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Protesta cronisti davanti tribunale: no al bavaglio

È iniziata oggi la prima udienza del processo per il crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone. Sono 59 le persone imputate, tra ex vertici e tecnici di Autostrade e Spea (la società che si occupava di manutenzioni e ispezioni), attuali ed ex dirigenti del ministero delle Infrastrutture e funzionari del Provveditorato. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d'atti d'ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Per l'accusa: la strage è figlia della mancanza di manutenzione e controlli, disincentivati (quando non addirittura falsificati) per posticipare gli investimenti. Una tesi sostenuta da una perizia effettuata in regime di incidente probatorio, secondo cui il viadotto sarebbe crollato per il cedimento di un tirante, i cui cavi erano corrosi.
Aspi e Spea sono uscite dal processo patteggiando circa 30 milioni. Lasciando di fatto al loro destino gli imputati, tra cui figura l’ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci. Le richieste di costituzione di parte civile presentate dal 'Comitato zona arancione' al processo per il crollo sono ben 180: "Abbiamo due tipologie di danneggiati - ha spiegato l'avvocato Andrea Mortara - aziende e privati. Per quando riguarda le aziende si tratta di piccoli e medi imprenditori che hanno subito un drastico calo di fatturato e in alcuni casi aziende che hanno dovuto chiudere. Una situazione particolare è quella dei soggetti privati su cui lanciamo una sfida, vale a dire far entrare nel processo coloro che hanno subito un danno nella loro vita di relazione, perché hanno passato per mesi ore nel traffico o perché non potevano andare a trovare i loro famigliari a causa dell'isolamento".
Oltre alle parti civili presentate dal 'Comitato zona arancione' c'è ne sono anche 300 in totale che proveranno a costituirsi stamani, oltre alle 330 già ammesse.
"Era giusto che partecipassi anche io, sono rimasto lontano da questa vicenda ultimamente per motivi miei però mi sentivo in dovere di essere qui oggi". Così ha detto Gianluca Ardini, uno dei superstiti della tragedia. Era rimasto appeso per quattro ore al suo furgone in bilico sul ponte. "Sono venuto qui per stare accanto ai parenti delle vittime" ha spiegato.
Il giudice Paolo Lepri ha rinviato al prossimo 12 settembre l'udienza.

Possetti: "Tanti processi finiti male ma speriamo"
"Iniziamo questo processo con tanta speranza nella giustizia ma allo stesso con preoccupazione, perché purtroppo c'è una lunga storia di processi in Italia che non sono andati poi a buon fine". Lo ha detto Egle Possetti, del Comitato dei parenti delle vittime del Ponte Morandi a margine della prima udienza del processo iniziato oggi a Genova. "Questo processo è anche l'ultima chance che abbiamo - ha aggiunto Possetti - perché una vicenda come questa, con degli elementi diciamo così impattanti che sono stati reperiti, se non porterà a nulla, se non porterà un po' di giustizia dirà che non abbiamo più possibilità come Paese". "Secondo noi la procura ha fatto un grande lavoro, non abbiamo mai dubitato del lavoro della procura e degli inquirenti, mai. Purtroppo i processi sono lunghi, i gradi sono tre, e noi speriamo che alla fine con questi elementi di prova così impattanti ci possa essere giustizia. Non sarà mai giustizia completa, le nostre famiglie non torneranno mai, ma speriamo che possa essere data loro un po' di dignità".

Via libera a spostamento reperti
Via libera al trasferimento dei reperti del ponte Morandi di Genova, che saranno spostati dall'attuale collocazione per permettere la costruzione del memoriale per le vittime del 14 agosto 2018. Il via libera è arrivato nel corso dell'udienza di questa mattina in tribunale a Genova, che ha aperto il processo sul disastro. Le parti conservate saranno trasferite a partire da settembre in un capannone del quartiere di Trasta a Genova e le spese di spostamento saranno a carico di Aspi.

Le richieste della difesa
C'è una perizia effettuata in regime di incidente probatorio, secondo cui il viadotto sarebbe crollato per il cedimento di un tirante, i cui cavi erano corrosi.
La difesa chiede l’annullamento di quella relazione e propone una tesi alternativa, il cosiddetto vizio occulto: sarebbe stato fatale un errore di costruzione che indeboliva i cavi proprio nel punto di rottura.
Secondo i legali la tara originaria sarebbe stata ignota ad Aspi e renderebbe trascurabili le innegabili negligenze nella manutenzione e la fortissima compressione dei costi imposta dalla società dei Benetton dopo la privatizzazione.
Tuttavia secondo i pm e il Primo Gruppo Guardia di Finanza, coordinato dal colonnello Ivan Bixio, questa versione è smentita da una lunga serie di prove.
Il Ponte Morandi era già stato segnalato in un documento di rischio societario passato nel 2013 per le mani di tutto il consiglio d’amministrazione di Atlantia. Era l’unico tra i migliaia di viadotti italiani a essere citato perché “a rischio crollo per ritardate manutenzioni”. Il rischio di crollo ogni anno veniva valutato “basso”, sulla base dell’assenza di segnalazioni dai sensori. Sensori, che nel caso del ponte Morandi, erano stati tranciati durante alcune lavorazioni. Ma nessuno dentro la società aveva mai pensato di sostituirli.

Protesta cronisti davanti tribunale: no al bavaglio
Ci sono state delle proteste dei giornalisti davanti al tribunale di Genova in occasione della prima. Sia l'ordine che il sindacato di categoria hanno contestato l'ordinanza del tribunale che vieta le riprese audiovisive di tutte le udienze successive alla prima. All'iniziativa ha partecipato anche il presidente dell'ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli: "E' un caso eclatante e clamoroso, perché non siamo di fronte a un processo che parla di fatti intimi, ma di responsabilità pubbliche per un evento che ha scosso non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo - ha detto - Non è accettabile che venga oscurato un processo per un fatto di questo genere. Sarebbe un precedente inquietante". A protestare accanto ai giornalisti, anche Alberto Pallotti, presidente dell'AUFV, Associazioni unitaria familiari e vittime della strada (che accorpa tre associazioni: Associazione familiari vittime della strada, Associazione Unitaria Familiari e Vittime dell'AMCVS e l'associazione Mamme Coraggio e vittime della strada ODV): "È vergognoso che non ci abbiano ammesso alla tensostruttura, ma ci facciano seguire da uno schermo in aula magna - ha detto - Si prende un'aula più grande e si fa assistere la gente, perché questo si chiama rispetto. I processi vengono amministrati in nome del popolo: il popolo deve assistere. Qui finirà come la strage di Viareggio: prescritta".

Foto © Imagoeconomica

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