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Il consigliere togato dal Csm, ex Direttore dell'Ufficio Detenuti del Dap, intervistato dal TG1

La mafia ha sempre comandato dal carcere sin dai tempi di Buscetta del gran hotel Ucciardone. Il problema è che continua a comandare: molte volte si insinua nelle carenze dello Stato, nelle maglie larghe dell’ergastolo, nei difetti d’organizzazione”. A dirlo è il consigliere togato del Csm Sebastiano Ardita,  intervistato da Maria Grazia Mazzola per il TG1. Ardita, per nove anni direttore dell’Ufficio Detenuti del Dap, ha di recente scritto un libro proprio sulle carceri e su come le organizzazioni mafiose riescano ad attraversare le patrie galere per ricevere e impartire ordini. “Al di sopra della legge” (ed. Solferino), questo il titolo del volume. Il magistrato, nell’intervista, ha ricordato che “quest’anno sono stati rinvenuti quasi mille telefonini in carcere, mentre dieci anni prima i numeri erano molto più bassi. Questo - ha spiegato - significa che si può anche comandare dall’interno e colpire l’esterno”. In seguito, alla domanda se un mafioso possa ravvedersi, Ardita ha risposto che “le persone cambiano e anche i mafiosi possono cambiare anche a prescindere dalla collaborazione. Il problema è che lo Stato non può consentire che qualcuno abbia dei benefici assumendo di essere cambiato e poi continui a operare in contesti mafiosi, mettendo così in repentaglio la vita di persone innocenti”.

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