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Depositate motivazioni sentenza processo appello a 5 medici

La sorella Ilaria: “Fu il pestaggio a causare il ricovero”

"Lo Stato ha certamente il diritto di fare un prigioniero, ma non di disinteressarsene. Questo è il terreno del tutto trascurato, in cui una vicenda, dal punto di vista giudiziario banale (un arresto in tema di stupefacenti), volge in pochi giorni in tragedia". A scriverlo sono i giudici della corte d'appello di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui il 14 novembre del 2019 hanno disposto una assoluzione e riconosciuto quattro prescrizioni per cinque medici dell'ospedale Sandro Pertini coinvolti nella vicenda di Stefano Cucchi. Erano tutti accusati di omicidio colposo. "Cucchi - scrivono i giudici nel documento di 69 pagine - rappresentava indubbiamente un paziente di difficile approccio, probabilmente scarsamente disponibile all'interlocuzione, forse con venature antisociali, certamente oppositivo ed ancorato ad una caparbia ed infantile posizione di rifiuto dei trattamenti". Per i magistrati però “è troppo sbrigativo e troppo semplice affermare a questo punto che il paziente rifiutava le cure ed i trattamenti e quindi nulla può contestarsi ai sanitari". Per la corte invece siamo in presenza di "un festival di insipienze che deve aver prodotto una reazione, definiamola puerilmente sdegnata, da parte di un soggetto verosimilmente già portatore di proprie fragilità. Di qui il passo è breve: lasciarsi andare, optare per il tanto peggio tanto meglio per far nascere nelle persone che si reputano intimamente responsabili del suo stato il senso di colpa". Sempre stando ai giudici della corte d’Appello di Roma il giovane geometra romano morto nel 2009 "fu certamente sollecitato a nutrirsi e ad assumere bevande liquide, ma, verosimilmente non ricevette mai né da alcuno una informazione adeguata, dettagliata e completa in merito alle sue condizioni cliniche, alle necessità di trattamento che esse comportavano ed ai rischi cui andava in contro con il suo atteggiamento".
"La sentenza nei confronti dei medici, quella che ha concluso il primo processo 'kafkiano', nonostante sia basata su risultanze mediche falsate e deviate, come accertato dalle successive indagini fatte dalla procura di Roma e dai giudici della Corte d'Assise di Roma bis, ha comunque riconosciuto la multifattorialità della morte di Stefano”, ha commentato in un post su Facebook, Ilaria Cucchi, sorella della vittima. "Senza quel violentissimo pestaggio non sarebbe mai stato ricoverato al Pertini e non sarebbe morto tra atroci sofferenze. Non dimentichiamo che al momento del suo arresto era da poco uscito dalla palestra”.

In foto: Ilaria Cucchi, sullo sfondo il fratello Stefano Cucchi © Imagoeconomica

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