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Le accuse, anche se non sufficienti per la condanna, sono bastate nel processo di confisca dei beni

Ennesimo colpo di scena nella vicenda processuale di Giuseppe Ferdico, il 're dei detersivi', ex titolare del gruppo di supermercati e di un centro commerciale di Carini (Palermo), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ferdico si è sempre definito una vittima, costretto a pagare il pizzo, anche sotto forma di assunzioni, per evitare guai. L'imprenditore, a cui sono stati confiscati beni per 100 milioni, era stato assolto in primo grado ma la Procura aveva fatto ricorso. La sentenza era stata ribaltata in Appello e su richiesta del sostituto procuratore generale Umberto De Giglio era arrivata la pesante condanna di 9 anni e 4 mesi.
La Cassazione in seguito aveva annullato la sentenza con rinvio, oggi l'assoluzione, decisa dal collegio presieduto da Antonio Napoli,  dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
La storia giudiziaria di Federico è stata lunga e complessa: dopo tre richieste di archiviazione, una imputazione coatta, un’assoluzione in primo grado, una condanna in appello e un annullamento con rinvio passa la linea difensiva degli avvocati Roberto Tricoli, Luigi Miceli e Vincenzo Maiello. “Il fatto non sussiste”, aveva scritto il giudice per l’udienza preliminare Riccardo Ricciardi nel 2014. Il pubblico ministero aveva invocato la condanna dopo che per tre volte la stessa Procura aveva chiesto l’archiviazione, sostenendo non ci fossero gli elementi per mandarlo a giudizio.
Parallelamente al processo penale a carico dell'imputato si è svolto il procedimento di prevenzione che ha portato alla confisca del patrimonio. Per il tribunale c'erano indizi che Ferdico fosse mafioso e che avesse riciclato denaro di Cosa nostra. "All'ascesa imprenditoriale di Ferdico - avevano i magistrati - risulta associata la costante capacità di meritare la fiducia di numerosi esponenti di spicco della consorteria tanto da inserirsi a pieno titolo tra i riciclatori del denaro di una delle famiglie mafiose più radicate nel tessuto economico della città come quella dell'Acquasanta". Il patrimonio di Ferdico è passato per sempre allo Stato dopo la confisca definitiva: un elenco di beni che vale 100 milioni di euro. Le accuse non sono bastate a fare condannare l’imprenditore, ma sono state ritenute valide nel processo di prevenzione. L’intero impianto contabile dal 2000 al 2010 era stato descritto come “fortemente viziato da irregolarità, anomalie, falsità che fanno molto ragionevolmente credere nell’esistenza di una contabilità parallela”.

La scalata dell'imprenditore
Gli elementi che avevano destato sospetti verso l'imprenditore non erano pochi: alcuni collaboratori di giustizia, dopo le prime richieste di archiviazione avevano messo a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire.
Nel novembre del 2011 il collaboratore di giustizia Francesco Onorato, un tempo affiliato alla famiglia mafiosa di Partanna Mondello, aveva ricostruito i rapporti di Benedetto Marciante, mafioso di Resuttana, con i clan Galatolo e Madonia.
"In questa attività erano investiti i soldi dei Madonia e dei Galatolo”, aveva detto. Per la commercializzazione, Marciante si sarebbe avvalso di diversi imprenditori, “tra i quali ricordo un certo Ferdico”, aveva dichiarato Onorato, aggiungendo di avere saputo che dietro le attività del padre di Ferdico c’erano i soldi dei mafiosi di Santa Maria del Gesù. L’ultimo collaboratore ad essere interrogato era stato Marco Favaloro, un tempo uomo di fiducia dei Galatolo e dei Madonia. Su di lui i pentiti Angelo Fontana e Francesco Onorato non avevano avuto dubbi: “Ha rapporti stretti con Ferdico”.  Il nome del 're dei detersivi' era comparso pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Inoltre gli inquirenti aveva indagato sui rapporti tra l'imprenditore e Angelo Galatolo. Nel corso di una perquisizione in casa del mafioso dell’Acquasanta, nel 2010, erano stati trovati dei documenti: appunti in cui veniva descritto il giro d’affari di Ferdico nel 2009 e una quindicina di fatture per 200 milioni che l’imprenditore aveva pagato nel 2003 e 2004 alla Shoppers & Paper. Si trattava della ditta di Galatolo che vendeva sacchetti di plastica e carta da imballaggio.

Foto © Emanuele Di Stefano

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