imputato eccellente che per via difensiva può stimolare la presentazione di disegni di legge e ottenere normative (come è accaduto nel nostro Paese) ritagliati su misura per i propri interessi particolari ed essere portatore di specifiche istanze scaturenti dal processo che lo riguarda.

Si oltrepassano così i confini della difesa tecnica e professionale, strumentalizzando il ruolo del Parlamento con lo scopo di salvaguardare determinati soggetti e/o interessi. La stagione berlusconiana delle leggi ad personam ne è un esempio: il legittimo impedimento, il lodo Alfano, la legge Cirami, la legge ex Cirielli e le leggi sulle intercettazioni.

Su quest'ultimo punto Nordio è tornato all'attacco. Vorrebbe far risparmiare allo Stato, eliminando i soldi investiti nelle intercettazioni ambientali da parte della magistratura: “Si può risparmiare anche su tutti gli sprechi che ci sono nel mondo della giustizia, a cominciare dalle intercettazioni telefoniche e ambientali che costano 200 milioni di euro l’anno (la corruzione intanto però ci costa 237 miliardi di euro l'anno in base ad una ricerca internazionale del centro Randndr ndr) con i quali si potrebbero assumere segretari e cancellieri per accelerare il corso dei processi”. "Visto che la crisi è economica - ha detto - questa è la priorità".

Sembra essere una prerogativa di chi fa parte nel centro - destra il voler ridurre i problemi del Paese a meri calcoli economici. Ancora sono vive le immagini degli onorevoli che recitano il mantra "dobbiamo approvare la riforma Cartabia se no l'Europa non ci passa i soldi".

"Rimango allibita – ha detto Valentina D'Orso, deputata del M5S in commissione Giustizia.

- di fronte a parole, pronunciate tra l'altro da un ex procuratore. Anche se Nordio li considera 'sprechi', le intercettazioni ambientali sono strumenti insostituibili nella lotta a corruzione e malaffare, soprattutto in un momento come quello attuale in cui i fondi del Pnrr fanno gola alle mafie".

Inoltre non sono pochi i provvedimenti che si potrebbero adottare per rendere più efficace il sistema giustizia: occorre prima di tutto che vengano forniti all'apparato giudiziario uomini (magistrati, personale amministrativo e di polizia giudiziaria) e mezzi adeguati rispetto a una mole di affari giudiziari elefantiaca; rendere più snelle le procedure; rendere inammissibili le impugnazioni vistosamente pretestuose (e sono molte); ridurre i ricorsi in Cassazione solo ai casi che realmente riguardano la legittimità. E ancora: limitare gli incarichi 'fuori ruolo' solo a quegli uffici dov’è veramente necessaria la presenza di magistrati e rivedere la geografia degli uffici giudiziari; depenalizzare una serie di reati contravvenzionali, per cui è ben più adeguata una sanzione amministrativa e un ampliamento delle ipotesi di estinzione con l’oblazione per i reati minori (come quelli edilizi di scarso impatto).

Oltre a questi ce ne sono altri ma è inutile continuare a ripetere l’ovvio.

Per quanto riguarda i costi delle intercettazioni gli amanti dei numeri avranno già intuito che ci sono ben altri settori su cui si potrebbe apportare qualche 'sforbiciata': per esempio sugli oltre 70 milioni di euro che l'Italia spende ogni giorno per restare nella NATO; gli sperperi e le inefficienze presenti nella nostra P.A ammonterebbero a oltre 200 miliardi all’anno, come riportato dal Wall Street Italia; gli oltre 120 milioni di euro l'anno per il mantenimento degli arsenali nucleari sul nostro territorio, e via elencando.

Il paradosso è che nonostante fior fiore di magistrati, avvocati, giornalisti, membri delle forze dell'ordine e della società civile abbiano anzitempo spiegato dove e come agire per il risolvere il problema 'giustizia', nessuna delle loro indicazioni è stata portata all'attenzione del dibattito elettorale: le carceri? La mancanza di oltre 1600 magistrati? La salvaguardia della legislazione antimafia? Il potenziamento delle norme anticorruzione? Il contenimento della degradazione delle correnti nella magistratura? L'espulsione dal Dap di chi non è stato in grado di gestire le carceri? La mancanza di agenti? La continuazione di certi maxi – processi come quello del ponte Morandi?

Sono questi i temi che un futuro ministro della giustizia dovrebbe contemplare.

Ma di queste cose i Nordio di turno preferiscono non parlare.

Dal fascismo "in pantofole", come scriveva Saverio Lodato, stiamo passando a quello calzante "scarponi chiodati".

Nel senso che voleranno schiaffoni o si inneggerà a Mussolini o a Hitler? No. Niente di tutto questo. Peggio.

Ci sarà il ritorno di una classe politica intoccabile e di una giustizia asservita all'esecutivo, indirizzata unicamente a colpire e reprimente con estrema efficienza la criminalità comune, tralasciando i reati dei potentati di turno.

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Ancora fandonie sul processo Trattativa nel nuovo libro di Carlo Nordio
Di Giorgio Bongiovanni e Luca Grossi       

Nino Di Matteo e Carlo Nordio, i fantasmi del palcoscenico
Di Saverio Lodato

Riforma della giustizia, Gratteri: ''Una 'tagliola' che colpirà anche processi su stupri e omicidi''

Di Matteo: ''La classe dirigente del nostro Paese vuole punire certi magistrati''
Di Giorgio Bongiovanni

Avvocati creano squilibrio in Parlamento. Tescaroli: ''Rischio caduta di democrazia''

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos