Arrestati nell’ambito dell’operazione “Ombre Rosse”, la Corte d’Appello di Parigi respinge le richieste di Roma
La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha negato l’estradizione richiesta dall’Italia per i 10 ex terroristi rossi arrestati nell’ambito dell’operazione “Ombre rosse” nell’aprile 2021.
La decisione - come spiega il presidente della Corte d’Appello - si basa sul rispetto della vita privata oltre che familiare e sul rispetto del giudizio di contumacia, previsto dagli articoli 8 e 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Forte è l’indignazione di Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi vittima degli anni di piombo, accettando con rammarico la decisione della Corte d’Appello parigina, ha dichiarato: “Oggi forse gli ex terroristi festeggeranno per averla scampata per sempre, ma auguro loro di sentire anche il bisogno di fare i conti con le loro responsabilità e il coraggio di contribuire alla verità”.
Anche se i dettagli che accompagnano le motivazioni si conosceranno solo nei prossimi giorni, non sono mancate le critiche espresse anche dal comparto politico italiano.
Difatti, anche la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha commentato con prudenza istituzionale il suo rammarico: “Rispetto le decisioni della magistratura francese che agisce in piena indipendenza. Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall'intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia”.
Alle parole della Ministra Cartabia seguono anche quelle di Giorgia Meloni che, apostrofando come “inaccettabile e vergognosa” la decisione della Corte d’Appello di Parigi, invita il governo Draghi ad attivarsi prontamente per restituire verità e giustizia sia alle vittime che ai loro familiari.
All’interno del tribunale parigino, durante la lettura della sentenza, un gruppo di italiani guidato dal deputato della Lega Daniele Belotti, ha fatto sentire la propria voce al grido di “Assassini”. Nel gruppo, presente davanti al tribunale prima dell’udienza con uno striscione in segno di protesta, anche Giorgio Gori, il primo cittadino di Telgate, il comune in provincia di Bergamo di cui è originario Narciso Manenti, l’ex terrorista condannato per l’omicidio del carabiniere Giuseppe Gurrieri, assassinato il 13 marzo del 1979 davanti al figlio di soli 11 anni.
Irène Terrel, storico difensore di molti ex terroristi rossi che si sono rifugiati in territorio francese, in un'intervista con Adnkronos, commenta l'incontro tra il Ministro della Giustizia Marta Cartabia e il suo omologo francese Eric Dupond-Moretti: “Non capisco come in Italia non si riesca, come è successo in altre questioni storiche, a concedere l'amnistia per delle vicende vecchie di oltre 40 anni. E' incomprensibile. Ci vuole una pacificazione, servono misure di amnistia”.
Se l'avvocato Terrel invoca l’amnistia, l'ex brigatista mai pentito Francesco Piccioni, anche lui intervistato dai microfoni di Adnkronos, parla di “Una prova di forza da parte di uno Stato che non sa fare lo Stato”.
Secondo l'ex Br, "Gli Stati seri che vogliono chiudere una pagina della loro storia, fanno come è stato fatto dopo ogni conflitto e ogni guerra, fanno le fucilazioni oppure le amnistie". Continuando la sua intervista, Piccioni, esprime le sue considerazioni sull’impossibilità di eventuali amnistie future: “Di queste cose ho discusso con Cossiga e Forlani oltre vent’anni fa e in maniera molto più seria, perché quelli contro cui abbiamo combattuto, i Forlani, gli Andreotti, i Cossiga, erano degli statisti. Certo, anche loro non sono riusciti a prendere una decisione, però almeno si erano posti il problema. Oggi mi sembra che non ci si ponga nemmeno più questo tipo di questioni".
Fatta eccezione per il fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, condannato in Italia a 22 anni di carcere per aver partecipato come mandante all’omicidio Calabresi e assente all’udienza per problemi di salute, ad ascoltare la decisione della Corte d’Appello di Parigi c’erano tutti gli altri ex terroristi.
Infatti, in aula, erano presenti gli altri nove: Enzo Calvitti, 67 anni, ex psicoterapeuta oggi in pensione ed ex Br condannato in contumacia a 18 anni di carcere per associazione a scopi terroristici e banda armata. Narciso Manetti, 64 anni, arredatore e gestore di una società di comunicazione; ex membro dei “Nuclei armati per il contropotere territoriale”, fu condannato nel 1983 all'ergastolo per l'omicidio dell'appuntato Gurrieri. Giovanni Alimonti, uomo delle Brigate Rosse. E' stato condannato nel 1992 a 19 anni di carcere per il tentato omicidio del poliziotto Nicola Simone. Roberta Cappelli, 66 anni, è stata condannata all'ergastolo per tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, ucciso l'ultimo dell'anno del 1980, dell'agente di polizia Michele Granato (9 settembre 1979) e del vice questore Sebastiano Vinci (19 giugno 1981). Marina Petrella, 67 anni, ex Br come la Cappelli, condannata come lei per l'omicidio del generale Galvaligi, del sequestro del giudice Giovanni D'Urso, avvenuto a Roma il 12 dicembre del 1980, e dell'assessore regionale della Democrazia Cristiana Ciro Cirillo, avvenuto a Torre del Greco il 27 aprile del 1981 e nel quale furono uccisi due membri della scorta, per l'attentato al vice questore Nicola Simone (insieme a Cappelli e Alimonti). Sergio Tornaghi, 63 anni, anche lui condannato all'ergastolo, fra l'altro per l'omicidio di Renato Briano, direttore generale della “Ercole Marelli”. Maurizio Di Marzio, 60 anni, sfuggito alla retata dell'aprile 2021 e arrestato in seguito. Dovrebbe scontare in Italia un residuo di pena a 5 anni e 9 mesi di carcere per banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina. Raffaele Ventura, 70 anni, ex Formazioni Comuniste Combattenti, dovrebbe scontare 20 anni di carcere in Italia dopo essere stato condannato per concorso morale nell'omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, avvenuto il 14 maggio 1977. Luigi Bergamin, 72 anni, ex militante dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), deve scontare una pena a 16 anni e 11 mesi di reclusione come ideatore dell'omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Cesare Battisti.
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