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La rete delle società immobiliari dei servizi e il ruolo di Domenico Catracchia

Ieri all’udienza del processo sulla strage di Bologna che vede come principale imputato Paolo Bellini si è discusso del famoso covo di via Gradoli 96 a Roma e i presunti legami con uomini dei servizi di sicurezza. In aula è venuto fuori che la maggior parte degli appartamenti del condominio, dove si trovava il covo del brigatista Mario Moretti durante i giorni del sequestro dell’on. Aldo Moro e che ospitò anche un rifugio dei terroristi Nar tre anni dopo, nel 1981, erano gestiti da tre società immobiliari - la Caseroma srl, la Immobiliare Gradoli srl e la Monte Valle Verde. Società, queste, legate ai servizi segreti, e in particolare al Sisde. Si è parlato di Domenico Catracchia, che fu amministratore di molti appartamenti di via Gradoli e, come ricostruito dalle indagini del maggiore Biagio Palmieri della Guardia di Finanza, era amministratore unico della Caseroma srl e socio della Gradoli spa, quest'ultima generata dalla Fidrev srl, società di consulenza dei servizi. Catracchia fu tra i primi a intervenire nel 1978 quando venne scoperto il covo di via Gradoli. Da quanto ricostruito, inoltre, il prefetto Vincenzo Parisi, prima direttore del Sisde e poi capo della polizia, dal 1979 al 1986 aveva quattro immobili in via Gradoli, intestati ai suoi familiari, tra i quali uno proprio al civico 96. E nell'agenda di Catracchia venne ritrovato un numero fisso che all'epoca era intestato a Parisi. Degli appartamenti in via Gradoli 96 ha parlato anche l'ex ispettore del commissariato Flaminio di Roma Consilio Pacilio, che nell'agosto del 1994 fece degli accertamenti e dei sequestri nella strada durante un'indagine per accertare la presenza di immigrati che vivevano in condizioni "disumane" in alcuni garage e sotterranei. "Facemmo una perquisizione nello studio dell'Immobiliare Gradoli, dove c'era Catracchia, e sequestrammo i contratti per vedere se erano regolari. Perquisimmo anche l'ufficio di Catracchia e nell'occasione mi disse che c'erano degli appartamenti che appartenevano al capo della polizia Parisi, anzi alla sua famiglia". Pacilio, sentito dalla Procura generale durante le indagini, disse che Catracchia "mi fece capire che potevano esserci dei problemi per la mia carriera, e il riferimento era agli appartamenti del dottor Parisi". Da quel momento Catracchia si presentò spesso al commissariato, "ed ebbi la sensazione che i miei colleghi lo temessero". Qualche mese dopo, ha raccontato ancora Pacilio, "venni arrestato con l'accusa di aver sottratto al pm alcuni verbali degli interrogatori sul delitto dell'Olgiata e di averli consegnati a un certo Roland Voller. In realtà erano delle fotocopie che mi diede una collega ispettrice che lavorava al Sisde, dicendo che era stata autorizzata dal segretario del magistrato". L’ex commissario patteggiò una condanna per il reato di violazione del segreto d'ufficio e venne invece assolto dall'accusa di aver sottratto i documenti, così come la collega del Sisde. Anche il procedimento disciplinare al quale venne sottoposto lo scagionò dalle accuse. La vicenda relativa agli immigrati venne invece archiviata. Infine è stato ascoltato il prefetto Vittorio Stelo, direttore del Sisde dal 1996 al settembre 2001. In una relazione del 1998 inviata al ministro dell'Interno e al Cesis, Stelo confermò il collegamento tra la Fidrev e l'Immobiliare Gradoli, ma non fece riferimento alle proprietà immobiliari di Parisi in via Gradoli e davanti alla commissione Stragi affermò di non saperne niente, nonostante gli articoli usciti sui giornali mesi prima e la ricostruzione fatta dal senatore Sergio Flamigni nel suo libro 'Convergenze parallele'.
Tra le testimonianze di ieri ci sarebbe dovuta essere anche quella dell'ex brigatista Adriana Faranda, che però ha inviato un certificato medico per giustificare la sua impossibilità di partecipare all'udienza e quindi sarà riconvocata il 7 luglio.

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