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Potenziate le correnti e le influenze politiche nella magistratura

Il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha anticipato che settimana prossima si discuterà nuovamente in Consiglio dei Ministri la riforma del Csm e della legge sull’ordinamento giudiziario, la terza del “pacchetto giustizia” del governo Draghi. I lavori potrebbero arrivare nell'Aula di Montecitorio a gennaio, prima dell'elezione del Capo dello Stato, per poi essere approvato solo dopo la scelta del successore di Mattarella.
Il testo, come specificano, "non è blindato" quindi ci sarà spazio per emendamenti governativi al disegno di legge dell’ex ministro Alfonso Bonafede, già incardinato in Commissione Giustizia alla Camera.
La parte più attesa della riforma rimane quella sul divieto di “porte girevoli” tra politica e magistratura, tema quest'ultimo tornato recentemente agli onori della cronaca dopo il caso di Catello Maresca, allo stesso tempo giudice e consigliere comunale a Napoli.
A questo riguardo tra le "ipotesi di lavoro" presentate c'è il divieto di candidarsi nel territorio dove si è lavorato negli ultimi tre anni, con l'obbligo di rientrare in un distretto diverso (senza poter svolgere le funzioni più delicate) e restarci almeno cinque anni. Obbligo di aspettativa non retribuita già all'atto di accettazione della candidatura. Inoltre c'è il divieto di fare i magistrati e ricoprire allo stesso tempo incarichi elettivi o politici.
Tra le anticipazioni diffuse nei giorni scorsi, la più criticata è l'ipotesi di un sistema elettorale binominale maggioritario per i componenti "togati" dell'organo di palazzo dei Marescialli, che renderebbe quasi impossibile l'elezione di candidati non supportati dalle correnti. In ognuno dei sette collegi (quattro per i giudici di merito, due per i pm e uno per i magistrati di Cassazione) passerebbero infatti soltanto i primi due classificati con l’aggiunta dei due migliori terzi. Per 'contenere' questo effetto la ministra sta pensando di aumentare a 20 - dai 16 attuali - il numero dei membri del Csm eletti dai magistrati, mentre quelli "laici" salirebbero da otto a dieci.


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Il consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo


Per i consiglieri togati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo il sistema ipotizzato da Cartabia "farà sparire ogni possibile opposizione allo strapotere delle correnti che sottometteranno definitivamente i magistrati liberi che sono la maggioranza. Sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo che provocherà ulteriori spaccature e conflitti. La governabilità che si basa su maggioranze stabili è il peggior nemico dell’auto governo dei magistrati. Perché sacrifica il merito e premia chi milita nei gruppi che hanno più numeri al Csm. Esattamente l’opposto di ciò che aveva pensato il Costituente nell’interesse dei cittadini che meritano una giustizia serena ed indipendente: i magistrati sottomessi ad un potere interno e non previsto dalla Costituzione".
Alla loro dichiarazione congiunta si è unita anche quella del procuratore della repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, “Io penso che la soluzione al problema potrebbe essere il sorteggio, puro e semplice - ha detto, aggiungendo che occorrerà - tenere conto della proporzione tra otto mila giudici e due mila pubblici ministeri circa e fare dei macro collegi come se fossero le elezioni per il parlamento europeo e dopodiché sorteggiare i candidati per il Csm. Perché io ritengo che se uno è in grado di scrivere una sentenza è anche in grado di scrivere un parere e a valutare se tizio può fare il procuratore della repubblica o il presidente di un tribunale”.
Anche i magistrati del gruppo 'Articolo 101', usciti vincitori dalle elezioni regionali del'Anm in Sicilia, hanno avanzato la loro proposta favorevole all'introduzione di una sistema basato sul sorteggio.
Se dovesse essere confermato questo meccanismo di designazione è improbabile che si possa ottenere l’elezione di candidati non designati da correnti e dunque fuori da certe dinamiche”, ha detto Andrea Reale, componente dell’Anm di Articolo 101. Come altri componenti del sindacato delle toghe, neanche Reale ha ricevuto dei testi definitivi sulla riforma. “Però - aggiunge - posso dire che se con una norma simile non solo non si debella il correntismo ma anzi si mortificano le istanze di tutti i magistrati che non vogliono appartenere ad alcun gruppo”. Anche secondo Reale questo tipo di norma crea una sorta di bipolarismo in toga, “avvantaggiando di fatto le correnti più forti”. Unico elemento positivo, per il magistrato di Articolo 101, è il sorteggio, che la nuova legge introduce in caso di candidature insufficienti e per eventualmente assicurare la parità di genere. “Almeno viene sdoganato un meccanismo che noi vorremmo fosse utilizzato per individuare tutti i candidadibili. In questo modo, però, il sorteggio è residuale per le corazzate: servirà a trovare i riempilista che però non prenderanno più di qualche decina di preferenza. Così la ragion d’essere del sorteggio è totalmente frustrata e la sua previsione è inutile”.


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Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri


Il consigliere togato Nino Di Matteo, in un'intervista su 'La Stampa' aveva spiegato che la proposta di 'Articolo 101' è un "segnale da non sottovalutare: tanti magistrati chiedono una cura forte per un organismo malato. Il sorteggio temperato, magari per un tempo limitato, è il vaccino per il virus del correntismo".
Una cura quindi che potrebbe spezzare il dominio decennale delle 'cordate', come definite dallo stesso magistrato nel suo libro 'I nemici della giustizia', e che potrebbe restituire credibilità alla magistratura.
A favore del sorteggio si era espresso nei giorni scorsi anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho il quale ha detto che "Credo che una riforma" del Csm "sia necessaria e su questo sono tutti d'accordo. Penso però che la modalità più lineare e più obiettiva per comporre il Consiglio sarebbe quella del sorteggio, che esclude la possibilità di interferenze da parte di chiunque. Mi è chiaro che il quadro porta in altra direzione: si vuole modificare la situazione, ma non nella direzione del sorteggio. Continuo a pensare, però, che il sorteggio corrisponda esattamente alla capacità del magistrato medio. Non mi scandalizzerei, anzi credo che sarebbe la modalità attraverso cui escludere qualunque eccessiva interferenza o condizionamento".
Proteste sono arrivate anche dai  progressisti di 'Area': il progetto della Guardasigilli "preclude la possibilità di candidature estranee alle correnti", è il netto giudizio espresso in una nota. "Un sistema quale quello indicato dalla ministra", scrivono, "determina che gli eletti saranno tutti riferibili ai due gruppi associativi che raccolgono i maggiori consensi". “Per assicurare la qualità” degli eletti, scrivono i magistrati di Area, “è necessario un sistema nel quale gli elettori abbiano possibilità di scelta tra un numero ampio di candidati, soprattutto per stimolare la candidatura dei colleghi più stimati professionalmente e moralmente”. Mentre “un sistema quale quello indicato dalla ministra, caratterizzato da collegi maggioritari binominali di grandi dimensioni, induce a restringere al massimo la platea dei candidati”, poiché solo chi ha alle spalle i gruppi organizzati più forti potrà sperare di essere eletto. “Questo è tanto evidente”, si legge nel documento, “che il sistema prevede, per compensare questo maleficio, un irrazionale sorteggio di candidati al fine di ampliare la rosa (se non si raggiungono almeno sei candidature in ogni collegio, ndr) come se i candidati sorteggiati avessero una reale capacità competitiva e non esaurissero il loro ruolo in quello di meri simulacri di una pluralità di fatto inesistente“. In questo modo, secondo Area, sarebbe “sostanzialmente precluso il pluralismo dell’autogoverno, ivi inclusa la possibilità di candidature estranee alle correnti”. Un sistema come quello ipotizzato, infatti, “determina che gli eletti saranno tutti riferibili ai due gruppi associativi che raccolgono i maggiori consensi” (cioè, presumibilmente, Area e i conservatori di Magistratura indipendente), “così lasciando fuori le altre identità culturali. Questo effetto, assolutamente prevedibile, è estremamente dannoso in un organismo che non è sottoposto alle regole della governabilità ma a quelle della rappresentatività”. E non è l’unico rischio: “Un Consiglio nel quale vi siano due gruppi contrapposti che, alternativamente, acquisiranno una maggioranza relativa di scarsa misura, verrà di fatto dominato dagli eletti dal Parlamento, che costituiranno il vero ago della bilancia”, avverte Area. “Questa dinamica rischierà di aumentare il peso della politica e dei partiti sulle scelte del Csm, prime tra tutte quelle relative alle nomine dei direttivi, con effetti potenzialmente lesivi dell’autonomia ed indipendenza dei nominati”.


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Palazzo dei Marescialli, sede del Csm


Infine anche per Autonomia&Indipendenza "si tratterebbe di modifiche non risolutive delle indebite ingerenze politico-correntizie nelle nomine dei procuratori, emerse a seguito dello scandalo dell’Hotel Champagne. Paradossalmente, anzi - recita il comunicato della corrente - aumenterebbe il rischio di un rafforzamento di tutti quegli elementi di sistema che la riforma vorrebbe combattere. La persistente presenza di un sistema maggioritario rafforzato dalla presenza di collegi binominali, con modestissimi correttivi proporzionali, verrebbe infatti a sopprimere il pluralismo di vedute all’interno del Csm contribuendo a realizzare una sorta di bipolarismo giudiziario destinato ad ideologizzare la magistratura ed a renderla definitivamente subalterna ai gruppi politici”. Duro contro il progetto anche il comunicato di Magistratura democratica, storica corrente di sinistra, già componente di Area (da cui è fuoriuscita di recente). Il gruppo, si legge, “sente di dover esprimere fin d’ora il suo dissenso più netto rispetto a questo sistema di elezione di un organo che non ha necessità, per il suo funzionamento, di garantire la formazione di una stabile maggioranza. Dissenso ancora più marcato perché la proposta non persegue e tantomeno garantisce né il necessario pluralismo della rappresentanza dei magistrati in Consiglio, né un’adeguata rappresentanza di genere. E, paradossalmente, il sistema proposto conduce a risultati esattamente opposti alle finalità dichiarate di eliminare 'il potere delle correnti', che sceglieranno per ciascun collegio 'il' candidato, concentrando su questo le preferenze, in modo da farlo arrivare almeno secondo”. Secondo Md “ci troviamo di fronte a un grave passo indietro rispetto alle proposte susseguitesi negli ultimi anni”, inclusa quella presentata a giugno dalla Commissione presieduta dal costituzionalista Massimo Luciani, “peraltro istituita e nominata proprio dalla Ministra in carica”.

Foto © Imagoeconomica

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