Giunte le condanne definitive per i due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale
Ora lo possiamo dire: “Stefano Cucchi è stato ucciso di botte”. Con le parole di Ilaria Cucchi, sorella del giovane romano ucciso dalle percosse ricevute nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 nella caserma Casilina dopo essere stato fermato per stupefacenti, si è conclusa questa lunga giornata indelebile per questa tragica storia. Stefano Cucchi morì sette giorni dopo per le ferite riportate.
Oggi è giunta la sentenza della Cassazione per i quattro carabinieri imputati nel processo nato dall'inchiesta bis che ha fatto luce sul pestaggio.
Pena ridotta a 12 anni di carcere per i due uomini dell’Arma Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro ritenuti colpevoli dell'omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi. La condanna arriva dopo sei ore di Camera di Consiglio. L'appello aveva condannato i due a 13 anni di carcere. Rinviate in appello le posizioni degli altri due carabinieri accusati di falso, il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, già condannati in appello rispettivamente a 4 anni e a due anni e sei mesi.
"A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull'omicidio di Stefano - ha commentato Ilaria Cucchi dopo la sentenza della Cassazione -. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l'hanno portato via”.
Tra pochi giorni, giovedì 7 aprile, è prevista la sentenza del processo sui presunti depistaggi dopo il decesso di Cucchi, che vede imputati otto carabinieri accusati a vario titolo di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia e per i quali il pm ha chiesto condanne che vanno da 1 anno e 1 mese fino a 7 anni.
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