“È il palazzo dei veleni, sono stanco dell'ipocrisia”. Il presidente Balsamo gli chiede di ripensarci
Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla strage di via Pipitone, lascia, tra le polemiche e i dissidi, il 'bunkerino', il museo realizzato sei anni fa dall'Anm di Palermo nell'ufficio del Tribunale in cui lavorarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno dei pochi veri luoghi di memoria, proprio grazie all'impegno di Paparcuri, chiamato da tutti 'Papa'. Ma adesso, a sorpresa, Giovanni Paparcuri, a cui fu affidato fin dall'inizio il 'bunkerino' ha annunciato il suo addio e parla di "Palazzo dei veleni", il museo si trova al piano ammezzato del Palazzo di giustizia di Palermo dove i due magistrati lavorarono negli anni Ottanta. E' stato inaugurato il 24 maggio del 2016 e ad oggi è stato visitato da oltre 30 mila persone, venute da tutto il globo. Qui si trovano le scrivanie dei due magistrati, i loro oggetti personali, le copie di atti con le loro firme. E, soprattutto, qui venne scritto il Maxiprocesso. L'addio è stato annunciato con un post su Facebook: "Scrivo perché ho il dovere morale di spiegare alle tante persone che in questi giorni sono venute al bunkerino e deluse non mi hanno trovato il motivo per il quale non ci vado più. Scrivo perché non posso lasciare agli altri di giustificare la mia assenza. Scrivo perché i messaggi che mi arrivano sono dello stesso tenore come quello che condivido. Signori grazie dei messaggi, ma voi non dovete venire per me, ma per loro. Io non ci sarò più, ma ci tengo a precisare che non è una resa, mi costa parecchio abbandonare, ma ribadisco che non è una resa, ma devo farlo, perché sono stanco". "Sono stanco di chiedere continuamente scusa, sono stanco di leggere certe cose, stanco della tanta ipocrisia e della falsa solidarietà, stanco di difendermi, stanco delle invidie, stanco dei sospetti, stanco delle lamentele, stanco di raccontare, stanco di tutto, comunque è da parecchio che ci penso", scrive Paparcuri.
L'ufficio di Giovanni Paparcuri all'interno del 'bunkerino' (Museo Falcone - Borsellino) © Emanuele Di Stefano
"In questo luogo ci ho vissuto per 42 anni, ho conosciuto straordinarie persone, ho rischiato di morire, ho ripreso mettendo da parte le tante delusioni che ho dovuto ingoiare - ha aggiunto Giovanni Paparcuri - E mai ho detto non mi sembra l'ora che me ne vado in pensione. Il mio sogno era che da morto o poco prima di morire mi avrebbero portato lì per un ultimo saluto. Ma alla luce delle ultime vicende devo confessare che adesso lo odio e non ne voglio più sentire parlare. Era e rimarrà per sempre il palazzo dei veleni...". Dopo l’attentato che uccise Rocco Chinnici il 29 luglio 1983, in cui Paparcuri venne gravemente ferito, Giovanni Falcone lo chiamò per informatizzare le carte del maxi processo nel suo bunkerino. Falcone e Borsellino sapevano della sua passione per l'informatica e gli chiesero di aiutarli. Lo stesso Borsellino gli chiese di fare ricerche su Silvio Berlusconi prima della strage di Capacii. Così Paparcuri prese in mano il lavoro già avviato da una ditta esterna e iniziò a creare la banca dati, internalizzando il sistema. “La mia prima casa”, descriveva Paparcuri ‘il bunkerino’ tempo fa. “Qui ho passato tanti momenti intensi al fianco di Falcone - del quale a fine 2017 ritrovò un appunto in cui il magistrato faceva riferimento a Berlusconi e ai milioni della mafia - e Borsellino durante il lavoro con il pool antimafia e, oggi, continuo il lavoro con i ragazzi delle scuole. A loro vanno insegnati i veri valori della legalità, cioè essere persone oneste nella vita e rispettare sempre le regole".
L'ufficio di Giovanni Falcone all'interno del 'bunkerino' © Emanuele Di Stefano
Poi, rispondendo alle decine e decine di messaggi ricevuti, con le richieste di restare, Paparcuri replica: "Vi ringrazio per la vostra solidarietà e mi scuso se non rispondo ai messaggi e alle telefonate, ma sono di pessimo umore, comunque, ripeto fino alla noia, che non è da oggi che esistono svariati problemi, ma per amore di quei giudici sono tornato sempre sui miei passi, per ultimo l'ho fatto presente il 24 maggio (per una vicenda che racconterò in seguito), ed è da quel giorno che aspetto quanto meno una convocazione, per un chiarimento e per definire una volta per tutte i ruoli, ma anche per sentirmi dire "Giovanni hai rotto il cazzo, invece nulla'. Ho aspettato inutilmente, solo silenzio, e il silenzio dice più di mille parole". Sentito dall’AdnKronos, il presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo ha detto di essere molto dispiaciuto “che Giovanni Paparcuri abbia deciso di lasciare il 'bunkerino' di Falcone e Borsellino. Spero che ci ripensi e che non si tratti di una decisione definitiva".
"Vorrei invitarlo con tutto il cuore a riprendere la sua attività - ha detto ancora Balsamo- anche perché Paparcuri e l'allora Presidente della Corte d'appello Gioacchino Natoli hanno avuto una idea veramente straordinaria. Di tramandare alle giovani generazioni una parte importante del patrimonio ideale di questa città che è un fondamento della nostra identità collettiva". Balsamo ha anche provato a telefonare a Paparcuri ma senza riuscire a parlargli.
L'ufficio di Paolo Borsellino all'interno del 'bunkerino' © Emanuele Di Stefano
Foto di copertina © Deb Photo
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