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Giustizia ingiusta. Potrebbe definirsi così la decisione del giudice del Tribunale di Palermo, Andrea Illuminati, che lo scorso primo aprile ha dato ragione al ministero dell’Interno, nella negazione alle sorelle Maria Rosa e Savina Pilliu lo status (e il risarcimento) di vittime di mafia, deciso nel 2019.
La storia delle due donne è nota ed è stata raccontata negli ultimi anni con costanza da Pif e Marco Lillo nel libro "Io posso. Due donne sole contro la mafia". E nei giorni scorsi Marco Lillo, su Il Fatto Quotidiano, è tornato a parlarne.
Una storia di resistenza che dal 1990 le vede protagoniste contro il sopruso di un costruttore, Pietro Lo Sicco, vicino a Cosa nostra.
Quest'ultimo, aveva costruito un palazzo di fronte al parco della Favorita dichiarandosi proprietario anche delle proprietà della famiglia Pilliu. Per non parlare dei danni fatti contro l'abitazione.
Per la vicenda le due sorelle hanno più volte vinto in tribunale e Lo Sicco, anche grazie alle denunce delle due donne, è stato anche condannato per falso e corruzione e poi in un secondo processo per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il palazzo viene dichiarato abusivo dai giudici amministrativi, nonostante il costruttore (quando era incensurato) era difeso da un principe del foro come il futuro presidente del Senato, Renato Schifani.
Per non parlare delle sentenze in sede civile in cui si ordina di fare arretrare il palazzo in quanto troppo vicino alle loro casette, o ancora la sentenza del 2019 con cui la corte d'Appello ha riconosciuto alle sorelle Pilliu un risarcimento danni di 750 mila euro circa più interessi.
Il problema sorge nel momento in cui la società del costruttore è stata confiscata dallo Stato.
L'agenzia dei beni confiscati non paga. E anche il ministero degli Interni dice no alla richiesta delle due sorelle, nonostante la dimostrazione del loro essere state vittime del sistema mafioso.
Ma al peggio non c'è mai fine e così nel 2020 ecco che l’Agenzia delle Entrate ha persino chiesto alle due donne il 3 per cento del risarcimento mai incassato. Una legge prevede che chi vince una causa debba pagare l’imposta di registro sul risarcimento teorico anche se non ha incassato nulla.
Adesso questa nuova pronuncia del Tribunale di Palermo che nella sentenza scrive: "Ad avviso del Tribunale difetta il nesso causale tra il fatto di danno che ha dato titolo al risarcimento (…) e la consumazione del delitto di associazione mafiosa accertato in sede penale a carico di Sig. Lo Sicco Pietro”.
Per il giudice “la condanna al risarcimento dei danni è stata conseguita dalle attrici nei confronti della Lopedil Costruzioni Srl e, dunque, di soggetto diverso rispetto a quello a carico del quale è stata pronunciata la condanna (…) stante l’autonomia che connota la Società (quale autonomo soggetto giuridico) rispetto a colui che la amministra e la rappresenta”.
In parole povere, spiega Lillo, i danni alle due sorelle li ha fatti la società e non il condannato. E comunque “il risarcimento liquidato in favore delle attrici dalla più volte citata sentenza nr. 416/2018 della Corte di appello di Palermo si correla, infatti, esclusivamente ai danni connessi alle opere di demolizione e di edificazione poste in essere dalla società del Lo Sicco e che hanno causato il crollo della palazzina delle Sig.re Pilliu (…) è risultato del tutto indimostrato l’asserito ‘legame indissolubile’ tra il crollo della palazzina delle Pilliu e il reato di cui all’art. 416 bis c.p., per il quale il legale rappresentante della Lopedil Costruzioni Srl è stato condannato in sede penale”.
Infine il "colpo di grazia". Savina Pilliu (rimasta sola dopo la morte della sorella) dovrà pagare anche le spese legali, pari a circa 10mila euro. Dopo il danno una beffa che non sembra aver mai fine.

Foto © Imagoeconomica

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