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Coinvolti nel blitz anche un avvocato

I militari della Compagnia carabinieri di Bagheria e del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza di Palermo hanno arrestato 10 persone, in esecuzione di un provvedimento emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo - Sezione territoriale di Palermo. Nove persone sono finite in carcere e una agli arresti domiciliari. Altre 11 sono indagate a piede libero. I militari hanno proceduto al sequestro preventivo di quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio e relativo terreno e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco, per un valore complessivo di circa 500.000 euro. I reati contestati, a vario titolo, sono concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. 
L'indagine nasce nell'aprile del 2018 dall'inchiesta, sempre sviluppata dai magistrati della Dda di Palermo coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, sull'attività dell'avvocato penalista palermitano Alessandro Del Giudice, legale di Pietro Formoso, considerato il boss della famiglia mafiosa di Misilmeri. Secondo i magistrati della Dda l'avvocato Del Giudice era il messaggero dei boss in carcere e garantiva la comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di pregresse attività delittuose. Dagli approfondimenti investigativi su Del Giudice è emerso il suo coinvolgimento nell'organizzazione di usurai. Sempre secondo i magistrati, il professionista procacciava i clienti in difficoltà e li convinceva a mettersi nelle mani degli usurai.





Tra gli arrestati di oggi spicca il nome di Giuseppe Scaduto, 75 anni, già capo del mandamento mafioso di Bagheria che, pur essendo agli arresti domiciliari, sovrintendeva al giro di usura e teneva i contatti con il braccio operativo dell'organizzazione grazie ad Anastasio Alcamo, 45 anni, anche lui imputato per associazione mafiosa. Entrambi sono stati arrestati questa mattina e portati in carcere in compagnia di Giovanni Di Salvo, 42 anni, considerato il capo operativo degli usurai, di Simone Nappini, 50 anni, intermediario ed erogatore dei prestiti alle vittime, e dell'avvocato Alessandro del Giudice, considerato dai magistrati della Dda promotore e procacciatore di clienti. Oltre a loro sono stati arrestati Antonino Troia, classe '64 detto "Nino", Giovanni Riela, classe '73, Gioacchino Focarino, classe '52 detto "Gino", Antonino Saverino, classe '55 detto "Nino". L'unico finito agli arresti domiciliari è Vincenzo Fucarino, 74 anni. Tutti sono coinvolti a vario titolo nell'associazione a delinquere. 
E' dunque emerso come il lunedì venivano prestati 500 euro e il venerdì se ne pretendevano 800. L'organizzazione di usurai con collegamenti molto stretti con le famiglie mafiose dell'hinterland palermitano, applicava tassi d'interesse che arrivavano a superare il 5 mila per cento annuo. I dieci usurai ed estorsori arrestati questa mattina da carabinieri e guardia di finanza, individuavano le vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza, le circuivano fino a convincerle a farsi prestare il denaro a tassi che, a seconda degli episodi, variavano dal 143 per cento al 5.400 per cento annuo. Già da subito scattavano le violenze e le minacce per ottenere la restituzione del denaro con gli interessi esorbitanti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per spaventare maggiormente le vittime gli usurai sottolineavano come il denaro fosse di provenienza mafiosa.

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