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Indagini concluse anche per Elena Venditti, Giovanna Cogolli e Stefano Sparti. Bolognesi: “Ex Nar mentirono spero vadano in galera”

Un nuovo processo potrebbe aprirsi sui fatti del 2 agosto 1980. Gli ex terroristi di estrema destra condannati in via definitiva per la strage di Bologna - Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (tutti dichiaratisi innocenti) - rischiano di finire alla sbarra per falsa testimonianza e calunnia. Si tratta di reati che secondo i pm Antonio Gustapane e Antonella Scandellari, che hanno firmato l’avviso di conclusione indagini, sarebbero stati commessi nel corso del dibattimento del processo conclusosi in primo grado davanti alla Corte d’Assise di Bologna nel gennaio 2020 e che ha visto la condanna all'ergastolo di Gilberto Cavallini, ritenuto il quarto responsabile materiale dell’attentato. Indagini concluse anche ai danni di Elena Venditti, Giovanna Cogolli e Stefano Sparti, il figlio di Massimo, testimone chiave del processo che si concluse con la condanna di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, secondo cui il padre avrebbe ammesso di essere stato 'imbeccato'. Per quanto riguarda il caso di Ciavardini, l’ex Nar di aver taciuto, durante il processo a Cavallini, "l'identità del personale medico che lo aveva curato per la ferita riportata durante l'attentato commesso, insieme a Cavallini, Fioravanti e altri, a Roma il 28 maggio 1980, per il quale aveva ammesso le sue responsabilità" e "l'identità di coloro, amici del Cavallini, che lo avevano ospitato a Viliorba di Treviso e zone limitrofe tra il luglio e l'agosto 1980, quando non era in casa del Cavallini". Come detto le indagini sono state chiuse anche nei confronti di Stefano Sparti, che secondo la Procura ha mentito a più riprese riguardo alla testimonianza del padre Massimo e su quello che fece il giorno della strage. Venditti è, invece, accusata di aver negato "contrariamente al vero, che Luigi Ciavardini, nella giornata dell'1 agosto 1980, avesse fatto avvertire per telefono (tramite il padre di Marco Pizzari) lei stessa, Cecilia Loreti e Marco Pizzari di spostare la partenza in treno da Roma a Venezia dall'1 al 3 agosto, affermando, invece, falsamente che la telefonata fosse stata fatta il 2 agosto". A Cogolli, la Procura contesta di aver negato "di conoscere Massimiliano Fachini, leader del neofascismo" e che "nei giorni precedenti al 2 agosto 1980 a Bologna, o in località limitrofa" lo aveva incontrato e "le aveva detto di allontanarsi con urgenza da Bologna perché 'sarebbe accaduto qualcosa di grosso', così 'che era meglio che andasse via dalla città per evitare di essere coinvolta', come da lei, invece, riferito prima a Mauro Ansaldi e poi a Paolo Stroppiana, anche loro esponenti della destra eversiva". In più avrebbe affermato "falsamente che in quel periodo era a Borgo Passignano sul Trasimeno in Umbria per essere più vicina a Fabrizio Zani, all'epoca detenuto a Roma, con il quale aveva una relazione sentimentale". Valerio Fioravanti, come si legge nell'avviso di fine indagine della Procura di Bologna, oltre che per false affermazioni durante il processo a Gilberto Cavallini per la Strage del 2 agosto, è accusato anche di calunnia nei confronti dell'allora comandante della Sezione Speciale Anticrimine dei Carabinieri di Padova, Giampaolo Ganzer. Francesca Mambro, infine è accusata di aver "affermato falsamente che, durante le indagini sulla Strage di Bologna condotte nei confronti di lei e di Valerio Giuseppe Fioravanti, 'c'è stato un momento in cui c'è stato anche offerto un modo per uscire da questa vicenda accusando della strage Giorgio Vale perché era morto; accusavamo una persona che non c'era più, e avremmo risolto il problema', senza fare i nomi delle persone, appartenenti agli organi inquirenti impegnati nelle indagini sulla strage di Bologna, che avrebbero sollecitato lei e Valerio Giuseppe Fioravanti a far ricadere la responsabilità penale della Strage su Giorgio Vale, deceduto il 5 maggio 1982, componente dei Nar".
La Corte di Assise di Bologa aveva denunciato nella sentenza di condanna di Cavallini, per reati che sarebbero stati commessi nel corso del dibattimento, dalla falsa testimonianza alla calunnia, anche Flavia Sbrojavacca, Roberto Romano, Fabrizio Zani, il generale Mario Mori e Valerio Vinciguerra, che, per il momento, non hanno ricevuto l'avviso di fine indagine, oltre a Pierluigi Scarano, non citato nell'avviso, ma a cui è arrivata la richiesta di elezione di domicilio.

I casi Fioravanti e Sparti
Nello specifico per Valerio Fioravanti l’accusa di calunnia riguarda le sue dichiarazioni su Giampaolo Ganzer. L’ex terrorista è accusato di aver "affermato falsamente", si legge nell'avviso, che il militare - "che il 5 febbraio 1981 aveva proceduto ad identificare in Fioravanti Valerio il giovane (che aveva fornito le false generalità di De Angeli) ricoverato presso l'Ospedale suddetto, a seguito del conflitto a fuoco avuto quella sera e nel corso del quale erano stati uccisi i Carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese - aveva dato disposizioni al personale sanitario dell'Ospedale civile di Padova, che aveva in cura il Fioravanti", che - ha dichiarato Fioravanti - 'venissi lasciato morire sulla barella, cosa che tra l'altro ha confermato a Salvini', G.l. presso il Tribunale di Milano, dicendogli 'Ma Fioravanti non ne voleva sapere di morire, io ho fatto di tutto, ma lui non è morto'". Fioravanti inoltre "deponendo come testimone" dinanzi "alla Corte di Assise di BOLOGNA nel processo penale a carico di Gilberto Giorgio Guido Cavallini" - spiegano le carte - "incolpava di aver tentato di farlo uccidere dal personale medico dell'Ospedale civile di Padova (non facendolo curare per le ferite riportate nel conflitto a fuoco del 5 febbraio 1981) il medesimo capitano Ganzer, che sapeva essere innocente e aver svolto indagini sulla strage di Bologna. Sul capo di Fioravanti pendono anche altre accuse. La Procura ritiene che "per ostacolare" il processo a Gilberto Cavallini e "assicurare alla Mambro, sua moglie, l'impunità", in risposta alle domande del Presidente della Corte di Assise che gli domandava: 'all'udienza del 6 giugno sua moglie ha affermato che vi dissero che, se aveste accusato Giorgio Vale di avere messo la bomba, cioè uno che era morto e non poteva contraddire, ve la sareste cavata. E' vero? Chi è che vi ha dato questo consiglio?', Fioravanti affermava falsamente: 'Si, ce l'hanno detto più volte, quasi tutti i magistrati che hanno collaborato alla fase delle indagini, ma anche del dibattimento, non credo che abbia detto esplicitamente 'Giorgio Vale'. Hanno detto che dovevamo accusare qualcuno, se volevamo essere lasciati in pace, e noi abbiamo dedotto che i due morti erano Vale e Alibrandi, e avremmo potuto cavarcela con una cosa del genere". "Uno molto sgradevole - ha affermato ancora Fioravanti - credo che fosse Nunziata, che insisteva nel dire che io sarei morto in cella e che quindi era meglio che parlavo. E poi, con toni meno sgradevoli, è un argomento che hanno usato un po' tutti". La Procura accusa anche Fioravanti di aver reso false dichiarazioni e aver calunniato i magistrati Giorgio Fioridia, giudice istruttore, e Claudio Nunziata, pubblico ministero, che il 2 giugno 1982 lo avevano interrogato nella casa circondariale di Rebibbia a Roma, nell'ambito dell'istruttoria formale sulla strage del 2 agosto ’80. Fioravanti - scrivono i giudici - deponendo come testimone dinanzi alla Corte di Assise di Bologna nel processo penale a carico di Gilberto Cavallini accusava i due magistrati, "sapendoli innocenti, di favoreggiamento personale aggravato di lui e di Francesca Mambro, avendolo sollecitato a far ricadere la responsabilità penale della STRAGE su Giorgio Vale, deceduto il 5 maggio 1982, e su Alessandro Alibrandi, deceduto il 5 dicembre 1981, altri componenti dei Nar".
Per quanto riguarda, invece, Stefano Sparti, figlio del testimone chiave che inchiodò Francesca Mambro e Valerio Fioravanti per l’attentato, secondo la procura ha affermato falsamente "che il 2 agosto 1980 si trovava a Cura di Vetralla insieme a suo padre Massimo Sparti e a sua madre Maria Teresa Venanzi, quando nella mattinata con un taxi giallo arrivò da Roma per trovarli Cristiano Fioravanti, che non vedeva da circa un anno e mezzo e che poi ripartì nel pomeriggio in autobus" e ancora "che il 4 agosto 1980, il padre Massimo Sparti era stato tutto il giorno con lui e la madre a Cura di Vetralla; che non ricordava la località dove andò in vacanza con i genitori nell'agosto 1980; che non ricordava quando i genitori si separarono e cessarono di convivere; che a quindici anni andò dal giudice tutelare per chiedere 'di non essere più obbligato a vedere il padre', così che non lo vide più, troncando con lui ogni rapporto". E la lista delle false affermazioni contestate dalla Procura è ancora lunga. Tra queste, "che, tre giorni prima che il padre morisse, andò a trovare il padre in un ospedale, del quale non sapeva precisare né dove fosse né come si chiamasse" e che "in quella occasione, alla sua contestazione del perché avesse testimoniato il falso sulla strage di Bologna - sostenendo che 'Fioravanti era andato da lui il 4 agosto 1980 a chiedere documenti falsi e gli aveva detto che lui e Mambro erano alla stazione di Bologna in abiti da turisti tedeschi' -, il padre, che aveva 'dolori lancinanti e soffriva le pene dell’’inferno', gli aveva risposto 'Non potevo fare altrimenti e l'ho fatto per voi'". Ancora avrebbe affermato falsamente "che la madre quando andava in carcere a trovare il marito Massimo Sparti gli passava delle anfetamine per farlo dimagrire e che l'uomo facesse uso di droga". Ma soprattutto Sparti figlio avrebbe mentito affermando che il padre "dopo essere stato scarcerato, si vantava 'di essere riuscito a uscire dal carcere ingannando la magistratura', quando era all'interno della famiglia e con le persone ovviamente con cui magari si intratteneva dentro casa", sostenendo che "era riuscito a uscire di prigione insomma in maniera non corretta, non per un motivo reale, avendo simulato il tumore". E ancora, infine, gli si contesta di aver affermato "che per percorrere in autovettura nell'agosto 1980 la distanza tra Roma quartiere Monteverde e Cura di Vetralla occorressero circa due ore e mezzo" e che, "quando la madre fu chiamata a deporre nel processo di primo grado a carico di Luigi Ciavardini per la strage di Bologna, la Corte di assise per i minorenni non accettò di assumere Stefano Sparti come testimone".

Le parole di Bolognesi
La notifica di chiusura indagini è stata commentata da Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime. "Spero tanto che vadano in galera. E' tutta gente che per quarant'anni non ha detto altro che balle palesi”, ha detto all'AdnKronos. "Speriamo che anche questo processo si concluda con un altro passo verso la verità". "Speriamo si possa fare un po' di chiarezza", ha spiegato Bolognesi.

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