Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Nei giorni scorsi il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ha eseguito 6 misure di arresti domiciliari e una misura interdittiva nell'ambito di un'inchiesta sulla società di mutuo soccorso "Cesare Pozzo" in cui emerge anche un ruolo "chiave" di Gianluigi Torzi, finanziere già coinvolto nell'indagine vaticana sul palazzo acquistato a Londra dall'alto prelato Angelo Becciu. Anche Torzi è "indagato e destinatario del provvedimento di sequestro" emesso dalla Procura di Milano che ha ipotizzato i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, false comunicazioni sociali e appropriazione indebita.
La presunta truffa sarebbe stata messa a segno in particolare con l'acquisto di bond ad alto rischio lussemburghesi per 15 milioni di euro, e si sarebbe protratta fino al 2020.
Un'inchiesta delicata da cui emerge anche l’ombra della 'Ndrangheta. Infatti, secondo quanto emerso da una nota del procuratore Francesco Greco, vi sarebbe un folto gruppo di imprenditori calabresi legati alle cosche tra gli ideatori di un sistema di falsa fatturazione con il quale avrebbero drenato milioni di euro dai conti, appunto, della società di mutuo soccorso in ambito sanitario.
"L’ombra della 'Ndrangheta sulla società - ha detto il procuratore - spiega come tra i beneficiari del denaro distratto, oltre al presidente e al direttore generale pro tempore, ci sia un nutrito numero di soggetti, tutti residenti in Calabria, titolari di aziende formalmente operanti nel settore edile, alcuni dei quali risultati contigui ad ambienti della criminalità organizzata locale".
Sempre secondo l’accusa gli imprenditori avrebbero agito in sinergia con Ferdinando Matera (ex procuratore speciale) e Armando Messineo (presidente del consiglio di amministrazione della società Cesare Pozzi).
Le risorse drenate dalla suddetta società sarebbero poi finite nelle mani di un gruppo di imprenditori capeggiati da Fausto Lopez- detto “Papi” - attraverso fatture di operazioni inesistenti.
Il Procuratore Greco ha riferito anche che i titolari delle aziende sarebbero risultati “contigui ad ambienti della criminalità organizzata”.
L’inchiesta è stata coordinata dei pm Giordano Baggio e Carlo Scalas insieme al nucleo di polizia economico - finanziaria della guardia di finanza di Milano.
Il g.i.p ha disposto 11 misure cautelari, di cui 6 domiciliari, con accuse che comprendono i reati di associazione a delinquere e truffa.
Secondo il Gip, Ferdinando Matera e Armando Messineo sotto la regia dell’avvocato Squillace e del broker Gianluigi Torzi, hanno portato avanti - tra il 2017 e il 2018 - un’operazione di acquisto di “obbligazioni lussemburghesi” per un valore di 15 milioni di euro, tali obbligazioni rientrano in quella categoria che il Financial Times ha definito “mafia bond”. Questi titoli sono ricavati da obbligazioni appartenenti a società private del Sud Italia che sarebbero riconducibili all’Ndrangheta.
Il comitato di affari della Cesare Pozzo, composto da manager - probabilmente ignari della dubbia provenienza mafiosa dei titoli - e da alcuni broker collegati a Torzi nel 2017 hanno investito 15 milioni di euro per l’acquisto delle obbligazioni lussemburghesi Csj Healthcare 4% emesse dalla società B Securitization rappresentata dalla Beaumont Invest Service, di proprietà del Torzi.
Nel verbale del consiglio di amministrazione del 2017, Messineo e Matera illustravano l’operazione come “acquisto di obbligazioni garantite da debiti contratti dallo Stato di certa esazione”. Ma secondo il giudice invece c’era un grave problema poiché “l’azienda cedente a monte non deve fornire alcuna garanzia alla società veicolo in caso di mancato pagamento da parte dei debitori”.
Di conseguenza se l’acquirente finale - in questo caso la Cesare Pozzi - ha investito del denaro in obbligazioni e il credito risulta inesigibile in quanto ad esempio la società privata è collegata alla mafia c’è il forte rischio di non ricevere né gli interessi di cedola né di recuperare il capitale. Questo rischio, sarebbe emerso nell'inchiesta, non era stato comunicato da Messineo e Matera ai vertici del Cda il quale ha esposto querela nel 2019.

Foto © Imagoeconomica

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos