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In aula duro scontro tra Bellini e Picciafuoco e spunta un verbale su Roberto Savi

"Sulla Strage di Bologna ho sempre saputo con certezza matematica della responsabilità di Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini". Ad affermarlo è Vincenzo Vinciguerra, ex esponente di Ordine nuovo e di Avanguardia nazionale, ascoltato oggi nella seconda parte dell'udienza del processo ai mandanti della Strage di Bologna che si svolge dinnanzi alla Corte d’Assise di Bologna. Il neofascista, detenuto nel carcere di Opera dove sta scontando la pena dell'ergastolo per la Strage di Peteano del '72, ha aggiunto che "tutti i terroristi neri sono stati strumentalizzati dagli uomini dello Stato. L'estrema destra italiana ha sempre lavorato per lo Stato, convinta di avere poi una gratifica". L'ex terrorista nero era stato già convocato nell'ambito di questo processo, ma aveva sempre dichiarato di non voler riferire determinati dettagli. Condotta che ha rispettato anche nell'udienza di oggi. A fine udienza, è stato fissato il termine di mercoledì prossimo affinché la Corte si esprima sulla possibilità di disporre una nuova perizia non di parte sul video girato in stazione da un turista la mattina della Strage, in cui compare un uomo che, secondo la Procura generale, sarebbe Bellini. Infine è stata respinta la richiesta dei difensori di Bellini di sentire come testimone l'ex presidente della commissione parlamentare Stragi, Giovanni Pellegrino. Vista la presenza di una relazione del lavoro della commissione, firmata da lui, la sua testimonianza, secondo i giudici, non aggiungerebbe ulteriori elementi significativi.

Il faccia a faccia tra Bellini e Picciafuoco e il verbale su Savi
Sempre stamani in aula le parti hanno assistito a un accesissimo faccia a faccia con reciproche accuse e voce grossa, tra Paolo Bellini e Sergio Picciafuoco, ex criminale comune vicino all'estrema destra. Una schermaglia durata più di un'ora e che ha ricalcato quanto era già successo lo scorso ottobre, quando i due si erano già 'incrociati' in aula durante la testimonianza di Picciafuoco. Nella deposizione di quest'ultimo è emerso poi un episodio che potrebbe aver coinvolto Roberto Savi, il capo della banda di poliziotti della Uno Bianca autrice di rapine in Emilia Romagna a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. In particolare è stato richiamato un verbale del gennaio 1996, in cui Picciafuoco parlando con il pm Paolo Giovagnoli raccontò di una aggressione da lui subita nel novembre 1990, mentre usciva da lavoro, a Castelfidardo, nelle Marche. Picciafuoco riconobbe infatti Roberto Savi come uno degli uomini che lo minacciò e aggredì, dopo averlo individuato tra sei diverse foto che gli mostrarono gli investigatori. "Io non lo conoscevo, avevo visto la sua foto sui giornali. L'auto sulla quale mi caricarono era un Lancia bianca - ha detto il teste -, volevano sapere dove prendevo le armi, pensavano che fossi uno dei Nar. Durante i processi di primo e secondo grado a Bologna era uscita questa cosa che ero nei Nar, poi è stata smentita. Io ho semplicemente detto che questa persona l'avevo riconosciuta dai giornali, ma diciamo che la cosa mi è stata un po' imbeccata". Tornando al confronto tra Bellini e Picciafuoco, il testimone ha insistito dicendo di non aver mai incontrato Bellini a Reggio Emilia nell'ottobre del 1990, come sostiene invece l'imputato e anche un rapporto di polizia. Bellini ha confermato invece che Picciafuoco gli chiese soldi e una pistola, accusandolo anche di far parte dei servizi. "Tu sei un provocatore e devi dire perché sei venuto da me e chi ti mandò”, le parole di Bellini. "Dici solo falsità - la replica di Picciafuoco - chi ti conosce". Come già in occasione della sua precedente testimonianza, Picciafuoco si è dimostrato reticente, alzandosi più volte e dicendo di volersene andare. "Temo per la mia vita, in qualsiasi momento la gente può pensare che sono coinvolto in queste cose e può farmi del male", ha detto sempre Picciafuoco, non spiegando però a chi si riferisse. "Lei non ha nulla da temere dalle indagini - ha replicato il presidente della Corte d'Assise, Francesco Maria Caruso - ma ci dica chi potrebbe farle del male perché lei non sta collaborando con nessuna indagine, lei è reticente e verrà denunciato per questo".

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