Ieri alla Camera c'è stato il primo via libera alla riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm, con 328 voti favorevoli, 41 contrari e 25 astenuti. Una riforma, aveva spiegato il consigliere togato Nino Di Matteo, diretta non ad “incidere sui grandi mali della giustizia ma a ridimensionare il ruolo del magistrato e renderlo servente nei confronti degli altri poteri dello Stato”. L’impianto normativo presentato nel testo risponde ad “una voglia di vendetta nei confronti di quella parte della magistratura che è stata capace di portare a processo la politica, la grande finanza, le grandi deviazioni dello Stato”. Il testo, infatti, incarna perfettamente quello spirito 'gattopardesco' dominante in Aula. Lo dimostra l'approvazione del 'nuovo' sistema di elezione per i componenti togati del Csm, aumentati da 24 a 30, e che di fatto, anziché eliminare il peso delle correnti, lo amplifica. Poco importa che siano stati ridotti i tempi per l'accesso in magistratura se coloro che riescono ad accedervi, rischieranno di finire inglobati dentro il sistema correntizio. A poco servirà anche il provvedimento adottato sulle cosiddette 'porte girevoli': come previsto dal testo i magistrati non potranno tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale dopo un mandato elettivo. La cantilena su questo punto è stata particolarmente sentita alla Camera. Gli onorevoli hanno lamentato un 'evidente conflitto di interessi' per il magistrato che si impegna in politica poiché, a dir loro, agli occhi dei cittadini 'non apparirebbe più autonomo e indipendente'. Tuttavia non è mai stata affrontata una questione: in Parlamento i magistrati presenti sono ad oggi tre a fronte di 132 avvocati che al mattino difendono il loro cliente e al pomeriggio legiferano, occupando anche ruoli rilevanti all'interno delle commissioni giustizia.
Di Matteo aveva già parlato di questo. “È inaccettabile che si faccia finta di ignorare un potenziale conflitto di interessi - aveva affermato il magistrato - L’avvocato che fa il parlamentare deve smettere di esercitare, almeno per la durata del suo mandato, per evitare che contribuisca a formare le leggi chi poi da quelle leggi deve difendere il suo assistito in tribunale”. I punti sopra citati sono quindi del tutto inutili ai fini del cambiamento. Ma c'è ne sono altri, sempre approvati dalla camera, che sono dannosi.
In primis la norma sul fascicolo del rendimento del magistrato e quella sulla partecipazione degli avvocati ai pareri sulla professionalità dei giudici. Norme che provocheranno una ulteriore burocratizzazione della magistratura e una fortissima gerarchizzazione all’interno degli uffici. Nel pratico, aveva spiegato Di Matteo, “i magistrati saranno più attenti ai numeri, alle statistiche, al gradimento degli avvocati piuttosto che a rendere giustizia. E dunque non affronteranno inchieste complesse, diventeranno sempre più impauriti e più soggetti a interferenze esterne”.
In soldoni, la Camera invece di restituire al pm la sua indipendenza ha fatto esattamente il contrario.
Il testo prevede anche un solo passaggio di funzione tra requirenti e giudicanti. Una camuffata separazione delle carriere, storica bandiera di Forza Italia, e approvata "in un momento in cui al governo non c’è solo il centrodestra, ma una coalizione che arriva fino al Pd e ai 5Stelle, partiti e movimenti che avevano fatto del contrasto a questo tipo di riforme un loro cavallo di battaglia politica”.
I pm e giudici, come previsto dal testo di riforma, dovranno scegliere entro i primi 10 anni di carriera la funzione, a meno che il passaggio sia dal penale al civile e viceversa. Per il consigliere togato Sebastiano Ardita questo sistema provocherà dei danni nel lungo periodo. Danni che "si vedranno quando si sarà formata una generazione di pm lontani, per statuto, dalla cultura della giurisdizione. Sembrerà strano, ma è così: i giudici più garantisti sono quelli che hanno fatto il pubblico ministero". Inoltre, ha ribadito, sussiste la concreta possibilità che "un pm allontanato per legge dalla giurisdizione si può prestare" anche a diventare asservito al governo di turno.
Il Parlamento, in sostanza, ha continuato a nascondere la sua responsabilità dietro l'inefficienza programmata della giustizia. È una storia che parte da lontano: nel 2006 era stata introdotta una gerarchizzazione estrema delle procure quando Castelli, Mastella, Berlusconi e tutto l'establishment, avevano introdotto una riforma che faceva del Procuratore della repubblica il capo esclusivo dell'azione penale e il padrone assoluto della procura della repubblica. "Ciò significa - aveva spiegato l'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato - che basta la scelta di una persona per condizionare la politica giudiziaria di Palermo, di Milano o di Roma".
E l'errore si è ripetuto: la Camera ha attribuito, con l'approvazione dell'articolo 13, maggiori poteri al Procuratore della Repubblica nell'organizzazione del suo ufficio. Il Procuratore, si prevede nel testo, dovrà predisporre un 'progetto organizzativo del proprio ufficio' con 'le misure organizzative finalizzate a garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità'. Tali criteri di priorità verranno indicati appunto dal Parlamento. Un ulteriore schiaffo alla Costituzione, già segnalato da Di Matteo: “Un attacco al principio di obbligatorietà all’azione penale e al principio fondamentale di separazione dei poteri”.
Ora non resta che attendere che la proposta di legge venga esaminata dal senato.
Nel nostro Paese ce ne sono di cose assurde. E una di queste è il fatto che il testo di riforma è stato approvato da una classe politica che pretende di 'ridare credibilità alla magistratura', senza accorgersi che il Parlamento è orfano ormai da decenni della fiducia popolare.
Fiducia a più riprese tradita e svenduta. Soprattutto da quel Movimento 5 Stelle, ormai amalgamato perfettamente con il 'sistema' di potere.

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Riforma del Csm, Di Matteo: ''È il segnale di un vero e proprio regolamento di conti''
di Giorgio Bongiovanni

Ergastolo ostativo, approvata la legge ''inganno'' per i mafiosi
di Giorgio Bongiovanni

Di Matteo: ''Riforma renderà il magistrato servente ai poteri dello Stato''

Sebastiano Ardita: ''La riforma cambia tutto per cambiare in peggio''

Di Matteo: ''Guardando certe riforme ho il timore che si realizzi il papello di Riina''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos