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"Noi vogliamo solo la verità"

"Oggi sono qui perché dopo 26 anni mi trovo ancora a cercare la verità e a scoprire sempre cose nuove. E la mia priorità è quella di togliere la parola 'suicidio' dalla morte di mio padre". "I motivi che hanno portato alla sua morte? Un'insieme di cose che hanno portato prima all'eliminazione morale, poi a quella fisica". 
Con queste parole Fabio Lombardo ha iniziato la propria relazione davanti alla Commissione Parlamentare antimafia, presieduta da Nicola Morra. Oltre due ore di audizione, accompagnato dalla sorella, Rossella, in cui sono stati ripercorsi i fatti di un caso, quello della morte del maresciallo Antonino Lombardo (trovato morto con colpi di pistola, alle 22.30 del 14 marzo 1995 all’interno della propria auto parcheggiata nell’atrio della caserma Bonsignore) che ad oggi presenta non pochi misteri.
Venne bollato come suicidio sin dal primo momento. E così non venne posta la giusta evidenza su tutte quelle indagini di cui lo stesso Lombardo si stava occupando al tempo. Elementi che potrebbero spiegare i motivi per cui Lombardo poteva essere scomodo e, in qualche modo, doveva essere eliminato. "Si può parlare di suicidio in due casi - ha affermato il figlio, mercoledì, in Commissione antimafia - O lo vedi quando si spara, oppure vengono fatti correttamente tutti gli accertamenti scientifici. E a quanto pare non è accaduto né l'uno né l'altro. Perché nessuno ha visto il maresciallo Lombardo spararsi alla tempia e, ancor più grave, non è stato fatto alcun esame autoptico sul cadavere. Non so se fu una scelta del magistrato di turno o dei carabinieri. Non l'ho mai saputo, ma posso dire che gli esami fatti sul corpo, sul cadavere e l'autovettura portano a pensare tutt'altro che al suicidio e rafforzano l'ipotesi del non suicidio". 
Un elemento ulteriore è dato dalla perizia calligrafica, di parte, fatta sulla lettera che fu rinvenuta all'interno dell'automobile che sottolinea come questa non sarebbe stata scritta da lui. Una novità assoluta per cui lo scorso mese la famiglia Lombardo, tramite il legale Alessandra Maria Delrio, del foro di Sassari, ha presentato alla Procura di Palermo una richiesta di riapertura dell'inchiesta sulla morte del sottufficiale.

Le indagini incomplete
Durante l'audizione Fabio Lombardo ha messo in evidenza le criticità delle indagini che nel corso del tempo sono state aperte e chiuse in più occasioni. "Nel 1997 - ha ricordato - fu archiviata l'indagine con i magistrati che si dicevano certi del suicidio. Io ho letto le testimonianze ed il particolare è che nessuno parla di un colpo di arma da fuoco. Noi abbiamo un cadavere, con una pistola in mano ed una lettera scritta accanto al sedile anteriore destro. Da questo, secondo loro, si evince il suicidio. Una tesi affrettata". Quindi ha ricordato il lavoro svolto dal padre per raccogliere elementi utili per la cattura di Totò Riina, o ancora le indagini sull'omicidio Pecorelli e l'impegno per far venire in Italia il boss Tano Badalamenti a testimoniare nei processi. 
"Il giorno in cui fu trovato morto lui era tornato da una trasferta a Milano dove aveva accompagnato il collaboratore Totò Cancemi ad un processo. Ebbe degli incontri, per poi giungere al Comando Regionale di Palermo. Qui ci sono le prime testimonianze discordanti con il generale Cagnazzo che dice che si presentò in ufficio attorno alle 19, mentre per il piantone, il brigadiere Moscia, arrivò alle 20. Ed un'ora di discrepanza è un po' troppa". 

Nel corso della deposizione, in cui non sono mancate le parti missate, i figli del sottufficiale hanno quindi mostrato le fotografie del delitto ed hanno evidenziato tutte le proprie perplessità a cominciare dalla posizione della mano con la pistola ritrovata sul grembo. ("Chi si spara un colpo alla tempia ha il tempo di posizionare la mano sul grembo con il dito ancora nel grilletto?") per poi arrivare all'ogiva che fu ritrovata all'interno dell'auto. "Quando chiesi gli atti si scoprì che questa ogiva non è né in Procura, né a Messina al Ris. E' sparita. E l'11 marzo, sei giorni dopo il delitto, nella conferenza stampa a cui parteciparono Caselli, alcuni magistrati e gli ufficiali dei carabinieri, il giornalista Bolzoni chiese come mai la sera del 4 marzo non si trovava l'ogiva. Dunque questa ogiva di che pistola è?". Ovviamente Fabio Lombardo è tornato a chiedersi perché non furono fatte mai perizie calligrafiche sulla lettera "testamento" che fu rinvenuta, o perché non fu fatta l'autopsia sul corpo del padre. 
"Per un gesto di umanità", disse al tempo il magistrato Franca Imbergamo. Una risposta che la famiglia Lombardo non ha mai accettato nel momento in cui quella prova poteva essere importante per comprendere con certezza cosa fosse accaduto. 

Altri argomenti trattati sono stati il rapporto di fiducia che aveva con il giudice Paolo Borsellino ("Alla moglie del giudice, Agnese, promise non solo la cattura di Riina, ma anche la verità sulla morte del marito, così come mi confermò lei stessa") oltre alle accuse di rapporti poco limpidi, ricevuti in tv da alcuni sindaci. Un fatto che portò alla sua sostituzione in quella famosa trasferta negli Usa per incontrare Badalamenti. 
Nel corso dell'audizione Lombardo ha anche ricordato alcuni fatti avvenuti nel corso del tempo. "Un mese prima della sua morte mio padre disse a mia madre 'Quando mi uccideranno in quel faldone troverai la verità sulla mia morte'. Erano presenti mio padre, mia madre ed un appuntato, Giuseppe Como. 
Dopo la morte di mio padre io e mia madre, assieme ad un altro carabiniere, andammo alla ricerca di quel faldone. Non c'era più. Controllando gli atti mi accorgo che si dava atto che Giuseppe Como si era presentato in Procura con i documenti di mio padre, dicendo che i familiari del maresciallo Lombardo glieli avevano consegnati. Ma nessuno di noi aveva fatto qualcosa di simile. Sempre lui chiese a mia madre quali fossero i movimenti bancari di mio padre. Noi non abbiamo mai saputo chi lo mandava. Ma lo abbiamo considerato come un traditore". 

Gli incontri con Badalamenti
Ovviamente una riflessione è stata fatta sui viaggi americani per incontrare Badalamenti. Anche perché nella presunta lettera di addio trovata accanto al cadavere di Antonino Lombardo c'era scritto: "Mi uccido per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita… Non ho nulla da rimproverarmi poiché sono stato fedele all'Arma per trentuno anni e, malgrado io sia arrivato a questo punto, rifarei tutto quello che ho fatto. La chiave della mia delegittimazione sta nei viaggi americani…".
"Mio padre era un grande investigatore - ha detto il figlio del sottufficiale - Dalla sua caserma passava chiunque a prendere informazioni, dai servizi segreti al Ros, alla Polizia ai magistrati. Fu lui a fornire elementi decisivi per la cattura di Totò Riina, come dimostrai documentalmente nel programma di Giletti. E fu sempre lui a portare la notizia dell'arrivo del tritolo per Paolo Borsellino. Quella notizia usciva dal carcere di Fossombrone che da un uomo della famiglia di Terrasini che confidò a mio padre il dato. Lui la trasmise al Ros di Subranni che poi la diede a Borsellino". E poi ancora: "Sempre mio padre fu protagonista assoluto dei viaggi americani. Li c'era Tano Badalamenti ed andò assieme a magistrati di Palermo e Perugia, l'allora maggiore Obinu, ed esponenti della Dia e dell'Fbi. E prima del l'incontro mio padre parlò con Badalamenti per quasi un'ora. Ci furono altri due colloqui investigativi. Badalamenti diede la disponibilità per venire in Italia solo a patto che fosse presente mio padre. Ma dopo la trasmissione, guarda caso, fu sostituito e Badalmenti non venne più". 
Fabio Lombardo ha anche raccontato di alcune relazioni che trovò in un cassetto, nella casa dei suoi nonni paterni. "Leggendo quel documento venivano i brividi - ha detto in Antimafia - C'erano apposte il 'bene e il bravo". Le firme del Comandante Merenda e del colonnello Mori che poi mancheranno nella relazione che fu portata da Obinu, così come manca la firma del maresciallo Lombardo. Assenti sono anche le 4 audiocassetta e che Obinu asserisce furono distrutte perché si sentivano male. Anche in questo caso non esiste alcun verbale di distruzione". 
Particolarmente drammatica la testimonianza della sorella, Rossella Lombardo, che ha raccontato di strani accadimenti a poche ore dalle morte del padre. "Ero a casa con mia madre. Arrivò un medico militare che si presenta nella mia stanza. Io avevo sedici anni. Mi fece una puntura senza chiedere il permesso e senza dare spiegazioni. Mi fu detto che era la procedura, ma da quel momento ricordo solo che divenni senza forze, totalmente annullata. Arrivò il capitano della Compagnia di Carini ad urlarmi di prendere i documenti di mio padre. Io mi sentii quasi presa in giro. Quella puntura fu fatta anche a mia madre". Quindi ha concluso: "Io voglio almeno sapere come è morto mio padre ed il perché. Avere delle risposte è un nostro diritto".

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