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Un altro anno senza verità

Lunedì 19 luglio: a 29 anni di distanza da una delle pagine più tragiche e oscure della storia del nostro Paese, si è tenuta in Via d’Amelio la giornata di commemorazione organizzata dal Movimento delle Agende Rosse in collaborazione con il Centro Studi Paolo e Rita Borsellino, ANTIMAFIADuemila e il movimento culturale-artistico OurVoice. Durante la giornata, sul palco si sono alternate le testimonianze dei membri delle scorte sopravvissuti alle stragi degli anni ‘90 e dei parenti delle vittime di mafia. “Tutti noi crediamo fortemente nel valore della memoria perché crediamo che sia un patrimonio personale da valorizzare per il bene nostro e della comunità che ci circonda. A noi spetta continuare a tenere acceso un fuoco di speranza e dare il nostro contributo orientato al raggiungimento di una società in cui i valori della bontà e della solidarietà siano fortemente radicati”. Queste sono state le parole di Claudia Loi, collegata da remoto per ricordare la sorella Emanuela, la giovanissima agente della scorta di Borsellino rimasta vittima nella strage. E’ stata infatti proprio la memoria al centro della giornata: memoria intesa non solo come ricordo ma anche e soprattutto come protezione e prosecuzione di quei valori rappresentati da quegli uomini e donne giusti che sono morti per difenderli e, dunque, come continua e inarrestabile ricerca di una verità che, dopo 29 anni, ancora non abbiamo.
Tra gli interventi dei sopravvissuti delle scorte si sono alternati quelli di Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla Strage di Pipitone, Angelo Corbo, sopravvissuto alla Strage di Capaci, e Antonio Vullo, unico agente sopravvissuto alla Strage di Via D’Amelio. Interventi forti e toccanti, durante i quali gli agenti sopravvissuti non hanno nascosto la loro difficoltà ad essere presenti in quel luogo quel giorno, in occasione di una commemorazione ufficiale. “Molti pensano che essere un sopravvissuto sia una fortuna, invece è tutto il contrario. Essere sopravvissuto ad una strage significa rinascere a nuova vita, perdere tutto ciò che prima eri. […] Spesso ti chiedi come puoi dare un senso alla tua esistenza ancora in vita, ad essere un sopravvissuto… lo puoi dare solo tramite la memoria” ha detto Angelo Corbo nel suo discorso. Così come non è mancata l’amarezza e la consapevolezza che, in quelle stragi, lo Stato ebbe una sua importante parte e non fece nulla per proteggere i giudici e i loro agenti di scorta. Ad esempio durante l’intervento di Antonio Vullo che, parlando degli avvoltoi “entrati con pettorina e stemma dello Stato” per recuperare dal luogo della carneficina l’agenda rossa di Borsellino, ha espresso la sua convinzione che quelle stesse persone “sarebbero entrate con il capo coperto e le armi non in dotazione” in caso si fosse salvato il giudice.


Oltre ai componenti delle scorte sopravvissuti, hanno parlato sul palco - allestito accanto all’Albero della Pace - i parenti delle vittime di mafia. Come Vincenzo Agostino, da 32 anni in attesa di verità sull’omicidio del figlio Antonino e dei suoi appunti rubati la notte stessa dell’omicidio da uomini di Stato. "Noi familiari delle vittime abbiamo fatto tanto. Ora tocca ad altri, bisogna scoprire i pupari, coloro che hanno tenuti i fili negli anni delle stragi e anche dopo. Non si può più aspettare". In alcuni interventi è stata espressa la delusione nel non vedere molti palermitani alla commemorazione, ma Luciano Traina, fratello di Claudio, agente di scorta vittima nella strage di Via d’Amelio, ha riassunto magistralmente il motivo in cui va ricercata questa assenza: “Perché quella parte marcia dello Stato, che ancora esiste, aveva fatto delle promesse a queste persone che avevano pensato bene che se ne fossero liberati [della mafia ndr] e non avrebbero più pagato il pizzo. Sono stati delusi per 29 anni. Come siamo stati delusi noi familiari. E se io personalmente vado avanti è grazie a voi che ci sostenete tutti i giorni, e non solo il 19”. Sul palco anche Sabrina Li Muli che, nel ricordare il fratello Vincenzo, il più giovane tra gli agenti della scorta di Borsellino rimasti vittime nell’esplosione, ha rimarcato l’importanza della memoria come unico strumento per ottenere giustizia, perché se non lo facciamo noi nessun’altro lo farà. A seguire l’intervento di Graziella Accetta, madre del piccolo Claudio Domino che aveva appena 11 anni quando venne ucciso dalla mafia. Molte, troppe ancora le domande a distanza di 34 anni che si affollano nella sua e nella nostra testa, “perché un bambino?” “Perché lo Stato voleva ammazzare un bambino?” “Chi sono stati i mandanti esterni?”
Immancabile l’intervento del vero motore della memoria di Via d’Amelio e del Movimento delle Agende Rosse, Salvatore Borsellino, che ha letto emozionato con le lacrime agli occhi la poesia “Giudice Paolo” di Marilena Monti. “Discreti. Mattino otto e trenta. Transenne. Asfalto delira cocente. Le scarpe mordicchiano i piedi. Li abbiamo comprati anche noi dei fiori vivaci! Non sono 'fiori di Stato' stirati, eleganti e bugiardi! I nostri son belli e sdruciti. Son fiori arrabbiati e cocenti di mani che stringono gambi sudati, bagnati di pianti. […] Ti giuro, giudice Paolo, dagli occhi di miele e mestizia, che noi ti faremo giustizia” recitano alcuni versi della poesia. Via D'Amelio, con tantissime persone presenti provenienti da ogni parte d'Italia, è tornata a farsi sentire. Ovunque si scorgeva la maglietta “Siamo tutti Nino di Matteo” in solidarietà al magistrato, consigliere del Csm, Nino di Matteo. La giornata è stata accompagnata da slogan come “Resistenza” e "Fuori la mafia dallo Stato", e la via si è tinta più volte del colore delle agende rosse alzate in cielo dai cittadini.

Foto © Paolo Bassani e Davide de Bari

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