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Provveditore accusato di depistaggio

Torture ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti (fra calci, pugni e manganellate), lesioni personali, tutti reati pluriaggravati. E pure falso in atto pubblico, anche per induzione, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.
Sono accuse dure quelle mosse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere dopo un'indagine durata quasi 15 mesi. Gli inquirenti hanno ottenuto dal gip 52 misure cautelari nei confronti di agenti e dirigenti della Polizia Penitenziaria e funzionari del DAP in relazione ai fatti che sarebbero avvenuti nel carcere casertano, il 6 aprile 2020, in pieno lockdown. Violenze che sarebbero state perpetrate durante perquisizioni disposte dopo la rivolta del giorno precedente con le proteste innescate dai detenuti preoccupati per un caso di Covid-19.
Nell'ordinanza del Gip quanto avvenuto viene definito come una "orribile mattanza".
Secondo le ricostruzioni delle indagini i detenuti sarebbero stati tirati fuori dalle celle, in un corridoio umano attraverso il quale sarebbero stati costretti a camminare, subendo calci, pugni, schiaffi alla nuca, violenti colpi di manganello e umiliazioni come l'inginocchiamento o la rasatura di barba e capelli.
Un'azione che, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto lo scopo di recuperare il controllo del carcere. La ricostruzione dei fatti è stata possibile grazie ai filmati dell'impianto di videosorveglianza interna della struttura e dalle chat recuperate dagli smartphone sequestrati agli agenti.
In totale sarebbero stati oltre 130 i carcerati pestati. "I detenuti - ha spiegato ai giornalisti il procuratore Maria Antonietta Troncone - sono stati costretti a passare in un corridoio di agenti che li picchiavano, subendo a capo chino, quasi rassegnati"; 14 finirono in isolamento, senza alcuna assistenza, perché accusati di essere i più facinorosi. Uno stratagemma, per i pm, usato per costruirsi l'alibi per le violenze ("con discrezione e qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro e a qualche pentolino", si legge in una chat).
Uno dei reclusi in isolamento morì, un mese dopo la perquisizione, a causa di un mix di oppiacei.
Un decesso, secondo il gip, non legato ai maltrattamenti, come ipotizzato dalla Procura.
I carabinieri di Caserta, coadiuvati dalla stessa Penitenziaria, hanno eseguito 8 arresti in carcere, 18 ai domiciliari (tra i destinatari i due comandanti dei poliziotti allora in servizio), 3 obblighi di dimora e 23 misure di sospensione dall'esercizio dell'attività pubblica: una sospensione riguarda il provveditore regionale alle carceri campane Antonio Fullone, che risponde di depistaggio, favoreggiamento e falso. Avrebbe ostacolato le indagini alterando i verbali delle perquisizioni e ordinato il blitz per "riprendersi l'istituto" e "dare un segnale" sia agli agenti, che pretendevano una risposta forte dopo le intemperanze, sia, ovviamente, ai reclusi. "E' molto grave l'opera di depistaggio realizzata dopo le violenze del 6 aprile 2020", ha detto il procuratore aggiunto Alessandro Milita. Sarebbero 117 gli indagati, tra cui due medici dell'Asl accusati di aver falsificato i referti medici di 13 agenti. Tra gli arrestati figurano soprattutto agenti di Santa Maria Capua Vetere, riconosciuti dai carcerati. Per il gip avrebbero potuto reiterare i reati. Non identificati, o quasi, quelli (99 in tutto) provenienti da Secondigliano e da altre carceri. Le indagini sono partite l'8 aprile dopo la denuncia del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello informato dalle mogli dei reclusi.

Foto © Imagoeconomica

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