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“Ci sono elementi di incostituzionalità”. L’ex pm duro contro la riforma che, dice, “si fatica a comprendere”

“Del processo sulla Trattativa stiamo aspettando la sentenza d’Appello, e sono passati già più di tre anni. Con questa riforma, sarebbe già morto: improcedibile, che è addirittura peggio della prescrizione”. Non usa mezzi termini Vittorio Teresi, ex magistrato di Palermo (oggi in pensione) e membro del pool di magistrati che hanno indagato sulla trattativa Stato-mafia a Palermo. Teresi, intervistato da Il Fatto Quotidiano, torna a parlare della riforma della giustizia dopo che la ministra Marta Cartabia ieri ha ripetuto, nella conferenza stampa a fianco del premier Mario Draghi, che la riforma della prescrizione per rendere i processi penali più rapidi del 25 per cento ce la chiede l’Europa, e se non la facciamo sono a rischio i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Vittorio Teresi si è detto non d’accordo. “L’Europa ci ha chiesto di rendere più celeri i processi, ma non ci ha fatto una richiesta giugulatoria di abrogare migliaia di processi. Per ridurre i tempi - ha affermato - si può e si devono realizzare sostanziose depenalizzazioni, incentivare i riti alternativi, aumentare gli organici di magistrati e personale dei palazzi di giustizia. Non far cadere la mannaia su tanti processi, solo perché durano più di due anni in Appello e più di un anno in Cassazione”.
La riforma avrà effetti, come ha ribadito oggi anche il magistrato Nino Di Matteo, ex collega di Teresi a Palermo, anche sui procedimenti per mafia anche se la Guardasigilli ministra ha detto che i reati che prevedono l’ergastolo non potranno diventare “improcedibili”. Sul punto Teresi ha detto che “come tutti sanno bene, i processi con imputati mafiosi non si celebrano sempre e solo per reati da ergastolo”, ha dichiarato. “Si procede per associazione a delinquere di stampo mafioso e per tanti reati satelliti, estorsioni, traffico di stupefacenti, armi, e anche corruzione, turbativa d’asta… Come si farà a concludere processi spesso complessi, con molti reati e tanti imputati?”. E ancora. “Mi piacerebbe capire quale sarà la sorte del grado di Appello dei procedimenti per delitti puniti con l’ergastolo. Quale sarà la ratio giuridica di questo regime differenziato?”. Un altro punto che prevede la riforma approvata in Consiglio dei Ministri è quello di far decidere al Parlamento le priorità sui reati che le Procure devono perseguire.
“Questo punto ha già di per sé evidenti elementi di incostituzionalità”, ha sentenziato Teresi. “L’articolo 112 della nostra Costituzione garantisce l’obbligatorietà dell’azione penale, quindi come si potrà accettare una deroga a tale principio? Questo - ha affermato - è un vulnus per la giurisdizione, che garantisce non privilegi per i magistrati, ma principi di giustizia per tutti i cittadini”.
Rispetto, invece, alle garanzie della Cartabia, rispetto al fatto che con questa riforma avremo processi più celeri, Teresi ha detto: “Sento molto parlare, nel nostro Paese, di garanzie per gli imputati, ma non vedo attenzione alle garanzie per le vittime. Le parti offese non avranno giustizia in tutti i casi in cui i processi saranno bloccati”. Un pensiero che collima pienamente con quello del procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato che alla conferenza di ANTIMAFIADuemila aveva detto, con una metafora, che in Italia si protegge giustamente Abele, ma “nessuno si preoccupa di protegge Caino”. In merito a ciò le parti offese che si vedranno bloccare i processi avrebbero la possibilità di fare comunque richiesta di risarcimento in sede civile, stando all’attuale testo di riforma. Questo però accadrà, ha sottolineato Teresi, “dopo aver aspettato anni per il processo penale” e coloro che si troveranno in questa situazione “dovranno ricominciare tutto da capo con un nuovo giudizio civile. Così si otterrà il bel risultato di moltiplicare e rendere più lunghi anche i processi civili, che sono proprio quelli che più l’Europa ci spinge ad accelerare”. “No - ha concluso Teresi - è una riforma che proprio si fatica a comprendere”.

Foto © Imagoeconomica

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