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''I depistaggi su Stefano Cucchi sono stati finalizzati, fin dal primo momento, ad allontanare qualsivoglia responsabilità delle istituzioni dello Stato sulla sua morte, quando Stefano era proprio nelle mani dello Stato. Depistaggi che hanno come principale motore e 'anima nera' il generale Alessandro Casarsa'' l'imputato più alto in grado nella catena di comando. A dirlo l'avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile della famiglia di Stefano nel corso del processo sui presunti depistaggi seguiti alla morte del giovane geometra 31enne, avvenuta il 22 ottobre del 2009.
Per Casarsa, che in anni successivi ai fatti è stato anche capo dei corazzieri del Quirinale, il pm Giovanni Musarò ha chiesto la condanna a 7 anni di carcere. La Procura sostiene che i militari imputati abbiano “attestato il falso in un’annotazione di servizio” relativamente “alle condizioni di salute di Cucchi” affermando che il giovane  “riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura freddo/umida che per la rigidità della tavola del letto (priva di materasso e cuscino) ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata anche per la sua accentuata magrezza”, omettendo però “ogni riferimento alle difficoltà nel deambulare palesate da Cucchi”, riferimenti presenti nella prima versione dell’annotazione. Va ricordato che una sentenza della Corte d’Appello ha invece condannato i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a 13 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale per l’aggressione mortale subita da Cucchi “frutto di una reazione con modalità violente, ingiustificate e sproporzionate rispetto al tentativo dell’arrestato di colpire il pubblico ufficiale”.
Ad oggi per i presunti depistaggi sono imputati lo stesso Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e altri 7 carabinieri, tra cui Lorenzo Sabatino, allora comandante del reparto operativo dei carabinieri di Roma. Le accuse, a vario titolo e a seconda delle posizioni sono quelle di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. ''Condivido in pieno la ricostruzione del pubblico ministero - ha sostenuto Anselmo - io un pubblico ministero così in 36 anni di carriera non l'ho mai conosciuto'' sottolineando che "l'esame di Casarsa è una confessione, di chi sente al di sopra di tutto e di tutti, di chi mostra un amore viscerale per la carriera. E' lui l'uomo operativo: si è tentato di farci credere che nessuno sapeva nulla, che le notizie venivano apprese dalla stampa. La cosa che più mi ha stupito in questo processo è che si è negata l'evidenza, la logica, fino alla fine''.
Durante l'udienza l'avvocato fa ascoltare nell'aula bunker di Rebibbia la registrazione audio dell'udienza di convalida di Stefano Cucchi in cui si sente la sua voce già sofferente. ''Parole che fanno venire i brividi - ha commentato - Stefano esce da quell'udienza per andare a morire''. ''Questo processo non è solo fatto di articoli, eccezioni, è fatto di vicende umane. C'è anche chi ha avuto il coraggio di parlare'', ha detto il legale ricordando alcuni dei militari che hanno aiutato a far luce, ''qualcuno lo ha fatto in ritardo ma ha avuto coraggio''. ''Quando parlo di umanità penso a Colombo Labriola (uno degli otto imputati e all'epoca dei fatti comandante della stazione di Tor Sapienza, una delle stazioni dove Cucchi fu trattenuto nella camera di sicurezza ndr), non si può non apprezzare il suo comportamento processuale, il suo coraggio nel tenere testa ai superiori, la sua onestà intellettuale nel riferire ciò che andava anche contro di sè’’’. “Siamo stati carne da macello per queste persone, ma noi siamo essere umani: è stato fatto di tutto per nascondere responsabilità gravi”, ha affermato ieri Anselmo, aggiungendo: “Da questa inchiesta è emerso che esistono tante parti sane nell’Arma dei carabinieri”.  La famiglia di Stefano Cucchi ha chiesto un risarcimento di oltre 2 milioni e nelle conclusioni, depositate dal legale di parte civile, si chiede una provvisionale di 750 mila euro. La sentenza è prevista per il mese di febbraio.

Le parole di Ilaria Cucchi
"L'avvocatura di Stato riconosce la gravità assoluta di delitti commessi dagli imputati. Fatti che hanno impedito l'accertamento della verità". Così ha scritto Ilaria Cucchi in un post su Facebook dopo l'udienza del processo sui depistaggi seguiti alla morte di suo fratello Stefano. "Sentirlo dire mi solleva, quasi mi commuove. L'Arma ha subito un danno grave, dice. Un danno grave che deve essere risarcito. Non posso - sottolinea - non essere d'accordo. Non siamo soli".

Foto © Imagoeconomica

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