La prima sezione della Suprema Corte ha respinto il ricorso del boss palermitano di Pagliarelli Nino Rotolo, 76 anni, contro la proroga del carcere duro disposta dal ministero dell'Interno.
Nella sentenza degli 'ermellini' si legge che "Antonino Rotolo è stato per lungo tempo capo del mandamento mafioso di Pagliarelli, il suo ruolo apicale non è mutato, il semplice decorso del tempo e lo stato di detenzione non hanno cambiato ruolo e funzione dello stesso nell'organizzazione. Rotolo non si è mai dissociato e il gruppo criminale di appartenenza è operativo e vitale, come attestato da numerosi procedimenti penali. Dalla relazione di sintesi acquisita in atti si ricava l'assenza di revisione critica e un comportamento carcerario irregolare tanto da aver condotto alla irrogazione di plurime sanzioni disciplinari".
Il boss aveva impugnato l'ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma del 18 novembre 2021, con cui veniva rigettato il suo reclamo alla proroga del regime carcerario del 41 bis. Secondo i suoi difensori "sono trascorsi sedici anni dalla prima applicazione del regime detentivo derogatorio, durante i quali nessun segnale di appartenenza è stato mai espresso dal ricorrente. A fronte della accertata modifica della realtà associativa nel territorio di riferimento, con estromissione del ricorrente da qualsivoglia collegamento criminale, il Tribunale avrebbe dovuto revocare il regime di rigore".
Tali argomentazioni non hanno convito i supremi giudici i quali hanno anche preso in considerazione la vicenda degli "scappati", ovvero il "fatto che Rotolo rimase in minoranza all'interno della consorteria mafiosa opponendosi alla decisione, poi assunta, di consentire ai componenti della famiglia Inzerillo di fare rientro in Sicilia". Ma "ha da tale episodio tratto, con logica ed adeguata motivazione, la conclusione che esso finisce con l'attestare la perdurante pericolosità sociale di Antonino Rotolo, ancora attivo e presente all'interno di Cosa nostra".
Foto © Imagoeconomica
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