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"Gianfranco Maggi mi disse di aver saputo da Guido Bellini, fratello di Paolo", che quest'ultimo "aveva partecipato alla strage alla stazione di Bologna assieme a Luciano Ugoletti (un simpatizzante di destra, ndr), e che per questo ricevettero 100 milioni a testa". A parlare di fronte ai giudici della Corte d'assise di Bologna è Dino Bartoli,  un ex criminale comune che è stato sentito come testimone nel processo sull'attentato del 2 agosto 1980 a carico di Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia. 
Si tratta di confidenze, che gli furono fatte nel 1983 da un compagno di cella e che poi lui trascrisse in un memoriale.
Nel marzo dell'83, spiegano i rappresentanti della Procura generale bolognese, Maggi, un altro criminale comune, aveva fatto delle dichiarazioni sulla strage al procuratore di Reggio Emilia, Elio Bevilacqua, ma siccome il magistrato non le ritenne esaustive decise di mettere Bartoli in cella con lui per provare a saperne di più. E in effetti Bartoli riuscì a farsi dire altro da Maggi, mettendolo poi nero su bianco e riferendolo il 20 aprile di quell'anno a Bevilacqua, e il giorno successivo all'Ufficio istruzione di Bologna. 
Queste rivelazioni, però, al tempo non furono ritenute particolarmente credibili, trattandosi tra l'altro di informazioni de relato, ma nell'ambito dell'inchiesta che ha portato al procedimento in corso a Bologna la Procura generale ha comunque ritenuto di approfondire il dato. 
Così oggi Bartoli ha confermato quanto scrisse allora, pur affermando di "avere qualche incertezza, ora, sulla veridicità di quelle informazioni, visto che dopo tanto tempo siamo ancora in alto mare con questo processo".
Gli altri due testimoni sentiti oggi hanno invece contribuito a delineare la figura di Ugoletti, e in particolare i suoi movimenti nel periodo della strage.
La prima ad essere sentita è stata la vedova, Cristina Borghini, che ha detto di non ricordare più con esattezza ciò che avvenne in quei giorni e ha sostanzialmente confermato quanto aveva messo a verbale negli anni '80. 
Secondo la sua ricostruzione, lei e Ugoletti andarono in campeggio nell'ultima settimana di luglio del 1980, rientrando poi a Reggio Emilia l'1 agosto. Quando si lasciarono Ugoletti le avrebbe detto che forse sarebbe andato a Bologna, dove aveva una stanza da un'affittacamere, e i due si diedero appuntamento per la sera del 2 agosto.
Borghini raccontò poi che quando seppe dell'esplosione in stazione chiamò più volte l'affittacamere, che "in modo scortese" le disse ogni volta che Ugoletti non c'era e che il letto della sua stanza era intatto, anche se questo non significava necessariamente che non avesse dormito lì (due anni dopo, anzi, l'affittacamere disse che era stato nella sua pensione quel giorno). 
Borghini aggiunse poi che Ugoletti il 2 la chiamò e le disse di aver dormito dalla madre, aggiungendo che la sera andarono insieme dall'affittacamere bolognese, dove si fermarono. Diversa la versione fornita dall'ultimo teste, il criminale comune Sereno Vezzani, che aveva una relazione con Cristina Borghini prima che lei lo lasciasse per Ugoletti. 
Secondo lui, infatti, la donna trascorse con lui la notte tra l'1 e il 2 agosto e anche quasi tutta la giornata del 2, quando "andammo nel pomeriggio al lago di Garda e tornammo a Reggio la sera". A quel punto, conclude, Borghini "partì, da sola, per Bologna". 
Intanto questa mattina il processo è stato sospeso per diversi minuti a causa di un malore avuto proprio da Paolo Bellini durante l'udienza. "Diamo atto che Bellini viene ricoverato al Sant'Orsola ma tramite i difensori consente che si proceda" ha detto il presidente della Corte, Francesco Maria Caruso, alla ripresa del dibattimento. 
Già lo scorso giugno l'imputato si era sentito male durante un'udienza: quella volta, però, Bellini si riprese dopo qualche minuto e nonostante l'intervento del 118 dopo rientrò in aula.

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