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Il governo prepara la stretta
di Aaron Pettinari
Aspettando di leggere l'annunciato decreto legge di governo nel tentativo di "contenere" il fenomeno delle scarcerazioni dei capimafia detenuti in Alta sicurezza e 41 bis, cresce l'elenco dei boss che si vedono riconosciuti i domiciliari.
A tornare a casa è l'imprenditore Angelo Porcino, 63 anni, ritenuto elemento di spicco del clan di Barcellona Pozzo di Gotto in contatto diretto con figure di spessore come Giuseppe Gullotti, condannato definitivamente per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, e Rosario Pio Cattafi. Il suo nome compare nelle varie operazioni Gotha e di recente è stato coinvolto nel blitz "Dinastia", dello scorso febbraio. Subito dopo i giudici messinesi gli avevano concesso i domiciliari ma era rimasto in carcere per l'operazione Gotha VII. Inoltre Porcino finì anche nell’inchiesta sulla morte dell’urologo Attilio Manca. Infatti, una decina di giorni prima che l'urologo morisse gli fece chiedere un appuntamento a Viterbo dal cugino, Ugo Manca. Una circostanza che venne confermata dalla madre del medico, Angelina, la quale dichiarò agli investigatori che il figlio la chiamò per chiederle informazioni su tal Porcino, che gli aveva chiesto un appuntamento.
Era detenuto a Voghera, adesso, però, potrà tornare a casa. Il motivo è sempre lo stesso: motivi di salute.
Nella decisione un peso lo avrebbe avuto anche l'allarme coronavirus scattato a Voghera. Lì era detenuto Antonio Ribecco, boss delle cosche calabresi considerato il referente della ‘ndrangheta in Umbria, deceduto lo scorso 10 aprile in un ospedale di Milano dove era ricoverato per Covid-19 e altre patologie.
Ma, checché se ne dica, in tutti gli episodi più eclatanti delle scarcerazioni, in un modo o in un altro, si è tenuto conto dell'emergenza sanitaria che l'intero Paese sta attraversando.
E ciò accade nonostante i numeri diffusi dal Garante nazionale dei detenuti che ha affermato che, allo stato, "non c'è una situazione di allarme Coronavirus nelle carceri".
Il dibattito si è infiammato nelle ultime settimane quando ad uscire vi sono state figure di spicco come Francesco Bonura e Pasquale Zagaria.
Nei giorni scorsi era toccato anche al mafioso catanese La Rocca, ed in attesa c'è il boss della Camorra, Raffaele Cutolo.
Numerosi magistrati hanno lanciato un vero e proprio allarme sul rischio rappresentato dalla scarcerazione dei boss di mafia.
L'ultimo è stato Sebastiano Ardita, componente del Consiglio superiore della magistratura che in passato ha lavorato proprio al Dap. Non solo ha ricollegato le scarcerazioni agli scontri nelle carceri dei primi di marzo, ma ha anche evidenziato come attualmente vi sia uno sbilanciamento nel "rapporto tra prevenzione penitenziaria e diritti individuali fino a far ritenere prevalente un rischio indimostrato per la salute individuale rispetto ad un danno certo per la prevenzione antimafia derivante dalla uscita di boss".
Questioni che vanno necessariamente valutate.
Intanto il ministro della Giustizia Bonafede ha annunciato che nel decreto si prevede di "coinvolgere la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e le Direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo in tutte le decisioni relative ad istanze di scarcerazione di condannati per reati di mafia". Basterà a mettere un freno? Non resta che attendere.

Foto © Imagoeconomica

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