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Torna in Commissione al Csm il fascicolo su Giuseppe Perri e Pietro Scuteri (ora in servizio presso la sezione civile della Corte d’Appello del capoluogo calabrese) che avevano partecipato, secondo quanto emerge da alcune intercettazioni, a una cena per "soli uomini" a casa dell'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, indagato prima e attualmente imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel maxiprocesso "Rinascita Scott". È stato lo stesso relatore della proposta di archiviazione, il laico del M5s Alberto Maria Benedetti, a sollecitare il ritorno in Commissione per consentire ulteriori approfondimenti. La decisione è passata infine a larga maggioranza con 18 voti favorevoli, tre contrari (tra cui quello del consigliere togato Nino Di Matteo) e l'astensione del Pg della Cassazione Giovanni Salvi, mentre il laico di Forza Italia Michele Cerabona non ha partecipato al voto.
La Prima Commissione aveva formulato una proposta di archiviazione ma si era letteralmente spaccata: solo due i voti favorevoli, due astensioni e il voto contrario del magistrato Di Matteo.
La procedura era stata aperta contestando ai due magistrati i "rapporti di non distaccata frequentazione con Pittelli", durante i quali si sarebbero occupati di procedimenti patrocinati dall'avvocato. Rapporti di cui sono venuti a conoscenza magistrati e avvocati che hanno seguito il procedimento 'Rinascita Scott' (la cena era stata intercettata con un trojan nel cellulare di Pittelli), e che per questo sarebbero potenzialmente in grado di compromettere la possibilità per i due giudici di svolgere , "in maniera serena, indipendente ed imparziale, anche sul piano della percezione esterna e della necessaria credibilità", le loro funzioni nel settore penale della Corte d'appello di Catanzaro, "nel quale patrocinano i colleghi di studio dell'avvocato Pittelli ed al quale, con ogni probabilità, confluirà il processo Rinascita Scott". Ascoltati dalla Commissione tutti e due i giudici hanno escluso di aver avuto, al di là di quella cena, rapporti di frequentazione con Pittelli, che oltretutto all'epoca non sapevano fosse indagato. E soprattutto hanno sostenuto che quella vicenda non ha avuto alcuna ripercussione nell'ambiente giudiziario né in quello forense. Nino Di Matteo, motivando il suo voto contrario al ritorno in commissione, ha detto che il plenum era in possesso di "tutti gli elementi per respingere la richiesta di archiviazione" e che il ritorno in commissione, in termini di costi, costituirebbe un aggravante della procedura e "una involontaria perdita di tempo".  L'avvocato Pittelli, ha continuato Di Matteo, non "era uno sconosciuto e non era sconosciuto il fatto" che si "indagava sul suo ruolo come cerniera tra le 'ndrine e la massoneria". Il consigliere togato infatti ha precisato che esistono "elementi di contesto, che caratterizzano questa vicenda e che impongono il trasferimento dei due colleghi, in uffici diversi da quelli del distretto di Catanzaro". Elementi certamente di peso, ma non considerati dalla maggioranza, come "la peculiarità dell'attività della 'Ndrangheta nel catanzarese", i "rapporti stretti tra le 'ndrine del luogo e la massoneria" e la "possibilità che uno stesso soggetto appartenga ad entrambe le associazioni, come regola per moltiplicare il potere di influenza sulla politica, sulla pubblica amministrazione e sugli apparati giudiziari, anche per condizionare l'esito dei processi. Il secondo dato di fatto è legato alle dimensioni e all'importanza del processo 'Rinascita Scott' nel quale l'avvocato Pittelli è imputato e considerato anche a livello mediatico, come il primo maxiprocesso paragonabile al primo maxiprocesso degli anni '80 a Palermo".
A favore del ritorno in Commissione ha votato anche chi riteneva, come il togato di Area Giuseppe Cascini, che vi fossero già tutti gli elementi per procedere al trasferimento d'ufficio per incompatibilità dei due magistrati.

Foto © Imagoeconomica

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