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Difende l’operato dei suoi uomini il generale dei Carabinieri Salvatore Luongo, sentito ieri al processo per il presunto depistaggio compiuto dai carabinieri a seguito della morte del giovane romano Stefano Cucchi di cui oggi si ricorda l’undicesimo anniversario. In aula il generale ha ammesso di non aver controllato “gli atti che inviammo alla Procura, mi fidai della nota redatta dal comandante Lorenzo Sabatino. Quest’ultimo, già comandante del reparto operativo di Roma, è imputato con il maggiore Tiziano Testarmata per omessa denuncia e favoreggiamento, perché nel corso delle indagini del 2015, non avrebbe comunicato al pm Giovanni Musarò l’esistenza delle duplici annotazioni di servizio, redatte nel 2009, che si riferivano alle condizioni di salute di Cucchi.
L’incarico a Luongo è affidato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone: “Mi venne consegnata in busta chiusa la richiesta riservata per l’acquisizione documentale di diversi atti legati alla vicenda Cucchi. Penso che Pignatone si sia rivolto a me per galateo istituzionale e per il rapporto personale e fiduciario”. Luongo, quindi, convocò il suo “braccio destro” Sabatino con il quale si coordinò: “Decidemmo di incaricare Testarmata di acquisire gli atti, doveva portare le singole richieste alle compagnie Casilina, Tor Sapienza e gruppo Roma, e sovrintendere all’acquisizione”. Al termine, Sabatino tornò da Luongo. “Mi disse che c’erano quattro annotazioni, con la stessa data, firmate da due carabinieri, quasi identiche, con alcune diversità ma non di forma. Gli risposi che la cosa importante era trasmettere tutto”, ha aggiunto il generale. Nonostante il ruolo gerarchico, il generale non guardò i singoli atti: “Non controllai gli allegati, guardai l’elenco che mi presentò Sabatino, e gli dissi di preparare una nota per me e una a mia firma da inviare alla Procura - ha spiegato in aula il generale -. E quando vennero trasmesse non segnalammo l’esistenza delle doppie annotazioni. Penso che Sabatino si limitò solo a trasmettere gli atti, non eravamo delegati a indagare”. Incalzato dal pm Musarò, Luongo ha ammesso: “Non capivo il peso dell’acquisizione di quegli atti, perché non conoscevo l’indagine della Procura. Non sapevo che le annotazioni fossero dei falsi, pensavo fossero due diverse copie. Solo dopo ho informato i miei superiori”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

In foto: i genitori di Stefano Cucchi, Rita e Giovanni, con accanto la sorella Ilaria © Imagoeconomica

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