I permessi sono stati emanati in assenza del vice capo Roberto Tartaglia
Il neo direttore del Dap, Carlo Renoldi ha permesso a una delegazione di non parlamentari, guidati da Rita Bernardini, presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, di incontrare i boss detenuti in due carceri: grazie ad un foglio firmato da Ranoldi la delegazione radicale ha potuto incontrare i detenuti mafiosi durante le visite del 7 e 10 maggio nelle carceri di Sassari e Nuoro. A Sassari ci sono, tra gli altri, il boss stragista Leoluca Bagarella e il boss camorrista del clan dei Casalesi, Michele Zagaria; il boss della ‘Ndrangheta Domenico Gallico. A Nuoro ci sono, tra gli altri, Francesco Guttadauro, figlio del boss e medico, Giuseppe e nipote del capomafia latitante Matteo Messina Denaro; il camorrista Edoardo Contini. Fino a maggio scorso, il foglio di autorizzazione rilasciato dal Dap impediva la visita ai 41 bis. Con l’arrivo di Renoldi è stato creato un pericoloso precedente.
La notizia, riportata dal 'Fatto Quotidiano' in un articolo a firma di Antonella Mascali, ha da subito sollevato un polverone: "La visita dell'associazione 'Nessuno tocchi Caino' guidata da Rita Bernardini deve essere chiarita in Parlamento. E non è la prima volta che gli si permette libero accesso a detenuti al 41bis, tra i quali Zagaria e Bagarella. Chiederemo spiegazioni al capo del Dap Renoldi sul perché abbia concesso questo permesso ad un'associazione privata e su quali basi". Così hanno affermato i parlamentari della commissione antimafia.
La posizione sul regime carcerario del 41 - bis di Carlo Renoldi, nominato a marzo di quest'anno Direttore del Dap, era nota: secondo lui chi si oppone all'abolizione del regime carcerario voluto da Giovanni Falcone fa parte di "alcuni ambienti dell’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri che vengono ricordati esclusivamente per il sangue versato e per la necessaria esemplarità della reazione contro un nemico irriducibile". Inoltre Renoldi aveva indicato alcune parti di tale “Antimafia” come esempio di ‘ottuso giustizialismo’ bollando ancora la costante invocazione da più parti del rispetto del principio di certezza della pena come esplicativa di un ‘vecchio retribuzionismo da talk show’.
Il permesso del capo del Dap arriva dopo i fatti avvenuti nel carcere di Torino il 4 luglio: un agente di polizia penitenziaria era stato colpito con un pugno in faccia da un detenuto in regime di 41 bis. L'agente ferito era stato poi trasportato all'ospedale Maria Vittoria dove gli sono stati applicati punti di sutura al sopracciglio sinistro e gli è stato diagnosticato un trauma cranico, con prognosi di 10 giorni.
"Il problema - ha commentato Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp - è divenuto serio e incontrollato, i detenuti hanno probabilmente percepito una grande frattura nel sistema e hanno capito che gli agenti, all'interno dell'istituto, non hanno difese né tutele in nessuna condizione. Troppi messaggi contradditori generano 'caos' e delegittimazione del personale di Polizia Penitenziaria che sembrerebbe essere 'umiliato' per l'assenza di provvedimenti concreti verso i detenuti".
L'ex vice capo Dap, Roberto Tartaglia
Il 'buco' nel 41-bis
Bernardini, si legge sempre sul 'Fatto' aveva scritto al Dap una mail il 2 maggio in cui chiedeva di poter visitare i penitenziari di Sassari e Nuoro, ma senza spiegare le ragioni, in aggiunta alle carceri con soli detenuti comuni o all’alta sicurezza di Cagliari, Oristano e Tempio Pausania.
Il permesso era stato accordato anche ai coniugi Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, rispettivamente segretario e tesoriere di “Nessuno tocchi Caino” e ad altri componenti della stessa associazione. Zamparutti è anche rappresentante per l’Italia del comitato europeo per la prevenzione della tortura.
Nel documento non era presente la solita dicitura “a esclusione della sezione 41 bis”, quindi il direttore, in questo caso, non ha fissato le modalità delle visite, così come si è sempre fatto in base all’ordinamento penitenziario (articolo 117), secondo il quale persone diverse da quelle che non hanno bisogno di autorizzazione (indicate dall’articolo 67) possono entrare nelle carceri con le modalità fissate dal permesso ricevuto.
Ma di cosa si è parlato?
Al Fatto risulta che durante gli incontri si sia parlato della riforma dell’ergastolo ostativo. Una vera e propria manna per i mafiosi ergastolani dal momento che possono aspirare ai permessi premio dal 2019. Inoltre da parte di alcuni dei detenuti mafiosi ci sono state anche lamentele per mancata assistenza sanitaria. "Tutte le richieste dei boss in carcere - si legge - sono state annotate dalla delegazione, che a sua volta ha invitato i detenuti mafiosi a iscriversi all’associazione 'Nessuno tocchi Caino'".
Curiose coincidenze
La concessione all’associazione è stata fatta in assenza dell’allora vice capo Dap, Roberto Tartaglia, che si trovava fuori sede. Tartaglia, tra i pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, raccontano dal Dap, non ha preso affatto bene la decisione.
Il magistrato, ora passato all’ufficio del Dalg, è stato sostituito da un alto funzionario scelto dalla ministra Cartabia: Carmelo Cantone, fino a giugno Provveditore regionale per il Lazio, Abruzzo e Molise, da oltre 25 anni al Dap, in perfetta linea con Renoldi. Infine due settimane fa, il 21 giugno, Renoldi aveva incontrato in ufficio Bernardini, D’Elia e Zamparutti. Il giorno stesso dei saluti di Tartaglia al Dap.
Fonte: ilfattoquotidiano.it
Foto © Imagoeconomica
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