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La prima sezione penale della Corte d'Appello di Palermo ha confermato, con qualche lieve riduzione di pena, la sentenza emessa, l'11 novembre 2019, dal gup Cristina Lo Bue nel processo a 14 presunti mafiosi del trapanese. Il procedimento nasce da una indagine, condotta dai carabinieri e dalla Dia di Trapani, che coinvolse, tra gli altri, i cognati del boss latitante Matteo Messina Denaro e "fiancheggiatori" di Cosa Nostra.
Due anni fa, il gup inflisse, in abbreviato, complessivamente 143 anni di carcere.
La pena più severa (19 anni e 4 mesi di carcere) fu per Vincenzo La Cascia, di 73 anni, di Campobello di Mazara (Tp), al quale, adesso, in secondo grado, la pena e' stata ridotta a 12 anni e 8 mesi.
Proprio la scorsa settimana nei riguardi di La Cascia, ex campiere della famiglia Messina Denaro, era scattato da parte della Guardia di finanza un sequestro di beni per 300 mila euro.
Ridotta (da 18 anni a 14 anni 10 mesi) anche la pena per Raffaele Urso, 62 anni, di Campobello di Mazara. Entrambi sono considerati due boss di primo livello negli organigrammi di Cosa Nostra belicina. Queste le altre pene inflitte dalla Corte d'Appello: 13 anni e 4 mesi a Nicola Accardo, 56 anni, ritenuto il capomafia di Partanna, 11 anni e mezzo al 57enne campobellese Filippo Dell'Aquila, 11 anni e 4 mesi al 51enne partannese Antonino Triolo, 7 anni e 2 mesi al castelvetranese Giuseppe Paolo Bongiorno, di 33 anni, che in primo grado era stato condannato a 11 anni, 11 anni e 2 mesi a Giuseppe Tilotta, di 59 anni, 10 anni e 8 mesi a Calogero Guarino, 52 anni, 6 anni e 10 mesi al 43enne Leonardo Milazzo, anche loro di Castelvetrano, 10 anni in continuazione con una precedente condanna al campobellese Andrea Valenti, di 69 anni, 8 anni confermati al mazarese Angelo Greco, di 52 anni, come pure confermati i 3 anni e 4 mesi al 49enne campobellese Mario Tripoli, già in primo grado assolto però dall'accusa di associazione mafiosa. Un anno e 10 mesi la pena per il 36enne castelvetranese Bartolomeo Tilotta, accusato di favoreggiamento, 6 mesi per Giuseppe Rizzuto.
In questa inchiesta era emerso l'interesse del clan anche nel settore delle scommesse on line.

Foto © Imagoeconomica

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