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Il collaboratore di giustizia in aula: "Massoneria deviata, ‘Ndrangheta e politica sono la stessa cosa"

"Prima che alla Dda approdasse il dottore Gratteri si riusciva ad arrivare dappertutto. La ‘Ndrangheta, tramite la massoneria, riusciva ad arrivare dappertutto. E questo vale per la pubblica amministrazione, per i palazzi di giustizia, per le Questure, per i carabinieri, da tutte le parti. E sono sicuro di quello che dico". Sono state queste le parole pronunciate dal collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena nel corso del controesame condotto dall’avvocato Alessandro Diddi, che nel processo Rinascita-Scott difende Mario De Rito.

Secondo Bartolomeo Arena esiste un prima e un dopo Gratteri e per spiegare il concetto il pentito in aula ha fatto alcuni esempi. "Sono stati toccati in particolare due esercenti a Vibo: il bar di Daffinà e il Tribeca di Filippo La Scala. Siccome Daffinà è un soggetto che è legato a poteri forti e anche Filippo La Scala per amicizia era legato a soggetti… per adesso chiamiamoli poteri forti. Io non volevo che si toccassero questi soggetti perché sapevo come sarebbe andata a finire, cioè che quelli più intercettati eravamo noi, le perquisizioni le ricevevamo solo noi, le microspie erano solo per noi. Ai Lo Bianco-Barba, quando parlavamo di un’ipotetica operazione, io lo dicevo che avrebbero arrestato solo noi, ovvero il mio gruppo: io, i Pardea, i Camillò, i Macrì, i Lo Bianco. Poi per fortuna non avevano fatto i conti con la Dda di Catanzaro che - ha continuato - da quando è entrato il dottore Gratteri, indaga a 360 gradi e quindi non tocca (non indaga, ndr) solo a una parte, tocca pure agli altri e quindi ci siamo finiti tutti nel pentolone. Se fosse stato come ai tempi passati avrebbero arrestato solo noi. Quelli che avevano i santi in paradiso tutte le colpe le avrebbero fatte cadere su di noi".

Il pentito durante l'udienza ha spiegato che lui cercava di spiegare a quelli del suo gruppo che "se andiamo a toccare certe persone, non solo ci mettiamo contro alcuni ‘ndranghetisti, che sono pure massoni, ma poi ci saltano addosso tutti gli altri massoni e di conseguenza le indagini le girano e le dirottano come vogliono su di noi". 

"Perché massoneria fa indagini contro di voi?", ha chiesto l'avvocato Diddi.

"Perché massoneria deviata, ‘Ndrangheta e politica sono la stessa cosa" ha risposto Arena, sottolineando che "c’erano dei soggetti che le cosche volevano toccare e io dicevo: 'Quel soggetto non lo tocchiamo perché è amico di quel politico, di quell’altro massone e con questi soggetti poi abbiamo problemi perché non solo sono collegati a ‘ndranghetisti di un certo livello ma poi possiamo avere problemi con la magistratura'. Io sto parlando sempre del periodo prima che arrivasse Gratteri alla Dda".

L’estorsione all'ex direttore generale della Vibonese calcio
Durante l'udienza il collaboratore di giustizia ha parlato di una estorsione condotta dallo stesso pentito nei confronti di Danilo Beccaria, ex direttore generale della Vibonese calcio.  "Io sono andato - ha detto Arena – perché lo conoscevo e gli ho detto che avevamo bisogno di soldi perché c’erano diversi miei parenti che erano usciti da poco dal carcere. Nel giro di un paio d’anni mi ha dato intorno ai 50-60 mila euro circa. Una volta ricordo che aveva avuto un problema con un giocatore perché non se ne voleva andare, o forse gli voleva mettere l’avvocato, non ricordo, e mi ha chiesto se io potevo intervenire. Io ho accettato poi però lui ha fatto diversamente e non è successo nulla. Io a Beccaria non gli ho fatto mai nessun favore. Questa estorsione è stata la più grossa e facile perché senza fare nessuna intimidazione, senza andare a minacciare nessuno in due anni, forse meno, abbiamo preso 50/60mila euro".

"Io con le estorsioni - ha continuato il collaboratore - ho guadagnato qualcosa ma le facevo a modo mio, gli altri usavano farle col metodo del danneggiamento, i proiettili… a me non piaceva questa metodologia. Mettevano sotto estorsione chiunque, anche quello che doveva fare il ponteggio per pitturare una casa. A me non piaceva di andare a ingarbugliarmi in una situazione con la giustizia per una fesseria".

Al tempo, come raccontato dal pentito, "Vibo era una polveriera, forse era l’unica provincia dove ancora si mettevano le bottigliette incendiarie e i proiettili. Certe cose non succedono nemmeno a Reggio. Una volta un soggetto della cosca Libri, quando seppe che il mio gruppo faceva estorsioni con danneggiamento, ci disse: 'Ma voi ancora con i danneggiamenti siete?'. Ormai nelle altre zone sono meglio organizzati. Ormai un commerciante o un imprenditore che viene dal nord sa già dove andare perché o c’è un colletto bianco che fa da ponte tra l’imprenditoria e la ‘Ndrangheta o perché ci si accorda con l’amico dell’amico. Insomma non c’è più bisogno del danneggiamento", ha detto Arena.

Ma il vero cambiato nella strategia nel compiere estorsioni era avvenuto con l'arrivo di Gratteri. "Quelli del mio gruppo non ci credevano - ha detto Arena - a quello che dicevo e le facevano lo stesso (le estorsioni con danneggiamento, ndr). Io appena è arrivato a Catanzaro (Gratteri) lo avevo detto: 'Ci arresta a tutti'. E non lo dico perché c’è il procuratore in aula. L’ho sempre detto". Arena racconta di avere proposto al proprio gruppo di cambiare strategia, "di avvicinare imprenditori che versavano in condizioni precarie e diventarne soci. Loro non volevano perché dicevano che non volevano investire e continuavano a fare le estorsioni come quando c’era Andrea Mantella cioè con i danneggiamenti".

Fonte: corrieredellacalabria.it

Foto © Imagoeconomica/Pixabay

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