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Silvana Saguto si è avvalsa di “una organizzazione, tutt’altro che rudimentale, preesistente al loro accordo criminoso (il patto corruttivo contestato in concorso con l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara) e coincidente con quella struttura normativamente disciplinata che consente la gestione dei patrimoni sequestrati”.
E' iniziato con queste parole il processo d’appello alla Procura di Caltanissetta nei confronti dell'ex giudice Silvana Saguto firmato dal pubblico ministero Claudia Pasciuti (nel primo grado c'era anche il giudice Maurizio Bonaccorso).
Secondo i pm ci sarebbero sufficienti elementi per poter contestare il reato di associazione a delinquere il quale non ha trovato sufficienti riscontri probatori nella precedente sentenza di condanna in primo grado che ha condannato l'ex giudice lo scorso 28 ottobre a otto anni e sei mesi di reclusione con l'accusa di corruzione e abuso d'ufficio.
Infatti la procura cercherà di dimostrare nel nuovo processo che l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo meritava la condanna a 15 anni e 4 mesi come richiesto in primo grado (invece degli otto anni e mezzo) poiché "il programma criminoso" era "destinato a trascendere e superare il solo accordo corruttivo" al fine di "ispirare la commissione di tutti quei reati che potessero ritenersi funzionali al fine ultimo dell’illecito arricchimento dei sodali”.
Per anni infatti secondo i pm “Saguto, Cappellano e Caramma hanno agito pressoché indisturbati muovendosi nei gangli di un procedimento complesso, le cui peculiarità, note quasi esclusivamente ai tecnici del settore, hanno fornito loro la copertura dell’apparente liceità del loro agire” portando avanti "il programma criminoso" anche quando Saguto ha iniziato a discutere della gestione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo  cercando di “fare lavorare Lorenzo” (il marito) con Cappellano Seminara lontano da Palermo coinvolgendo anche l’amico Guglielmo Muntoni, giudice della Capitale.
Inoltre gli imputati avrebbero utilizzato una procedura che comprendeva la nomina degli amministratori in funzione di una gestione dei beni sequestrati al fine di realizzare i "loro scopi illeciti" e per giungere alla “massimizzazione degli illeciti profitti perseguiti”.
Il tribunale infatti aveva ritenuto che l'ex giudice era il perno di un sistema corruttivo, ma mancava la prova che l'ex giudice (assieme al marito Lorenzo Caramma e all'avvocato Cappellano Seminara) avesse creato un gruppo "stabile e strutturato" al fine di "massimizzare i profitti illeciti". Di conseguenza non fu possibile dimostrare il reato di  associazione a delinquere. Sono stati assolti anche l’amministratore giudiziario Aulo Gigante (alla fine del processo di primo grado furono gli stessi pm a sostenere che fosse “vittima di concussione” e non “complice corrotto” di Saguto) e il giudice Lorenzo Chiaramonte
Per fare chiarezza Chiaramonte è uscito definitivamente dal processo con assoluzione piena poiché nel suo caso la procura di Caltanissetta non ha avanzato l'Appello.
Oltretutto la procura ha deciso di ricorrere all'Appello non solo per cercare di dimostrare l'esistenza di una struttura associativa ma anche per i 20mila euro consegnati dentro un trolley alla casa dell’ex giudice dall'amministratore giudiziario Cappellano Seminara nel 2015.
Tuttavia la prova di tale cessione di denaro era arrivata a coprire la cifra di soli 9.500 euro.
I soldi sarebbero stati dati da Cappellano all'architetto Giuseppe Caronia in base alla causale di pagamento per dei lavori per un valore complessivo di 60mila euro. Tuttavia l'amministratore giudiziario avrebbe chiesto indietro 20mila euro in contanti, denominati "documenti" nelle intercettazioni telefoniche captate dagli investigatori.
Tuttavia ai finanzieri che lo convocarono durante le indagini, Giuseppe Caronia ha detto che quando parlava di documenti stava effettivamente parlando di carta stampata, areazione che ha smentito poco tempo dopo a suo dire per paura di incorrere in una sanzione.
Per questa falsa dichiarazione Caronia non è stato più considerato testimone attendibile e il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti per valutare "l‘ipotesi della falsa testimonianza". Ma per la procura la parte più significativa della deposizione di Caronia non perde di valore e le dichiarazioni fallaci potrebbero essere legate al cattivo ricordo o “al timore di essere coinvolto in qualche modo nella vicenda di corruzione”.

Fonte: livesicilia.it

Foto © Imagoeconomica

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