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Il boss Sebastiano Nirta è stato condannato all’ergastolo in via definitiva dalla Suprema Corte di Cassazione per la Strage di Duisburg avvenuta il 15 Agosto 2007 nell’omonima cittadina tedesca all’interno del parcheggio del bar “Da Bruno”.
In quel delitto furono uccisi sei uomini (Marco Marmo 25 anni, Francesco Giorgi 16 anni, Francesco Pergola 22, Marco Pergola 19, Sebastiano Strangio 38, Tommaso Francesco Venturi 18) originari di San Luca, un comune della Calabria. Sebastiano Nirta era il cognato di Maria Strangio, 33enne madre di tre bambini e moglie del boss e capo dell'omonima cosca Giovanni Luca Nirta, uccisa a San Luca il giorno di Natale del 2006.
Un omicidio che, secondo la ricostruzione della Dda di Reggio Calabria, sarebbe stato la causa scatenante della strage di Duisburg.
L’iter giudiziario di Sebastiano Nirta è stato assai complesso. Il suo arresto avvenne nel febbraio del 2010 nell’ambito dell’operazione “Fehida 3” eseguita dalla Polizia di Stato e organizzata dalla Dda di Reggio Calabria. Al primo grado di giudizio venne condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise di Locri, la condanna venne successivamente riformata in Appello nel luglio del 2015 in cui al Nirta fu confermata la condanna a 12 anni per associazione mafiosa ma assolto dall’accusa di omicidio per “non aver commesso il fatto”. La Procura Generale presentò ricorso alla Suprema Corte la quale ordinò un nuovo rinvio a giudizio in Appello, nel cui esito i giudici della Corte di Assise di Reggio Calabria presieduta dal magistrato Daniele Cappuccio e a latere Francesca Di Landro condannarono Sebastiano Nirta all’ergastolo con le accuse di omicidio pluriaggravato, detenzione e porto di armi comuni in concorso nell’ambito della strage.
I giudici, nelle motivazioni della sentenza di Appello bis del 2019, avevano evidenziato che: “Il quadro indiziario raccolto a carico di Sebastiano Nirta si compone di una pluralità di elementi che, unitariamente e sinergicamente intesi, convincono, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sua partecipazione efficiente alla fase preparatoria ed a quella esecutiva dell’eccidio”.
La sentenza era stata impugnata dalla difesa di Sebastiano Nirta composta dagli avvocati Vincenzo Nico D’Ascola, Antonio Russo, Francesco Siclari e Antonio Ferma i quali sostenevano, in sintesi, la mancanza di elementi che potessero ribaltare la sentenza di assoluzione del luglio 2015.
Le motivazioni del ricorso sono state respinte dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione stabilendo così in via definitiva la condanna all’ergastolo per il boss Sebastiano Nirta.
Quell’attentato rappresenta un momento chiave nella storia della lotta alla mafia, specie sul piano internazionale.
Fino a quel momento la Germania non aveva mai ammesso che la criminalità organizzata calabrese fosse presente sul suo territorio nonostante i reiterati avvertimenti di numerosi addetti ai lavori.
Basti pensare alle parole del Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri o del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo più volte intervenuti per spiegare come quello della mafia sia un “fenomeno criminale transnazionale” che vede protagonisti “soggetti non immediatamente identificabili che operano, in modo infedele e su scala mondiale, nei principali ambiti strategici: politico, istituzionale, professionale, informativo, finanziario, imprenditoriale, sanitario, bancario ed economico".
L’eccidio ha contribuito a risvegliare l’attenzione sul problema ‘Ndrangheta in Germania e questa nuova sentenza ci ricorda quanto sia importante non tornare all’interno della cortina di silenzio che è tanto cara alle mafie.

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