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di Karim El Sadi
Per i pm “certa la matrice mafiosa”
La figlia presente in aula: “La mafia provoca solo morte e distruzione"

L’accusa non ha avuto dubbi. Dopo oltre 5 ore di requisitoria, suddivise in due udienze, i pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli hanno chiesto al presidente della Corte d’Assise di Palermo Sergio Gulotta la condanna all’ergastolo per Antonino Siragusa, Antonino Abbate, Francesco Castronovo, Paolo Cocco e Francesco Arcuri per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, pestato il 23 febbraio 2010 e morto in ospedale tre giorni dopo. “L’accusa ritiene che sia stata dimostrata in ogni modo la responsabilità di tutti gli imputati” è stata la considerazione finale del pubblico ministro Francesca Mazzocco che ha aggiunto come la fase dibattimentale “ha consentito di dimostrare con chiarezza la matrice mafiosa dell’omicidio”. Il delitto, come anticipato nella scorsa udienza, secondo i pm è maturato all’interno di un contesto punitivo di Cosa nostra in quanto la vittima era ritenuta “pericolosa perché propensa a incoraggiare i suoi clienti a spezzare le prassi mafiose per le quali anche l’interesse processuale del singolo imputato deve cedere rispetto all’interesse più generale del sodalizio nel rispetto della fondamentale regola dell’omertà”. In questo senso, ha aggiunto, “è evidente il valore di significato e di messaggio punitivo che viene dato con l’omicidio Fragalà”. Un messaggio impartito con la violenza che avrebbe visto coinvolte, per la propria messa in atto, quasi una decina di persone appartenenti alle compagini criminali di Cosa nostra di Palermo Centro: nello specifico i mandamenti di Borgo Vecchio, Pagliarelli e Porta Nuova. Dalla ricostruzione dell’accusa è emersa in maniera evidente “una perfetta catena di comando che dai vertici mafiosi, Antonino Rotolo, Gregorio Di Giovanni e Francesco Arcuri (ritenuti dai pm i mandanti, ndr), arriva fino alla manovalanza di Cosa nostra”, cioè gli esecutori materiali del delitto. In ultima analisi per quanto concerne invece la qualificazione giuridica del fatto “bisogna vedere la modalità concreta della vicenda”, hanno spiegato i magistrati. “La scelta di un bastone pesante, la reiterazione dei colpi, l’estrema violenza, il punto del corpo attinto, ovvero il cranio, e tenendo conto dell’età della vittima non giovanissima, sono tutti elementi che dimostrano, al di là di ogni dubbio, l’omicidio volontario. La volontà - ha continuato il pm Mazzocco - era quella di colpire l’avvocato a morte. Le modalità furono scelte, come disse Siragusa, anche per evitare che si riconoscesse la matrice mafiosa. E’ chiaro che gli aggressori avevano chiara la prospettiva della morte della loro vittima in ragione della violenza utilizzata e della modalità condotta”. Pertanto, ha concluso, “l’accusa non può fare altro che chiedere l’ergastolo per tutti gli imputati”. Al termine dell’udienza la figlia dell’avvocato catanese, Marzia Fragalà, in compagnia della madre Silvana e del fratello Massimiliano, ha voluto ringraziare i pubblici ministeri che hanno rappresentato l’accusa. "Trovarmi in questa aula dove tutto ebbe inizio nella lotta a Cosa nostra, dove mio padre da giovanissimo avvocato partecipò come difensore e ritrovarmi oggi vittima davanti i suoi assassini mi provoca un certo sgomento. La mafia provoca solo morte e distruzione. Sono fiduciosa - ha concluso - che le richieste di ergastolo vengano accolte dalla Corte d'assise".

Le dichiarazioni “reticenti” del Siragusa
Nel corso della requisitoria i pubblici ministeri si sono soffermati a lungo sul caso Siragusa, l’aspirante pentito valutato “inattendibile” che, con le proprie deposizioni, già in altri processi giudicate “reticenti e parziali”, non ha reso semplice il delicato lavoro di ricostruzione della vicenda dell’accusa. Siragusa infatti, “pur avendo ammesso la sua partecipazione al fatto ha reso delle dichiarazioni che non sono perfettamente coincidenti con quelle di Francesco Chiarello (il pentito che ha permesso la riapertura del processo e l’incriminazione degli indagati, ndr) e quindi - ha continuato il pm - non confortano integralmente la tesi accusatoria per alcune posizioni”. La particolarità del suo atteggiamento nel corso delle deposizioni, hanno riassunto i magistrati, è quella di limitarsi “a confermare ciò che ormai dagli atti emergeva in modo indubitabile mentre ciò che invece poteva essere negato ha cercato di negarlo in modo anche maldestro”. Sul punto inoltre l’accusa ha fatto presente che nel corso degli interrogatori (uno avvenuto il 2 maggio 2017 e l’altro il 12 gennaio del 2018) l’imputato “ha progressivamente modificato le sue dichiarazioni”. I magistrati hanno quindi riportato alcuni esempi a loro detta “clamorosi”. “Siragusa nelle sue deposizioni ha riportato due dati importanti: quello di fare una telefonata allo studio per verificare se e quando l’avvocato sarebbe uscito e che poi arrivò Francesco Arcuri. Questo dato della presenza di Arcuri - ha spiegato il pm Mazzocco - nel primo interrogatorio era stato contestato, rinnegato dal Siragusa con grande convizione”. Mentre nell’interrogatorio del 2 maggio del 2017 ha detto “siamo state 6 persone e di queste in 3 non c’entrano niente, è dal primo giorno che ce lo dico”, tra queste persone innocenti ci sarebbe anche Arcuri, ha specificato il pm Mazzocco. “Io con Francesco Arcuri? - ha continuato il pm riportando le parole dell’imputato - Che se l’avrei nelle mani gli scippassi la testa per questioni di sua moglie, Francesco non c’entra niente!. Siamo soltanto io Ingrassia e Abbate”. Quindi di fronte “a questa veemente affermazione dell’innocenza di Arcuri nel primo interrogatorio, abbiamo poi la versione finale in cui Arcuri è presente”. “Arcuri dice ‘avete capito cosa dovete fare’” e “Ingrassia confermò questo dato a Siragusa”. Quindi Siragusa “mente spudoratamente - ha sentenziato il magistrato - perché abbiamo dimostrato che Arcuri c’entrava eccome. Non era uno dei tre innocenti che nel primo interrogatorio Siragusa voleva difendere”.

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L'Aula bunker del carcere dell'Ucciardone di Palermo © ACFB


Un altro aspetto della vicenda in cui si registra, a detta dell’accusa, una “contraddizione insuperabile”, è quello della mazza. L’imputato nel gennaio del 2018 ha reso ai giudici una versione chiara di chi secondo lui aveva il compito di portare la mazza da usare per colpire l’avvocato. “Siragusa dopo l’aggressione dice - ha rammentato il pm leggendo i verbali - che Ingrassia ha detto al Castronovo ‘aspettavo a te che portavi la mazza!’ e questi risponde ‘no non l’ho trovata in nessun posto’ e Ingrassia replica ‘potevi venirmelo a dire che io mi organizzavo in un’altra maniera’”. Sentito a dibattimento sul punto invece “la vicenda scompare dal ricordo di Siragusa - ha sottolineato il magistrato - e piuttosto dice ‘non è possibile, non l’ho mai detto’. E Siragusa stesso capisce che questo non è un dato indifferente perché se a Castronovo è stata chiesta la mazza prima dell’omicidio e dopo l’omicidio gli viene detto ‘perché non hai portato quella mazza?!’ è evidente che Castronovo è partecipe e consapevole dell’omicidio”. Mentre secondo la tesi di Siragusa “Cocco e Castronovo sono all’oscuro di tutto, secondo l’ultima versione. Ma se a Castronovo era stata chiesta la mazza prima e poi si è dovuto scusare per non averla portata non è possibile che nel momento in cui passano davanti al luogo dell’omicidio, come afferma Siragusa, non sapessero nulla” ha sentenziato la Mazzocco. Alla luce di tutto ciò per quale motivo allora Antonino Siragusa avrebbe mentito? Per l’accusa la causa delle contraddizioni hanno a che vedere “con una confusione, difficoltà di memoria e condizionamenti legati a problematiche di tipo psicologico”.

Imputati smentiti
Proseguendo con la requisitoria i pm hanno riassunto le complicità nel delitto Fragalà dei singoli imputati replicando ai loro tentativi di scagionamento, partendo da Antonino Abbate. Secondo l’accusa “è indubbia la sua partecipazione al delitto” sulla base di testimonianza, dichiarazioni e rilievi. Così come per Francesco Castronovo che i magistrati ritengono “abbia certamente partecipato al pestaggio” e che “verosimilmente si sia sporcato di sangue nelle fasi successive all’aggressione”, come riportato dal pentito Francesco Chiarello e dalla moglie Rosalia Luisi che aveva affermato di “aver visto arrivare Castronovo con i vestiti sporchi di sangue”. “Forse - hanno spiegato i pm - per aver portato via la mazza o forse per essere stato accanto all’aggressore nelle fasi della fuga che può averlo sporcato”. La figura del Castronovo emergerebbe anche nel racconto di Siragusa “sia prima del delitto, quando afferma che gli era stato dato il compito di procurarsi la mazza, che subito dopo quando è stato fatto il sopralluogo nei pressi della scena del crimine”. Quindi “appare inverosimile - ha detto il pm Mazzocco - che Castronovo non sia presente proprio nell’arco temporale dell’omicidio. Dunque l’accusa non ha dubbi sulla responsabilità di Castronovo nel delitto”. Per quanto riguarda Paolo Cocco, l’altro imputato che Siragusa ha cercato di difendere parlando di “tre innocenti”, gli elementi di prova a suo carico “sono molteplici” ha detto il pm Bruno Brucoli. L’accusa ha riportato alla corte una circostanza in particolare in cui si dimostrerebbe la non estraneità nei fatti del Cocco relativo ad un articolo di giornale datato 5 giugno 2015 pubblicato sul sito di Live Sicilia dove si annunciava pubblicamente per la prima volta la collaborazione di Francesco Chiarello e quindi della possibile svolta nelle indagini. "In quell’articolo non si fa mai cenno al nome di Paolo Cocco, che fino a quel momento era un perfetto sconosciuto. - ha spiegato il pm Brucoli - Tuttavia dopo un'ora circa dalla pubblicazione on line dell’articolo viene captata una intercettazione tra Paolo Cocco e la moglie Rosa Ingrassia, in cui si capisce che Cocco avrebbe letto da poco l’articolo e alla consorte commenta spaventato ‘per il fatto dell’omicidio può essere che mi vengono a cercare, che c’ero pure io’. Di fronte a questa gravissima affermazione - ha proseguito il magistrato - la moglie reagisce e gli chiede di giurare sul figlio e Cocco giura sul bambino e di fronte alla disperazione della moglie c’è la frase di questa ‘a questo punto possono gettare le chiavi’. A riprova del fatto che il suo coinvolgimento non fu marginale, vista addirittura l’ipotesi dell’ergastolo. Questa è una fonte autonoma diretta a carico di Paolo Cocco”. Poi si è passati al ruolo di un altro imputato, quello di Francesco Arcuri. L’imputato risulta coinvolto sin dalle prime dichiarazioni del pentito Chiarello rese nel 2015. “Arcuri - ha spiegato l’accusa - non ha partecipato alla fase esecutiva del pestaggio ma è colui che ha dato ordine di esecuzione per voce del Gregorio Di Giovanni”. Il suo ruolo di mandante viene “ulteriormente corroborato dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea e Franco Lombardo e Salvatore Bonomolo”. Quest’ultimo in particolare aveva parlato di un colloquio in carcere con Giuseppe Auteri in cui dicevano che “lui e Arcuri pedinavano Fragalà già nel 2009”. Lo stesso Siragusa ha parlato del ruolo dell’Arcuri come mandante del delitto chiamandolo pesantemente in causa nel suo secondo interrogatorio coi procuratori confermando di fatti “il suo ruolo di esecutore degli ordini per Gregorio Di Giovanni e di mandante”. In ultima analisi, tralasciando il caso di Antonino Siragusa di cui si è ampiamente parlato anche nella scorsa udienza, i pm si sono soffermati su Salvatore Ingrassia, indicato sulla scena del crimine da tutti i collaboratori di giustizia sin qui chiamati a deporre. Ingrassia è colui che avrebbe “preso l’ordine da Arcuri di organizzare l’aggressione a Fragalà e subito dopo si recò da Antonino Abbate a cui definisce i dettagli”. Anche Siragusa "ha confermato le responsabilità di Ingrassia nell’agguato, sia durante il fatto che dopo".“Una prova evidente - ha aggiunto il pm - sono le immagini delle telecamere di video sorveglianza trasmesse dai notiziari che avrebbero ripreso Ingrassia e Siragusa nei pressi della scena del crimine. Chiarello inoltre nel periodo di codetenzione con Ingrassia in cui questi vedendo le famose immagini in tv diceva di essere ‘consumato’”.

Foto di copertina © Tgr Sicilia

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