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Il dibattimento riprenderà il 22 settembre

Una svolta inaspettata. La Corte d’Appello Gotha 3 reggina ha deciso di riaprire il dibattimento "in sonno" per cinque anni dopo il rinvio della Cassazione nel lontano 2017 e caratterizzato da impedimenti dei giudici e problemi legati alla pandemia.
Un processo estremamente delicato con il quale si sta cercando di stabilire se sull’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto ci sia stato il sigillo della mafia almeno fino al 2000.
La riapertura del dibattimento è infatti ritenuta dalla Corte d'Appello di "assoluta necessità, sulla scorta di quanto prodotto e richiesto dalla parte civile, di escutere il collaboratore di giustizia D’Amico Carmelo al fine di una corretta ricostruzione dei fatti".
Il sostituto procuratore generale Giuseppe Adornato aveva sostenuto nelle scorse udienze che su questo processo sarebbe addirittura maturata la prescrizione, tesi poi successivamente contestata dalla difesa di parte civile, l’avvocato Fabio Repici, il quale ha anche richiesto in dibattimento di far deporre il pentito Carmelo D'Amico il quale aveva già detto diverse cose su Cattafi.
Il legale inoltre nel gennaio scorso aveva inserito due elementi di grande rilevanza: una nota della Dda di Palermo, e un verbale di dichiarazioni del pentito D’Amico.
Nella nota della Dda palermitana è riportato un contenuto alquanto emblematico in cui un agente penitenziario nel corso del processo sulla “trattativa Stato-mafia” aveva sentito testualmente il capo di Cosa nostra Totò Riina affermare di conoscere Cattafi "chiamandolo 'Zio Saro' e definendolo un trafficante di armi".
Il secondo elemento riguarda invece il pentito D'Amico il collaboratore che ha chiamato in causa Cattafi per la vicenda del medico Attilio Manca, il brillante urologo barcellonese “suicidato” a Viterbo l’11 febbraio del 2004, perché, secondo le ricostruzioni dei familiari e del loro difensore, l'avvocato Repici, il giovane medico avrebbe curato Bernardo Provenzano per i suoi problemi alla prostata.
Nel 2017 la Suprema corte aveva già deciso sul troncone dell’operazione antimafia “Gotha 3”  per quanto riguardava la famiglia barcellonese includendo anche Cattafi e il boss Giovanni Rao, e il “cassiere” di Cosa nostra barcellonese Giuseppe Isgrò. Per loro due, con il rigetto dei ricorsi difensivi, le condanne d’Appello decise a Messina nel novembre del 2015 sono diventate definitive: 5 anni e 8 mesi per Rao, 7 anni e 6 mesi per Isgrò.
Per Cattafi invece i giudici della V sezione penale hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale. E con questo provvedimento cadeva definitivamente il ruolo di “capo” della mafia barcellonese che gli era stato attribuito in precedenza dall’accusa. Poi hanno stabilito che bisognava rifare tutto in relazione alla condanna decisa dalla Corte d’appello di Messina per la sua appartenenza all’associazione mafiosa barcellonese solo fino al 2000, statuendo cioè che dopo quella data non c’erano elementi sufficienti a supporto dell’accusa.

Fonte: reggio.gazzettadelsud.it

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