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Il gip non archivia e ordina indagini su una nuova pista che porta all’organizzazione paramilitare

E’ svolta nel caso di Marco Mandolini, uno dei gialli più misteriosi d’Italia. A distanza di 26 anni si potrebbe risolvere il cold case del maresciallo dei corpi speciali dell’Esercito, ucciso barbaramente il 13 giugno del 1995 sugli scogli del Romito. In questi giorni il giudice delle indagini preliminari ha accolto la richiesta dei familiari del militare di non archiviare le indagini e di seguire una nuova pista che inquadra la sua morte nello scenario dei grandi misteri italiani.
E così le indagini riprendono. Lo staff di esperti dei familiari del militare ucciso ha fornito alla Procura un ampio dossier nel quale indica una strada delicata e difficile. "La nuova pista - spiega Federico Carbone, criminologo di fama affiancato dallo storico legale Dino Latini - riguarda i rapporti di Marco Mandolini con il maresciallo Vincenzo Li Causi e la convinzione del paracadutista della Folgore che la morte di Licausi, del quale era amico, nascondesse misteri e verità scomode. Un fil rouge che porta allo scenario di Gladio. Del resto Mandolini faceva parte dei servizi segreti e custodiva a sua volta scomode verità, verità che aveva deciso di rivelare. Per questo è stato ucciso, qualcuno ha voluto tappargli la bocca”. E così si riaccende un faro sul caso che da troppo tempo è rimasto senza luce. “Siamo grati al giudice che ha deciso di non archiviare e speriamo di arrivare alla verità e a dare giustizia alla morte di Marco. In questi ultimi tempi tanti gialli insoluti hanno trovato soluzione. Speriamo che sia così anche il delitto della scogliera", conclude Federico Carbone. Marco Mandolini è stato massacrato con 40 coltellate e finito con una pietra di circa 25 chilogrammi che gli ha fracassato il cranio. Senza alcuna via di scampo, senza poter sfuggire ad una violenza inaudita del suo assassino.
Il corpo di Mandolini, 36 anni, originario di Castelfidardo, Kondor il suo nome in codice, sottufficiale dei reparti speciali della Folgore, capo della scorta di sicurezza del generale Bruno Loi nella missione ibis in Somalia, esperto di sicurezza, è stato trovato da un bambino tedesco in vacanza con la famiglia che, sporgendosi da una roccia della scogliera, ha fatto il brutale ritrovamento. Marco Mandolini era in mezzo ad una vasta pozza di sangue e presentava numerose ferite da taglio e una frattura cranica causata dall’impatto violento con il sasso.
Uno scenario macabro e al contempo misterioso perché quel cadavere così martoriato era di un militare esperto e profondo conoscitore delle tecniche di sicurezza, istruttore Nato, incursore del Col Moschin e addetto alla sicurezza di alti ufficiali di rango, come il generale Franco Angioni. L’indagine per individuare il suo assassino ha mostrato negli anni grandi ostacoli. Le piste percorse si sono imbattute nel silenzio e nei tentativi di depistaggio ma la famiglia non si è mai arresa per arrivare alla verità. Ora quelle speranze potrebbero presto raggiungere concretezza.

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